Influenza aviaria e peste suina africana: l'uomo come causa
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L’alterazione ecosistemica è una delle principali problematiche che interessano la popolazione mondiale. La gravità della situazione è spesso sottovalutata, nonostante siano evidenti le conseguenze catastrofiche. Uno dei report più recenti a riguardo è del 27 gennaio 2022, realizzato dal WWF, ed evidenzia quanto l’azione umana sia impattante sulle sorti del nostro pianeta. Il report si concentra sulla diffusione dell’influenza aviaria e della peste suina africana in Italia, solo alcune delle probabili zoonosi che preoccupano la salute globale. Nel 2021, nel nord Italia sono stati registrati 8 cinghiali positivi alla peste suina africana, ma l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte Liguria e Valle d’Aosta ne stima 16-20mila a rischio. Per quanto riguarda l’influenza aviaria, sono 300 i focolai censiti solo nel nord Italia dall’Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie. I dati sono allarmanti.

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Cosa sono le zoonosi

Il termine zoonosi viene usato per indicare delle malattie di origine animale che possono essere trasmesse anche all’uomo. Molte delle malattie che conosciamo attualmente dipendono da virus animali, come per esempio la comune influenza. Sono gli animali selvatici i primi a essere infettati, coinvolgendo poi quelli di allevamento tramite il contatto o la vicinanza. Da qui la trasmissione all’uomo non è da escludere. Se da un punto di vista antropocentrico le zoonosi sono causa di malattie anche gravi, esse possono rappresentare un pericolo soprattutto per la biodiversità, parte fondamentale del nostro capitale naturale.

Da dove provengono la peste suina africana e l’influenza aviaria

La peste suina africana è chiamata così perché è stata scoperta in Kenya per la prima volta nel 1921 nei maiali domestici, contratta a seguito di un contatto ravvicinato con dei facoceri selvatici. Nel 1957 è arrivata in Portogallo come primo caso in Europa, poi successivamente si è diffusa nel resto del continente negli anni successivi. Nel 2017-2018 il virus si è diffuso in Asia e ad oggi lo Stato più controllato è la Cina, perché possiede circa la metà della popolazione mondiale dei suini. In Italia, invece, è presente dagli anni ’70 in Sardegna in forma endemica e controllata; solo a gennaio 2022 viene segnalato il primo caso nella penisola. Il virus di questa segnalazione è però geneticamente diverso rispetto a quello presente in Sardegna, corrispondente al ceppo circolante in Europa già da alcuni anni.

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L’influenza aviaria nasce, al contrario, proprio in Italia nel 1878. Si è diffusa poi nella seconda metà del XX secolo in tutto il mondo, costituendo una delle principali epidemie negli allevamenti di pollami in tutto il mondo. L’Italia è il primo Paese europeo per numero di volatili domestici infetti.

Le cause

Una delle principali cause dell’aumento di zoonosi, secondo il report del 21 luglio del 2021 sempre del WWF, è la sovrapproduzione mondiale di carne, fine ultimo in senso lato degli allevamenti intensivi.

L’aumento della popolazione mondiale ha portato a un’ingente crescita della richiesta di carne, uova e latticini (già tra le principali abitudini alimentari della maggior parte dei consumatori), causando uno sfruttamento intensivo di numerosi esemplari di specie animali per sopperire a questo bisogno. L’industrializzazione degli allevamenti ha portato a concentrare tanti animali in spazi ristretti per avere “massima resa dal minimo sforzo”, con conseguente trascuratezza di norme igieniche adeguate. La conseguenza principale risulta essere l’eccessiva vicinanza delle specie di allevamento con specie selvatiche: entrambe possono essere molto simili dal punto di vista filogenetico e ciò può favorire il passaggio del virus da un gruppo all’altro. Consequenzialmente, il virus può entrare in contatto facilmente con l’organismo umano e “riarrangiarsi” genomicamente per poter infettare altri individui della stessa specie.

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Ad oggi, la peste suina africana non è ancora una malattia zoonotica. Gli allevamenti all’aperto potrebbero però rappresentare un rischio a causa del contatto con specie selvatiche positive quali i cinghiali. È importante quindi che vengano garantite norme di biosicurezza quali per esempio l’installazione di recinzioni adatte.

L’influenza aviaria invece rappresenta già un rischio zoonotico da alcuni anni. Rilevata in una grande varietà di uccelli selvatici, si è visto che le specie che frequentano zone umide sono la percentuale maggiore di specie infettate, il 60%. La rimozione antropica di zone umide ha portato alla migrazione di queste specie in habitat diversi, favorendo il ravvicinamento con specie domestiche.

Possibili soluzioni

L’aumento di nuove malattie è frutto di un sistema malato, basato sulla quantità e sul profitto. Per far fronte a questa emergenza, si dovrebbe preferire la tutela dell’ambiente invece che del guadagno, evitando l’alterazione antropica degli ecosistemi attraverso azioni di bonifica, disboscamento etc.

Inoltre, al monitoraggio costante dei virus in circolazione, bisognerebbe aggiungere la correzione delle nostre abitudini alimentari: se non eliminare il consumo della carne, almeno ridurlo.

Lo sviluppo sostenibile è inconciliabile con il sistema capitalistico e per questo si dovrebbe iniziare a preferire il primo per rimediare agli innumerevoli danni causati dall’ultimo.

Miriana Di Gloria

Miriana Di Gloria
Studio biologia, per questo credo fermamente nella scienza come motore innovativo. Ho a cuore tematiche ambientali, sanitarie ed egualitarie più di qualsiasi altra cosa, per questo motivo credo nella collettivizzazione della scienza. Nel mio piccolo, cerco di affermarlo combattendo la disinformazione scientifica.

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