Le specie animali e vegetali nella nostra penisola sono a rischio. Lo sappiamo già da anni e la situazione attuale impedirà all’Italia di raggiungere gli obiettivi di conservazione della biodiversità previsti per il 2020.
Biodiversità minacciata
Nuovi dati allarmanti provengono dal report “State of Nature in the EU” dell’Agenzia Europea dell’Ambiente (EEA) e dal dossier “La biodiversità in Italia: status e minacce” redatto da WWF, nel quale viene dipinto un quadro molto negativo per la nostra penisola: delle cinquecentosettanta specie di fauna protette in Italia dalla Direttiva Habitat, ben il 52% vive in uno stato di conservazione inadeguato e sfavorevole. Le specie maggiormente a rischio sono i pesci, l’80% dei quali presenta un pessimo stato di conservazione, seguiti dal 64% degli anfibi. I numeri peggiorano guardando alla percentuale di habitat a rischio: ben l’86%.
In Italia è presente oltre 1/3 delle specie animali distribuite in Europa e quasi il 50% della flora europea
Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare
Sul nostro territorio, afferma il WWF, le popolazioni animali sono sempre più isolate, simili ad un puzzle di cui stiamo perdendo sempre più pezzi. La biodiversità si misura sia in termini di varietà tra le specie che di varietà all’interno della singola specie, ed è proprio questa ricchezza a rendere animali e piante in grado di resistere nel tempo ai cambiamenti del territorio. La perdita di questa varietà nella nostra penisola diventa un problema ancor più grave se si pensa che l’Italia rappresenta uno dei più grandi serbatoi di biodiversità sia animale che vegetale in Europa. Un pericolo tanto per l’ambiente quanto per le ricchezze naturalistiche e turistiche del Paese.
Abbiamo fallito
Con la Direttiva Habitat, approvata nel 1992 dal Consiglio europeo, l’UE si è data una base legale per raggiungere la creazione di una rete ecologica (Natura 2000) che garantisca uno stato di conservazione soddisfacente degli habitat e delle specie di interesse comunitario. È un progetto estremamente ampio con cui si è cercato di costruire siti appositi per la conservazione di determinate specie animali e vegetali come la lontra, le tartarughe marine (del tipo Caretta caretta), il cervo italico e la lince, di cui rimangono appena dieci esemplari sul territorio alpino, ma anche di tutti quegli organismi necessari affinché un habitat sano possa continuare ad esistere nel futuro, come muschi e licheni.
Da allora ad oggi però la situazione non sembra migliorata, in Italia come altrove, soprattutto esaminando gli obiettivi di conservazione della biodiversità che ci eravamo prefissati. In molti infatti guardano al 2020, il “Super Anno” per l’Ambiente e la biodiversità, come ad un anno cruciale per fare la somma dei successi e dei fallimenti collezionati rispetto ai piani di tutela ambientale, uno fra tutti i cosiddetti “obiettivi di Aichi” facenti parte di un Piano Strategico per la Biodiversità della durata di nove anni (dal 2011 al 2020), che però si sono rivelati – almeno in buona parte – fallimentari. Il Ministero dell’Ambiente italiano non solo ammette che a livello globale «la maggior parte degli obiettivi del Piano Strategico per la Biodiversità 2011-2020 (gli “obiettivi di Aichi”) non sarà raggiunto entro il 2020», ma anche che il nostro Pianeta sta «per affrontare una crisi ambientale senza precedenti, con un numero elevatissimo di specie sull’orlo dell’estinzione».
Prendendo a prestito le parole di Antonio Guterres, segretario generale delle Nazioni Unite, «il 2020 è un anno di vitale importanza per le persone e il pianeta […], la biodiversità offre soluzioni per diverse sfide globali. Dal cambiamento climatico alla sicurezza di cibo e acqua, dai lavori dignitosi all’equità di genere, gli ecosistemi in salute sono essenziali». La biodiversità è infatti la chiave di volta di tutti quei ricchi ecosistemi che ci permettono di vivere su questo pianeta, senza i quali dovremmo prepararci a vivere in un mondo sempre più diviso, ineguale e in miseria.
L’agricoltura è una delle cause principali della perdita di biodiversità in Italia insieme al consumo di suolo e all’introduzione di specie aliene nel territorio. La conversione degli spazi naturali in zone artificiali ha un impatto così potente da smontare smonta pezzo per pezzo quel delicato puzzle che è il nostro ecosistema, togliendo spazio e varietà alle specie vegetali ed animali. Il cambiamento climatico potrebbe essere il colpo di grazia per questi habitat così deboli e frammentari.
Propositi per il futuro
La lista delle specie e degli habitat a rischio è troppo estesa per poter essere riassunta. Il Ministero dell’Ambiente italiano non ha timore di dire che «nel prossimo decennio saranno necessarie azioni incisive e molto più efficaci per invertire la rotta e imboccare la strada per un futuro sostenibile».
Il fallimento degli “obiettivi di Aichi” e i report prodotti da WWF ed EEA dimostrano quanto siamo in ritardo rispetto alla protezione della biodiversità non solo in Italia, ma a livello planetario. Ora si tirano le somme per iniziare a pensare ad un Quadro Globale sulla Biodiversità post-2020, si guarda alle prossime Conferenze delle Parti (le famose COP) e agli Obiettivi dello Sviluppo Sostenibile dell’Agenda ONU 2030. Tutto parte dall’ambiente, riusciremo però in soli dieci anni ad essere migliori rispetto a quanto fatto fino ad oggi?
Carlotta Merlo
A proposito di distruzione di biodiversità: a Firenze una zona umida dove vivono tante specie di uccelli (martin pescatori, alzavole, mestoloni, spatole, aironi, porciglioni, tuffetti…. vi passano i fenicotteri…) è minacciata dal progetto di ampliamento dell’aeroporto, opera inutile, inquinante e con gravissimo impatto ambientale