La Repubblica Federale di Germania ha ufficialmente voltato pagina. Con l’affidamento del cancellierato a Friedrich Merz, dopo una doppia fiducia ottenuta al Bundestag – e cioè un tentativo fallito e uno passato – la politica tedesca si prepara a entrare in una nuova fase: più conservatrice nei toni, più assertiva negli equilibri interni, più severa nelle sue ambizioni europee. Ma non si tratta soltanto di un cambio di leadership: la figura di Merz rappresenta una cesura netta rispetto all’eredità di Olaf Scholz e, più in profondità, rispetto al ciclo centrista e moderato inaugurato da Angela Merkel.
La sua elezione segna l’emersione definitiva di un’anima diversa della CDU, più orientata al mercato, più identitaria e con un’agenda meno inclusiva rispetto ai precedenti esecutivi. L’alleanza parlamentare che ha reso possibile il suo insediamento si appoggia su una geometria variabile di consensi, con l’eterna ma scricchiolante alleanza SPD-CDU/CSU. Il primo tentativo di ottenere la fiducia al Bundestag è fallito per ben 18 “franchi tiratori”. Una cosa mai successa in Germania. Soltanto una seconda votazione ha evitato il peggio. Ma l’anatra zoppa esiste e terrà il nuovo cancelliere sul filo del rasoio.
I fragili equilibri, che si reggono con 9 parlamentari in più rispetto al necessario, si rifletterà inevitabilmente sulla postura europea della Germania, sul suo ruolo nel G7, nei rapporti con Washington e nei confronti della crisi russo-ucraina.
In un momento in cui l’Europa è già attraversata da tensioni, spinte centrifughe e incertezze geopolitiche, la svolta tedesca rischia di avere effetti domino ben oltre i confini del Bundestag. Da Parigi a Varsavia, da Bruxelles a Kiev, tutti osservano con attenzione la metamorfosi tedesca, chiedendosi se Merz sarà capace di guidare una Germania più esigente ma ancora centrale nel progetto europeo, oppure se finirà per assecondare la deriva di una leadership più nazionale e meno solidale.
Friedrich Merz: un conservatore al comando
Friedrich Merz non è un volto nuovo della politica tedesca, ma la sua ascesa al cancellierato segna un ritorno di protagonismo di un’area della CDU rimasta ai margini negli anni del centrismo merkeliano. Ex avvocato d’affari e figura emblematica dell’ala economica liberale del partito, Merz ha fatto della critica al compromesso centrista la cifra del suo posizionamento. Il suo profilo è quello di un leader che parla con chiarezza, talvolta con durezza, e che punta a riformulare la missione della Germania nel mondo: meno timidezza sul piano economico, più assertività strategica, meno ambiguità valoriale.
Il suo programma politico punta alla deregolamentazione fiscale, al rafforzamento della competitività industriale e a un ridimensionamento delle politiche redistributive. Su temi come l’immigrazione, l’integrazione europea e la transizione ecologica, Merz ha già adottato un tono meno conciliante rispetto ai suoi predecessori. La sua proposta è quella di una “Germania forte in un’Europa diversa”, dove la leadership tedesca non si traduca in accomodamento, ma in direzione.
Internamente, il suo governo ha già indicato come prioritari la riforma del sistema pensionistico, un piano di rilancio per la manifattura tedesca e una revisione delle politiche energetiche post-nucleare. Dal punto di vista della politica estera, ha promesso un aumento stabile delle spese militari, una posizione più intransigente con la Cina e un allineamento più netto con la Nato.
Tuttavia, la sua leadership dovrà fare i conti con un Bundestag più frammentato, con un’opposizione forte dei Verdi e con le resistenze interne a una parte della CDU che teme un eccessivo slittamento a destra. Senza contare l’ascesa dell’estrema destra di AfD. Ma soprattutto, Merz dovrà dimostrare di saper bilanciare il rigore delle sue convinzioni con le esigenze di una società sempre più divisa, sia sul piano economico che su quello culturale.
L’Europa di fronte a una nuova Germania
Se la Germania cambia, anche l’Europa è chiamata a ricalibrare il proprio assetto. Fin dalla sua investitura, Merz ha tenuto a ribadire che il progetto europeo è parte integrante dell’identità tedesca. Ma si tratta, con ogni evidenza, di un europeismo condizionato, pragmatico, non ideologico. Il nuovo cancelliere ha già indicato che l’integrazione dovrà avvenire nel rispetto delle sovranità nazionali, con regole più stringenti sul piano fiscale e una maggiore responsabilità individuale degli Stati membri.
Questa posizione preoccupa Parigi, che teme un irrigidimento della Germania sulle politiche comuni di bilancio e difesa, e solleva interrogativi a Bruxelles, dove la Commissione aveva trovato in Scholz un interlocutore affidabile, seppur non sempre entusiasta. I Paesi dell’Est, invece, vedono in Merz una possibile sponda per rafforzare l’asse conservatore, soprattutto su temi come la sicurezza e l’identità.
Sul fronte ucraino, il nuovo governo ha confermato il sostegno a Zelensky, ma con l’intenzione di rafforzare il controllo sugli aiuti e di sollecitare un processo di pace più realistico. Merz non è un pacifista, ma non è neppure un interventista per vocazione: la sua linea si muove lungo l’asse della realpolitik, con una predilezione per l’equilibrio strategico rispetto all’escalation.
In politica energetica, la Germania post-Scholz si prepara a rinegoziare alcuni degli accordi sul gas, puntando su forniture più diversificate e su una transizione più sostenibile, ma meno accelerata. Questo potrebbe creare nuove tensioni con le istituzioni europee, soprattutto sul fronte degli obiettivi climatici.
L’Europa è quindi chiamata a confrontarsi con una Germania che non abbandona il progetto comunitario, ma ne ridiscute i presupposti. Il rischio non è una rottura, ma un rallentamento. Un’Unione più intergovernativa, meno integrata, più esposta ai venti nazionali, nonostante si tratti di un leader, Merz, che in qualche modo ha contribuito alla costruzione di un identità europea, nelle retrovie.
L’arrivo di Friedrich Merz al cancellierato rappresenta un passaggio delicato per la Germania, ma anche per l’intero equilibrio europeo. Il suo profilo è quello di un leader capace, determinato, con una visione chiara e una volontà di imprimere un nuovo ritmo alla politica tedesca. Ma sarà il contesto, più che le intenzioni, a determinare l’efficacia e la sostenibilità della sua azione.
In un mondo frammentato e in rapido mutamento, l’Europa ha bisogno di una Germania solida, ma anche capace di mediare, di ascoltare e di tenere insieme le differenze. Se Merz riuscirà a far convivere il rigore con l’inclusione, l’ambizione con il dialogo, la sua stagione politica potrà davvero rappresentare una nuova fase. Altrimenti, rischierà di lasciare un Paese più forte, ma un’Europa più debole. Per ora, i presupposti ci sono tutti: Merz sta investendo molto sulla sua immagine di leader europeista. I tempi, però, dicono che ci vorrà più di qualche foto per rilanciare la vocazione sovranazionale di una Germania sempre più orfana del proprio posto nel mondo.
Donatello D’Andrea