L’ISTAT ha rilasciato i primi risultati relativi al censimento del 2018 e del 2019. Tale censimento sarà basato sulla diffusione continua dei risultati e non con cadenza decennale come prima: questo significa che potremo essere costantemente aggiornati sulla demografia dell’Italia e che l’istituto statistico nazionale pubblicherà anche durante l’anno studi che saranno disponibili e consultabili da tutti. I dati ISTAT sono divisi per temi e c’è la possibilità di costruire tabelle e grafici per regione e di consultare mappe geografiche interattive, ed è quindi relativamente semplice trarre conclusioni che sono poco incoraggianti rispetto alla demografia e alla stratificazione sociale del territorio.
Secondo il censimento ISTAT, nel 2019 i residenti in Italia sono 59.6 milioni, gli uomini rappresentano il 48,7% e le donne il 51,3%, gli stranieri l’8,4%. L’età media della popolazione è di 45,2 anni, la regione più giovane è la Campania con l’età media più bassa (42,5 anni) mentre la Liguria è la regione con l’età media più alta (48,7).
In Italia ci sono in totale 7914 comuni: il più abitato è Roma con 2,8 milioni di residenti mentre quello meno abitato è Morterone in provincia di Lecco con 30 abitanti. Rispetto al 2011 la popolazione censita nel 2019 è aumentata nei grandi comuni mentre è diminuita soprattutto nei comuni più piccoli. La popolazione è in aumento rispetto al 2011 al Centro-nord ma diminuisce nelle regioni del Sud.
La popolazione straniera invece controbilancia il calo dei residenti italiani, c’è un milione in più di stranieri in Italia rispetto al 2011 e 3,7 milioni di stranieri in più rispetto al 2001 per un totale di 5 milioni nel 2019. La popolazione straniera è in prevalenza femminile e la quota più elevata di stranieri si colloca proprio nella classe di età 30-39 anni mentre i residenti italiani hanno un maggior peso proprio nelle fasce d’età superiori ai 44 anni. Se l’età media italiana è aumentata di due anni rispetto al 2011 l’età media degli stranieri è pari a 34,7 anni, praticamente 11 anni in meno rispetto a quella italiana (45,2 anni). Sono 195 le nazionalità degli stranieri residenti in Italia anche se quasi il 30% proviene dai paesi dell’Unione Europea e quasi il 20% da paesi dell’Europa dell’Est. I residenti provenienti dalle regioni dell’Asia invece costituiscono circa il 21% del totale mentre gli stranieri provenienti dall’America centro-meridionale rappresentano il 7% del totale. La percentuale restante proviene dall’Africa o dal Medio Oriente.
Quanto è istruita l’Italia?
Quanto al grado di istruzione, sempre in riferimento al sopracitato censimento ISTAT, i titoli di studi ottenuti in percentuali maggiori in Italia sono il diploma di istruzione secondaria di II grado (35,6%) e la licenza di scuola media (29,5%). Le percentuali diminuiscono al crescere del grado di istruzione: solo il 3,8% dei residenti ha una laurea triennale, il 10,1% una laurea magistrale e solo lo 0,4% ha un dottorato di ricerca, tutti dati però sono in aumento rispetto a quelli del 2011. I residenti con i titoli di studio più elevati sono presenti soprattutto al Centro (16%) e nel Nord-ovest (14,1%) mentre diminuiscono al Sud (12,7%) e nelle Isole (11,7%).
Gli analfabeti e gli alfabeti senza titolo di studio si trovano prevalentemente al Sud e nelle Isole (dove sono il 5,9% della popolazione) mentre in tutte le regioni del Nord ad eccezione dell’Emilia-Romagna, le percentuali di analfabeti e alfabeti privi di titolo di studio sono inferiori al 4%. Nelle regioni centrali questo dato varia tra il 3,9% del Lazio e il 4,8% di Marche e Toscana mentre in regioni del Sud come la Calabria e la Basilicata si superano di gran lunga queste percentuali dove si arriva addirittura al 7% per la prima e al 6,7% per la seconda.
Quanto invece alle differenze tra uomini e donne per istruzione e professionalità: su 100 laureati 56 sono donne, nonostante le analfabete o senza titolo di studio ammontino al 58,8% rispetto al 41,2% degli uomini, la percentuale di laureate donne in possesso di titoli di studio elevati (laurea triennale, magistrale o dottorato di ricerca) supera il 50% e in regioni come la Lombardia e il Lazio si registra il maggior equilibrio tra la percentuale di laureati maschi (45%) e laureate donne (55%). Le donne studiano e si laureano di più degli uomini, tuttavia il tasso di occupazione ha un divario di circa dieci punti percentuali: nel 2019 il 42,4% delle donne risulta occupata contrariamente al 57,6% degli uomini e il tasso di inattività arriva al 56% per le donne rispetto al 38,5% degli uomini.
Dall’ultimo censimento ISTAT emerge dunque con evidenza quanto l’Italia sia un paese segnato da profonde e stridenti disuguaglianze territoriali, sociali e di genere. In modo particolare un Mezzogiorno invecchiato, segnato da minori opportunità di lavoro e in via di spopolamento si qualifica sempre più come emergenza nazionale.
Sabrina Carnemolla