Dopo il raffinato “Cuore leggero”, album che ha segnato una maturazione stilistica importante nel percorso musicale di Manupuma, l’artista torna a far parlare di sé con la pubblicazione di una nuova versione del brano “Charleston”, originariamente incluso nel suo disco d’esordio del 2014.
A undici anni di distanza, Manupuma rivisita la canzone, senza stravolgere la sua stessa narrazione musicale, riportando alla luce le radici più autentiche di un brano che nasce metropolitano e poetico e che oggi si arricchisce di una nuova stratificazione espressiva.
Il progetto di Manupuma assume i contorni di un “cortometraggio sonoro”: ambientazioni urbane, rumori reali, voce spezzata e arrangiamenti essenziali restituiscono un’interpretazione intensa, quasi teatrale, dove la tecnica vocale si piega alle esigenze narrative e il suono si fa immagine.
Abbiamo incontrato Manupuma per parlare del cuore pulsante che anima tanto questa nuova “Charleston” quanto la sua ultima fatica discografica “Cuore leggero”.
Partiamo da “Charleston”. A distanza di anni dalla sua pubblicazione, hai deciso di riprenderlo in mano e rielaborarlo. Manupuma, qual è stata la spinta creativa dietro questa scelta?
«Più che riprendere in mano “Charleston”, ho deciso di far uscire la versione alternativa che ha vinto, diversi anni fa, il premio come “miglior interpretazione” a Musicultura. L’idea è nata dalla mia esigenza di tornare ad un linguaggio, dal punto di vista musicale, essenziale e all’utilizzo di suoni atmosferici come, ad esempio, il rumore della pioggia o del traffico, elementi che trasformano il brano, più che in una canzone vera e propria, in una sorta di cortometraggio sonoro.»
Nel descrivere questa nuova versione, parli di “performance teatrale”: come hai lavorato sull’interpretazione vocale e sull’arrangiamento per darle un’impronta così visiva e urbana?
«Ho lavorato assecondando l’attitudine che mi appartiene da sempre: mi sono posta come una fotoreporter il cui lavoro consiste nell’osservare quello che le sta intorno; poi, quando ho ritenuto essere il momento giusto, ho scattato la fotografia, immortalando dei momenti che, successivamente, ho restituito in musica nelle vesti di Manupuma.»
Milano sembra avere un ruolo importante nella scrittura e nell’atmosfera del pezzo. Che legame c’è tra la città e la musica di Manupuma?
«Sono nata a Milano. Lì ho vissuto momenti interessanti, come ad esempio il fare teatro con una compagnia milanese, durante la mia frequentazione, sul finire degli anni Novanta, dell’Accademia di Belle Arti di Brera. In quel periodo solevamo occupare luoghi e fabbriche abbandonate per allestire le performance. Sono stati anni molto belli, creativi, ma la mia formazione vera e propria è iniziata fuori dal capoluogo lombardo, tra Roma e l’Umbria. Anni dopo mi sono trasferita nuovamente a Milano; mi sono divertita a raccontare alcuni aspetti della città che non avevo percepito prima di allora.»
Spostando, invece, il focus su “Cuore leggero”, qual è stata la direzione sonora e produttiva che Manupuma ha seguito e in che modo si ricollega a questa nuova “Charleston”?
«Registrare “Cuore leggero”, ultimo album di Manupuma, si può definire una scelta di sopravvivenza. Nel 2015 mi è stata diagnosticata una forma grave di depressione. Volevo lasciare tutto, cambiare vita: ho cominciato a fare mille lavori per non pensare più alla musica, ma stavo sempre peggio. Dopo qualche tempo ho fatto ascoltare le mie canzoni al mio produttore; mi ha detto che ero pronta, che dovevo saltare sul cavallo – anche se senza sella – e correre con lui e con i musicisti. A quel punto, rinvigorita da quelle parole, sono ripartita. Mi sono fatta forza, ho chiesto un prestito in banca per realizzare l’album. Più sentivo i brani prendere forma, più la mia voce usciva, più io mi sentivo guarire. La musica era diventata essenziale per me, come l’acqua per una sirena. Stare nel mio mare sonoro mi ha curato l’anima e la mente. Non ricordavo più perché era cosi vitale per me scrivere brani, non mi importava neppure sapere quali sarebbero state le sorti del disco. Quel di cui ero certa e che mi interessava è che, al suo interno, erano contenuti pezzi felici, di speranza, di abbandono, di buio, di luce, onde che vanno e vengono. Io mi sono persa dentro queste bellissime onde.“Cuore leggero” mi ha guarita; questo è il regalo più bello che Manupuma potesse fare ad Emanuela! Ripubblicare “Charleston, facendo seguito a questo lavoro, è stato come ritrovare quella parte di me ironica e giocosa che avevo perduto. Ha rappresentato una festa. Quando ti arriva la diagnosi di depressione è come se ti cadesse un sasso sul cuore. So che, oggigiorno, tanta gente ha condiviso e condivide la mia stessa sorte; ciononostante c’è ancora tanta paura ad affrontare in pubblico certe tematiche, a parlare di questa patologia. Il timore è l’essere giudicati male, esclusi. “Cuore leggero” è anche il riuscire a svuotare il cuore dai macigni. Questa fatica discografica la dedico a tutte le persone che soffrono di questo male che, con forza di volontà, si può curare. Non mollate mai!»
Cosa rappresenta oggi per te la canzone, in questa veste più cruda e poetica?
«Per me oggi la canzone rappresenta un mezzo in grado di riportare Manupuma sul palco. Lì posso ritrovare anche quella parte di me (attrice) che avevo abbandonato. Mi piacerebbe creare un live, recitato, cantato, pieno di spunti sonori.»
Vincenzo Nicoletti