Il profilo TikTok “Arte Inclusiva, Segni in Musica” di Odra Morrone è il frutto di un’idea nata dal desiderio di unire mondi diversi per dare vita a qualcosa di nuovo e profondamente inclusivo. Non si tratta solo di “integrare”, ma di creare un linguaggio universale in cui la musica non è solo ascoltata, ma vissuta in tutta la sua profondità emotiva, accessibile a tutti. Questo progetto ambizioso nasce dalla convinzione che l’arte, nelle sue forme più pure e rispettose, ha il potere di abbattere le barriere e di connettere le persone, anche attraverso le emozioni più intime. L’arte dei segni, la musica e l’inclusività si incontrano in questo spazio, dando vita a una visione che non solo arricchisce chi può sentire, ma rende tangibili le emozioni anche per chi vive nel silenzio. Un progetto che trasforma il gesto in emozione e la musica in un linguaggio universale.
Puoi raccontarci come è nata l’idea di creare il profilo “Arte Inclusiva, Segni in Musica” su TikTok?
«L’idea è nata da una visione: quella di unire due mondi, non per fonderli, ma per crearne uno nuovo, in cui tutti possano sentire non solo la musica, ma anche le emozioni, in profondità. Credo che l’inclusione vera non sia solo “integrare”, ma generare una lingua nuova dove nessuno è ospite e tutti sono parte. Quando due realtà diverse si incontrano con rispetto e creatività, nasce qualcosa di più ricco, più potente. È lì che vedo la bellezza, la parità, la vera arte».
Cosa ti ha spinto a combinare la musica, l’arte e la lingua dei segni in un progetto così speciale?
«Mi ha spinta la voglia di creare ponti. Spesso viviamo separati da muri invisibili, anche nel mondo dell’arte. La lingua dei segni è arte essa stessa: è danza, è espressione. Unire tutto questo è stato naturale, perché credo che ogni emozione meriti di essere accessibile a tutti.
Come scegli le canzoni da tradurre nella lingua dei segni? Hai un criterio particolare?
«Scelgo canzoni che parlano alla pancia e al cuore. Quelle che hanno un messaggio forte, che vibrano di qualcosa di vero. A volte seguo l’intuizione, a volte scelgo brani che mi vengono richiesti da chi mi segue. Ogni scelta è un atto d’ascolto».
Qual è stato il momento più emozionante o significativo che hai vissuto durante la creazione dei tuoi video?
«Un momento che porterò sempre con me è stato ricevere un messaggio da una ragazza sorda che mi ha detto: “Ora so cosa sente mia sorella quando canta questa canzone.” È lì che ho capito che stavo facendo qualcosa che andava oltre me».
Come pensi che il tuo lavoro possa contribuire a promuovere l’inclusività e l’accessibilità nel mondo della musica?
«Penso che ogni video sia una piccola rivoluzione dolce. Aprire uno spazio in cui le emozioni possono essere condivise da chiunque significa abbattere barriere invisibili. Nel mio lavoro uso l’italiano segnato, che nasce dai segni della LIS ma mantiene la struttura della lingua italiana. Questo permette anche a chi non conosce la LIS di comprendere per intuizione, perché il segno segue la parola detta. Ho notato che proprio questa combinazione crea profonda armonia tra gesto e suono, rendendo i segni emozionanti e accessibili… davvero a tutti».
In che modo pensi che la musica possa diventare uno strumento di unione tra persone con e senza disabilità?
«La musica è già un linguaggio universale. Aggiungere la lingua dei segni la rende ancora più universale. Quando la musica diventa visibile, quando i gesti raccontano un’emozione, tutti possono sentirsi parte di un’unica vibrazione».
Quali sono i tuoi obiettivi futuri per la pagina e per la tua attività di sensibilizzazione?
«Il mio sogno è che la musica segnata diventi l’esibizione principale, e non una semplice “traduzione a lato”. Vorrei che avesse un palco tutto suo, con artisti che interpretano i brani attraverso i segni, dando voce al corpo, all’anima, all’energia. Perché quando si segna una canzone, non si traduce soltanto: la si recita, la si incarna, la si fa vibrare in un modo che può arrivare a chiunque, anche a chi non conosce la LIS. Il mio obiettivo è portare questa forma d’arte alla luce, con la dignità e la bellezza che merita».
Qual è la canzone che ti ha richiesto più impegno o che ti è rimasta nel cuore?
«La canzone che porto nel cuore è sicuramente la prima che ho tradotto da sola: “Avere te”, tratta dal musical Giulietta e Romeo, interpretata da Vittorio Matteucci. Ho avuto il privilegio di segnarla mentre lui la cantava dal vivo, ed è stato un momento indelebile. Ho anche un tatuaggio che, se inquadrato, fa partire proprio quella canzone su Spotify… perché per me è molto più di un ricordo: è un simbolo di inizio, di amore e di connessione. Le più difficili, emotivamente, sono le canzoni di Pino Daniele. Era un artista e un uomo che amavo profondamente, e interpretare i suoi brani è sempre intenso: mi sento connessa con lui, con la sua anima. Ogni volta è difficile… e bellissimo. Ultimamente ho interpretato “Figlia della tempesta” ed è stato un successo profondo. È arrivata al cuore di tantissime persone, soprattutto donne, che hanno sentito la forza del messaggio. Anche io, interpretandola, mi sono commossa».
Come ti senti nel vedere l’impatto positivo che il tuo lavoro ha su chi ti segue?
«Mi sento grata, ma anche molto responsabile. Vedere che qualcosa nato da un bisogno d’anima può toccare così tante persone mi dà forza.
Mi fa sentire che anche il gesto più piccolo può aprire mondi. Le persone hanno bisogno di emozioni. E quando traduci le emozioni, non importa che lingua usi: è il corpo, lo sguardo, il viso che parlano e si collegano direttamente con i cuori di chi guarda. In quel momento regalo me stessa, per far sentire l’amore, la disperazione, la gioia… qualunque vibrazione appartenga a quella canzone. E le persone si identificano. La vivono con me. Diventiamo una famiglia, anche solo per qualche minuto, che condivide la stessa emozione. Ed è lì che nasce l’unione vera. Ed è lì… che puoi vederla chiaramente».
di Sara Spiniello