Partito Pirata esordio europeo

Tra le opzioni più interessanti dell’appuntamento europeo, il prossimo 26 maggio, figura di diritto la prima partecipazione del Partito Pirata a elezioni di questo tipo. Fondato nel 2006, lo troviamo al debutto sulla scheda che ci consentirà di rinnovare il Parlamento Europeo. Ne abbiamo discusso con Cristina Diana Bargu, candidata capolista nella circoscrizione meridionale:

Questa è la prima volta in cui una lista del Partito Pirata sarà presente alle elezioni europee, quindi il primo obiettivo che ci poniamo è quello di conoscerlo meglio. Il vostro sito internet vi associa in prima istanza a tre parole ben precise: libertà, conoscenza e prosperità. Sceglieresti queste per descrivere il Partito Pirata, o ce ne sono altre ugualmente importanti?

Volendo giocare a collegare queste parole, potremmo dire che nel cuore del Partito Pirata batte la fiducia che la libertà di accesso alla conoscenza sia il primo passo verso una prosperità intesa in senso ampio. Giorgio Gaber forse la giudicherebbe un’ingenuità, ma senza una certa libertà di condivisione della conoscenza non avrei potuto farvi leggere questo bel testo. Per rispondere più a tema, altre parole chiave del Partito Pirata sono sicuramente i diritti umani, compresi quelli digitali. Ci preoccupa la sorveglianza di massa, la concentrazione di un’enorme conoscenza nelle mani di pochi, la possibilità di profilare gli utenti e di mirare diritto alle specifiche vulnerabilità. Questo ci porta a voler mettere a disposizione le nostre competenze tecnologiche in difesa della privacy.

Storicamente vi è sempre stata una certa affinità tra la vostra formazione e quella dei Verdi, al cui gruppo avete aderito. La questione ecologica e ambientale è uno degli snodi cruciali su cui si consumerà la prossima sfida europea: una sorta di battaglia tra interventisti e negazionisti del climate change. Qual è la vostra opinione e posizione al riguardo? Quali le misure da attuare immediatamente?

L’aspirazione del Partito Pirata ad essere un partito della conoscenza si declina in ambito ecologico con la volontà di porre alla base delle nostre riflessioni una ricerca scientifica indipendente, lontana dagli interessi economici e geo-strategici. Una prima misura, a monte del problema, sta nel restituire alla scienza la credibilità e la forza di elaborare rappresentazioni della realtà che consentano a tutti noi di orientarci nella complessità e a prendere decisioni funzionali. Indipendentemente dalle posizioni scientifiche sul cambiamento climatico, siamo consapevoli del fatto che l’attuale modello di sviluppo ha assunto i connotati di un ecocidio. Ci impegniamo dunque a rispettare l’accordo di Parigi, a promuovere l’educazione ambientale e a contrastare quegli interessi economici che minano la salute del nostro habitat naturale.

Per voi che fate del libero accesso alla conoscenza e della riforma del diritto d’autore i capisaldi fondamentali del programma, la discussa approvazione della riforma sul copyright avvenuta a marzo è certamente oggetto di discussione e di riflessione. Come valutate il famigerato articolo 13 – poi diventato articolo 17 – e in che modo proponete di revisionarlo? Come si conciliano i diritti dei creatori di contenuti e lo strapotere delle grandi piattaforme digitali che li ospitano?

Gli articoli ex 11 e 13 divenuti 15 e 17 sono di fatto un via libera per le grandi piattaforme come Facebook, Youtube – ma anche per Stati e giornali – a demandare all’intelligenza artificiale la discriminazione di ciò che è pubblicabile e di ciò che non lo è –ovvero a filtrare i contenuti. E questo diventa rapidamente censura. Il Partito Pirata teme che questo finisca per aumentare ulteriormente il divario fra coloro che fruiscono liberamente della conoscenza e coloro che non possono accedervi, fino a generare una nuova forma di povertà. La direttiva, esclusi i suddetti articoli, potrebbe anche essere accettabile. Riteniamo che le piattaforme digitali non vadano contrastate per questioni di copyright, ma per l’evidente abuso della privacy degli utenti e per la segregazione dei contenuti- ovvero le bolle dell’informazione -, in contrasto con la libertà che ha fino ad ora caratterizzato il web. La tutela dei creatori di contenuti può coniugarsi con la libertà di accesso alla conoscenza attraverso lo scambio etico, di cui TNT Village ne è un esempio.

Oltre ad essere la più giovane candidata nelle liste del Partito Pirata, sei anche la capolista nella circoscrizione meridionale: un Sud Italia che, stando a quel che dicono rapporti e previsioni, è destinato a svuotarsi e desertificarsi entro il 2065. È ancora possibile invertire un declino che ad oggi appare inevitabile? Quanto potrebbe influire, ad esempio, un piano di investimenti che riduca il digital divide di cui il Mezzogiorno continua a soffrire?

La desertificazione del Sud Italia si manifesta su più piani – industriale, demografico, ma anche ambientale – che si intrecciano fra di loro generando una notevole complessità. Le problematiche ambientali e demografiche potrebbero trovare una – parziale – risposta nella cura della fertilità del suolo, nel sostegno all’agricoltura su piccola scala e nell’impegno a proteggere le reti locali dalla mafia. La tecnologia e l’accesso alla rete sono vettori per la creazione di nuove professionalità e di lavoro. E, come dice Stefania Calcagno, capolista del Partito Pirata nelle Isole, “non vogliamo rassegnarci a vedere tutti i nostri talenti che per poter raggiungere obiettivi professionali accettabili devono lasciare le proprie terre natie e trasferirsi nel nord, d’Italia o d’Europa”. La riduzione del digital divide, pertanto, potrebbe contrastare la desertificazione industriale e demografica, aprendo la strada verso la creazione di lavoro e di conoscenze.

Nelle tue esperienze lavorative hai avuto modo di confrontarti con realtà innovative, solidali e sostenibili, insomma con quel tipo di esperienze virtuose che potrebbero diventare gli hub dello sviluppo sociale ed economico futuro, se riuscissero a imporsi come modelli dominanti e a confluire in network di reciproco scambio di risorse, esperienze, informazioni, tecnologie. Ma siamo pronti a una rivoluzione del genere?

Nella mie – ancora limitate – esperienze lavorative, di studio e di volontariato, ho avuto modo di entrare in contatto con realtà nate in seno ai più diversi settori della società civile, tutte accomunate da un desiderio di costruire alternative tanto nel pensiero quanto nella pratica quotidiana. Ognuna di queste realtà ha prodotto numerose pratiche virtuose, si è scontrata con i propri limiti, ha elaborato una propria cultura interna e ha declinato visioni – a mio avviso – convergenti. E questo mi fa sentire molto fiduciosa. Sull’essere pronti o meno mi piacerebbe prendere in prestito delle parole che ho avuto la fortuna di ascoltare in una recente riunione: “I processi fisiologici della coscienza umana richiedono tempo. È un tempo storico, non prevedibile in termini organizzativi”.

Emanuele Tanzilli

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