La riscoperta della cinematografia d'autore come antidoto alla solitudine
Fonte immagine: Moon Tale Festival

Marzo 2020. A causa del rischio di espansione del Covid-19 lungo tutto lo Stivale, la stragrande maggioranza dei cittadini italiani è stata invitata a limitare gli spostamenti e a uscire solo se strettamente necessario. Sembra un film, invece è un momento storico. La sera del 9 marzo 2020 gli italiani la ricorderanno a lungo. L’Italia entra in zona protetta, fino al 3 aprile probabilmente. Nessuno, dai tempi della seconda Guerra Mondiale, si è più ritrovato a vivere in un clima surreale fatto di strade silenziose che odorano di timore; nessuno si è più ritrovato a far fronte a un nemico che lo costringesse al chiuso.

Invece eccolo qui, il nemico. Soltanto che questa volta non ha fucili, non ha uniformi, non ha dichiarato guerra a un’etnia o a una Nazione in particolare. È invisibile, eppure è capace di gettarci nell’angosciosa spirale dell’incertezza, di farci cambiare piani, proprio come accade nella cinematografia di un certo spessore. È capace di farci rinunciare a tutto quello che credevamo contasse fino a poco tempo fa.

Ci siamo fermati. Perlomeno, abbiamo rallentato. Ma non sempre rallentare è facile. Noi, immersi in un sistema che ci sottopone ogni giorno a corse autostradali folli che divorano le ore delle giornate, ci siamo ritrovati, all’improvviso, fermi in garage, con un monte di ore libere in omaggio. Ore vuote, da riempire. C’è chi ha riscoperto il piacere di sfornare una torta, chi ha approfittato del tempo libero per riprendere in mano un hobby di gioventù, chi dopo anni ha poggiato gli occhi su un libro e ha ritrovato nelle sue pagine amici sinceri che credeva scomparsi da tempo. Dopo uno spaesamento iniziale, insomma, ognuno ha cercato di trovare in questa quarantena forzata un po’ di normalità, assaporando la bellezza delle piccole cose del quotidiano che qualche giorno fa sfuggivano ai nostri occhi, troppo distratti dal dovere.

Oltre a questi piccoli piaceri che abbiamo riscoperto con grande emozione, per superare il muro della solitudine di questi giorni ci viene in aiuto un’arte che può aiutarci a trascorrere qualche ora in compagnia. Si tratta della “settima arte”, così come la definiva il critico Ricciotto Canudo: la cinematografia.

Il mondo della cinematografia in questi ultimi anni ha subito un cambiamento epocale. Con l’avvento di nuove piattaforme streaming che permettono di poter scegliere tra centinaia di migliaia di film diversi e con centinaia di nuove serie tv che spodestano il primato dei film, il cinema si è un po’ convertito a pellicole usa e getta, come i vecchi rullini delle macchine fotografiche. Il tempo da dedicare alla cinematografia si è ridotto alla mezz’ora cercata a fatica, tra una faccenda e l’altra, per guardare sovrappensiero una puntata di una serie tv che poi lascerà spazio a un’altra e un’altra ancora. Il tutto consumato velocemente, con voracità, in simbiosi con questo tempo e con i suoi uomini nati per correre.

Quale migliore occasione, adesso che siamo ai box per un pit-stop, per ritornare a godere anche di alcuni di quei film che hanno invece segnato le epoche precedenti? Di quei film che sono stati concepiti apposta per durare; non merendine prese al volo da un distributore, ma pranzi natalizi in famiglia. Ecco tre titoli di film che possiamo scegliere di guardare in questi giorni, per assaporarne l’essenza, senza fretta alcuna, riflettendo sul loro ruolo cardine nel mondo della cinematografia che fu.

“Balla coi lupi” di Kevin Costner

Visi pallidi, pellerossa, buoni, cattivi, selvaggi, civilizzati. Le dicotomie che accompagnano il nostro immaginario collettivo sono sterminate quando si affronta l’argomento “indiani d’America”. Spesso queste dicotomie favoriscono i visi pallidi a scapito dei pellerossa, additati di frequente come selvaggi assetati di sangue bianco. Questo film, classe 1990, ma ambientato durante la guerra di secessione americana, dimostra che il male non è prerogativa di una singola popolazione. È un viaggio alla riscoperta del cultura dei pellerossa che coinvolgerà in prima persona un ufficiale dell’esercito unionista americano, interpretato da un brillante Kevin Costner, che con questo film si cimenta per la prima volta anche nella regia.

Balla coi lupi è un film tratto dall’omonimo libro di Michael Blake. Esistono due versioni di questo film: una versione cinematografica, di 181 minuti e una versione integrale di 236 minuti. E, siccome di tempo ne abbiamo in questi giorni, magari la versione integrale non sarebbe male per ballare con i lupi e godere, fino all’ultimo minuto, di un mondo da riscoprire e di figure da rivalutare.

“Quarto potere” di Orson Welles

È il più vintage tra film qui proposti, ma proprio per questo possiede un fascino inimitabile. Uscì negli Stati Uniti nel 1941, nel totale sconvolgimento che la seconda Guerra Mondiale stava provocando nel vecchio continente. Orson Welles si cimenta qui con il suo primo lungometraggio, oltre che con l’interpretazione del personaggio principale della storia: Charles Foster Kane, magnate proprietario del quotidiano New York Daily Inquirer. Ciò che ne viene fuori è un salto nell’introspezione del protagonista, nella solitudine che lo devasta e lo porta a fare i conti con i tormenti dell’anima. Il film è stato girato in bianco e nero quando ancora i colori non erano approdati nel mondo della cinematografia ed è una caratteristica che aiuta lo spettatore a calarsi in una vita di luci e ombre.

“Nuovo cinema paradiso”: il capolavoro della cinematografia di Giuseppe Tornatore

Tra i film da riguardare e gustare con calma ha un posto speciale il film Nuovo Cinema Paradiso, di Giuseppe Tornatore. Narra la storia di Salvatore, detto Totò, noto regista che dopo diversi decenni torna in Sicilia nella sua città natale, Giancaldo. Lì si trova a rivivere la sua infanzia, segnata dell’amicizia con Alfredo, proiezionista della cittadina. L’amicizia con Alfredo ha dato vita alla passione di Totò per la cinematografia, passione che ha trasformato in un lavoro. In pieno stile amarcord, questo film fu girato nel 1988 e furono distribuite diverse versioni, la più estesa delle quali di 173 minuti. I ricordi del protagonista scorrono come le pellicole di una diapositiva, emozionando e facendo sognare con la complicità della colonna sonora composta dal musicista Ennio Morricone, che ha firmato anche le colonne sonore di altri film indelebili come quelli che compongono la “trilogia del dollaro” del regista Sergio Leone.

Sono tre titoli ai quali, senza dubbio, se ne potrebbero affiancare molti altri, ma sono quelli dai quali poter partire per andare alla riscoperta di un cinema diverso, più lento, che ci aiuti a sconfiggere la solitudine causata dall’isolamento forzato di questi giorni. Il tempo, questa volta, non sarà un problema.

Anna Rita Orlando

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