Roberta Di Lorenzo, lo sviluppo della propria percezione visiva
Fonte: robertadilorenzo.com

Roberta Di Lorenzo, è una cantautrice e pianista molisana, dotata di grande talento, simpatia e cultura. Non stupisce che sia stata notata da un grande della canzone italiana come Eugenio Finardi, che ha portato alla sessantaduesima edizione del Festival di Sanremo un brano scritto proprio da lei, “E tu lo chiami Dio”, così come non stupisce che, già con il suo primo album, “L’occhio della luna”, abbia attirato l’attenzione del Premio Tenco.

Nella sua seconda fatica discografica,“Su questo piano che si chiama Terra“, l’eccellente Roberta Di Lorenzo affina ancora di più il suo rapporto tra parola e musica, rivelandosi in tutta la sua classica ed elegante ironia, fatta di semplicità e giochi di parole, astuti ma mai banali.

Alla ricerca di stabilità, attraverso la spiritualità e, al contempo, da un punto di vista ancorato a terra, Roberta Di Lorenzo sa coinvolgere con le parole, voce e musica. Questo è il lavoro in musica della consapevolezza e della crescita, degli occhi ben aperti sul mondo e oltre.

Su questo piano che si chiama Terra si può definire il disco della definitiva consacrazione di Roberta Di Lorenzo. Come mai questo titolo?

«Il titolo è un gioco di parole. Il piano è dove noi ci appoggiamo, nonché lo strumento musicale, la Terra è il nostro pianeta, il nostro punto di vista. Una visione della vita dal basso verso l’alto che ci spinge verso tematiche come la spiritualità. Ad una certo punto ho sentito la necessità di pormi domande su cosa c’è oltre e dentro di noi, la ricerca dell’assoluto che parte dall’interno. Ovviamente è una visione che, voglio sperare, accomuni tutti gli uomini, a prescindere dal credo e dalla fede.»

Tu sei molto conosciuta per la profondità dei tuoi testi, tant’è che il brano che hai scritto per Eugenio Finardi è stato accolto in maniera molto positiva dalla critica sanremese. Come viene l’ispirazione a Roberta Di Lorenzo in veste di cantautrice?

«È tutto abbastanza relativo a quello che viviamo, al momento storico. L’album precedente, “L’occhio della luna”, è stato definito un lavoro molto femminile, ho cercato di entrare nei meandri di alcune figure di donna che potessero essere attuali ancora oggi, come Antigone e Circe. In realtà c’era molto di me, era una sorta di gioco a coprirsi. Attualmente ho tolto le maschere, quindi ho aperto le porte. Il tutto è ben rappresentato anche dalla copertina dell’album dove mi si vede mentre apro una gabbia. Un passaggio oltre, ma anche il coraggio di, finalmente, parlare di Roberta Di Lorenzo. Mi ispira tutto ciò che vivo, che guardo.»

A causa di Psiche è il primo singolo estratto. Roberta, è evidente la tua spiccata cultura classica…

«Fortuna o sfortuna, gli studi classici mi hanno impregnata di cose che, pur non volendo, mi sono entrate dentro. Anche in questo album, c’è il richiamo ad una delle nozioni portanti dell’intero mondo classico, il termine psyché. Si avvicina molto al lemma moderno di ”anima”, ma è stato ri-occidentalizzato come psiche, ovvero ”mente”. Quindi, gioco con questo vocabolo, nonché con il percorso labirintico della nostra mente. Nel videoclip, tutto ciò, viene rappresentato molto bene: la volontà di uscire dai meandri della ragione, di ritrovare la capacità di respirare, di camminare. La mente, la memoria, è una specie di arma a doppio taglio, possiamo fare di essa la nostra migliore alleata, così come la nostra peggior nemica.»

Hai parlato di femminilità. Senza entrare nella retorica, cosa significa, per Roberta Di Lorenzo, essere donna oggi?

«È molto più facile esserlo oggi che qualche tempo fa. Basti pensare anche solo al diritto di voto, che abbiamo ottenuto molto tardi o alla possibilità di vivere l’arte. Nell’antichità l’arte veniva negata alle donne, tant’è che, persino nelle rappresentazioni, erano solo gli uomini a recitare. Le donne erano viste come madri, protettrici della casa. Io non sento la difficoltà di essere cantautrice, credo che, sebbene in alcuni ambiti non sia l’unico parametro, conti la meritocrazia.»

Vincenzo Nicoletti

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