Il Premio Strega e i luoghi letterari
Il Premio Strega è stato istituito nel 1947, su iniziativa di Maria Bellonci e con il sostegno del produttore di liquori Guido Alberti, proprietario della casa produttrice del celebre liquore Strega da cui l’evento letterario prende nome. Il premio è oggi tra i riconoscimenti letterari più prestigiosi d’Italia: viene assegnato ogni anno al miglior libro di narrativa (in lingua italiana) e pubblicato tra il 1° marzo dell’anno precedente e il 28 febbraio dell’anno in corso. Ieri come oggi, l’obiettivo del progetto è quello di valorizzare la narrativa contemporanea, creare luoghi di scambio e di dibattito, approfondire temi di attualità e di puntare l’attenzione sul mondo dell’editoria. Sono rari infatti i momenti in cui si riesce a dare spazio a chi con i libri ci lavora e i premi letterari, così come gli eventi che ne derivano, possono attenzionare al pubblico una realtà bistrattata, che arranca e cerca di farsi spazio in un mondo sempre più dominato dal digitale e dall’analogico. Soprattutto, il Premio Strega è una vetrina che contribuisce alla divulgazione di nuovi titoli e permette quindi l’intromissione di nuovi nomi autoriali nel dibattito pubblico.
Già con il vincitore del Premio Strega Europeo 2025, Il giorno dell’ape dell’irlandese Paul Murray, la critica ha prediletto lo sperimentalismo stilistico di un romanzo familiare a quattro voci, ambiguo e contraddittorio, concreto e visceralmente umano. In Italia si contendevano il posto i cinque finalisti: L’anniversario di Andrea Bajani, Quello che so di te di Nadia Terranova, Perduto è questo mare di Elisabetta Rasy, Chiudo la porta e urlo di Paolo Nori, Inventario di quel che resta dopo che la foresta brucia di Michele Ruol, fra cui il vincitore si è scoperto, con 187 voti, essere Andrea Bajani.
Autofiction: chiave di elaborazione
“Tutte le famiglie felici si assomigliano; ogni famiglia infelice, invece, è infelice a modo suo” direbbe Tolstoj, allo stesso modo L’anniversario è un romanzo che, per mezzo dello strumento dell’autofiction, catapulta il lettore in una dramma familiare. Scritto in prima persona, mal miscela il Narratore col Personaggio, creando una discrasia già suggerita dal sottotitolo dell’opera, soglia testuale: “un romanzo”.
Il topos della separazione è il suo nucleo: «L’ultima volta che ho visto mia madre mi ha accompagnato alla porta per salutarmi» scrive a 41 anni il Narratore-Personaggio, e per i futuri dieci non avrà più contatti con la sua famiglia sventurata. Saranno i 10 anni migliori della sua vita, vissuti con una ritrovata pace interiore. Ma può un equilibrio scaturire da un allontanamento, una voragine? Questa contraddizione sarà oggetto di una riflessione dal sapore morale, affrontata con una prosa asciutta, sintetica e tagliente, che vuole far salire a galla il sugo della storia (per dirla alla Manzoni), il suo messaggio più intimo. Il romanzo si confonde, perde i suoi connotati e sembra svilupparsi come un testo argomentativo privo di emotività, pronto ad analizzare i legami di una famiglia macchiata da un padre/marito violento e dagli atteggiamenti patriarcali. I tempi sono scanditi dai non detti, dai silenzi, dall’abitudine e dalla paura che un certo episodio potrebbe ripetersi ancora e ancora: la normalità è il non amore ma nessuno sembra più credere che la vita possa essere diversa. L’inquietudine è proprio suggerita da questa “normalità”: il marito non può mostrarsi sensibile, debole o bisognoso e il gioco delle parti che si crea rende la moglie vittima, supplice e silente. L’assenza dei nomi propri strappa via il romanzo dalla sua intimità domestica e identitaria e lo trasforma in una narrazione corale: diventa un exempla, un modello sempre uguale che tutti possono ritrovare riprodotto nella propria famiglia, con gli stessi squilibrati ingranaggi che però, chissà come, poi si fanno passivamente andar bene.
Con la scelta di questo titolo, il Premio Strega 2025 ha dato quindi spazio al male più banale che neanche lo spazio della letteratura, grazie al suo distacco, alla decostruzione e ricostruzione, è riuscito a decifrare. Durante l’ultimo incontro tra Padre e Narratore-figlio, Bajani scrive: «Ogni ricostruzione che ne posso fare è materia da romanzo, non solo perché richiede che l’immaginazione porti sulle spalle l’esperienza, ma perché quel pranzo avvenne dentro la finzione». Nulla quindi attesta che tutta la vita seguente non sia rimasta dentro quella giostra di inutili e altalenanti sofferenze e di fallimenti psicologici e l’autore, forte di una prosa teatrale già sperimentata, trasforma i suoi personaggi in marionette in cerca di sé e del loro spazio. L’autofiction diventa quindi strumento di ricucitura di vite sbrindellate, smarginate e attaccate insieme a forza, per un copione troppo amaro e consumato sin dall’inizio.
L’anniversario di Andrea Bajani, un megafono della società
Con L’anniversario Andrea Bajani si propone quindi di riportare un ulteriore tassello nella dialettica della letteratura familiare, ragiona sul patriarcato e cerca di sciorinarne le radici: come in un romanzo gaddiano perde la bussola, punta all’essenza, ma non trovando il filo nella matassa cede alla finzione letteraria il compito di argomentare, comprendere, divulgare. Di fronte a una società che stenta a evolvere il suo pensiero e pone dei limiti sempre più restrittivi, il Premio Strega 2025 è quindi un megafono pronto a comunicare le esigenze di una società che ancora non fa i conti con se stessa.
Alessia Sicuro