Femminicidio di Giulia Cecchettin: un anno dopo la lotta continua

Circa un anno fa, l’11 novembre 2023, Giulia Cecchettin scomparve nel nulla insieme al suo ex fidanzato, Filippo Turetta. Sette giorni dopo il suo corpo venne ritrovato senza vita ai piedi del lago di Barcis. 

Durante quei giorni di silenzio chiunque fosse minimamente informato sul tema della violenza di genere ha sperato fino all’ultimo che non si trattasse dell’ennesimo femminicidio. C’era addirittura una gran parte dell’opinione pubblica che pensava che si trattasse di una semplice fuga tra fidanzati perché Turetta era il fidanzato da manuale, era “un ragazzo per bene”.

Purtroppo la mattina del 18 novembre tutti abbiamo avuto la conferma che, sì, anche i bravi ragazzi possono compiere femminicidi.

L’impatto sociale e mediatico della morte di Cecchettin

Il femminicidio di Giulia Cecchettin ha smosso per molto tempo l’opinione pubblica per diverse ragioni. La prima riguarda la giovane età dei due, Cecchettin all’epoca dei fatti aveva 22 anni mentre Turetta 21. Il fatto che i due fossero così giovani ha sconcertato l’opinione pubblica perché è stata l’ennesima dimostrazione che la violenza di genere è frequente in ogni aspetto della società, in ogni fascia d’età.

La seconda ragione, e forse la più tosta da digerire, riguarda il fatto che la sorella di Giulia, Elena Cecchettin, ha fin da subito detto chiaramente di che cosa era vittima sua sorella, ovvero della società patriarcale. Sin dal primo giorno di apprensione per la scomparsa di Giulia, Elena ha subito denunciato la possessività e i comportamenti tossici che Turetta esercitava su sua sorella e, quando il tragico epilogo della vicenda è venuto fuori, non ha esitato nemmeno un secondo a smuovere le coscienze di chiunque seguisse il caso tirando fuori parole come patriarcato, privilegio maschile e violenza di genere. Parole che, sentite dire, mettono più a disagio che paura.

Numeri allarmanti che non accennano a scendere

Sfortunatamente, lo shock e lo sdegno destati dalla morte di Cecchettin non hanno frenato il flusso abbondante di quest’orribile carneficina. Tant’è che già poche ore dopo è arrivata la notizia dell’ennesima donna uccisa per mano del marito e nei modi più beceri. Meena Kumari, uccisa lo stesso 18 novembre con una mazza da cricket da suo marito, Vincenza Angrisano uccisa a coltellate dal marito davanti ai figli di 6 e 11 anni e tante altre donne rientrando così in nel vortice di questa mattanza che non accenna ad arrestarsi.

Ad un anno da questo terribile episodio, purtroppo, nulla è cambiato. Nel 2023, secondo l’osservatorio nazionale del collettivo Non Una Di Meno, il numero delle vittime di femminicidio è stato di 121. Mentre dall’inizio del 2024 sono circa 100 le persone che hanno perso la vita per via di un compagno o parente. Il numero è allarmante e la prevenzione è pressoché nulla. 

Le cause profonde dei femminicidi

Il tema femminicidio risulta essere tanto triste quanto complesso da trattare: le dinamiche che entrano in gioco quando si parla di violenza di genere sono molteplici e a loro volta mettono in luce le insufficienti modalità di prevenzione nella nostra società. Si passa dall’inefficienza delle denunce che portano la vittima di violenza (quando è ancora viva) a non denunciare, all’inadeguatezza delle misure cautelari dei soggetti violenti che portano a tragici epiloghi come nel caso di Celeste Palmieri, Carmela Ion e Roua Nabi, tutte uccise dai relativi compagni nonostante avessero il braccialetto elettronico

Ma il punto cruciale della lotta al fenomeno risiede, appunto, nella cultura patriarcale di cui la nostra società è ricolma. 

Il femminicidio è soltanto quello che vediamo in superficie. La più complessa struttura su cui poggia, volta ad assoggettare le donne al volere degli uomini, è una piramide composta da elementi quali disparità salariale, minimizzazione della donna in quanto figura professionale (solo quando non si tratta di lavori di cura), molestie come catcalling, battute sessiste o semplicemente la sottovalutazione del consenso nei rapporti

Tutti questi comunissimi aspetti di cui è composta oggi la nostra società sono la benzina che alimenta una cultura malata che rischia di infettare anche le generazioni più giovani anche se, considerando la giovane età di Cecchettin e Turetta, pare abbia già attecchito.

Le soluzioni necessarie per arginare la violenza di genere

Un fenomeno così intricato e urgente, ovviamente, richiede una soluzione altrettanto rapida e strutturata. Ci sarebbe bisogno di una rete di supporto sia familiare che professionale che identifichi sin dal primo momento i casi di violenza. Ci sarebbe bisogno di una tutela legale e psicologica garantita per le vittime di violenza. Ci sarebbe bisogno di un programma di educazione sentimentale che non cerchi solamente di educare i più giovani alla cultura del rispetto e delle relazioni ma che li renda consapevoli e informati anche su temi come sessismo, cultura dello stupro e patriarcato, cioè i veri motivi per cui la violenza di genere è ancora così troppo diffusa.

Ci sarebbe bisogno di tutto questo, prima che sia troppo tardi. 

Benedetta Gravina

fonte immagine di copertina: https://depositphotos.com/photo/fake-dictionary-dictionary-definition-femicide-462380114.html

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