Cronache di uno scioglimento annunciato: cosa resta dei ghiacciai
Foto di Ákos Helgert: https://www.pexels.com

Il 2025 è stato designato dalle Nazioni Unite come l’anno internazionale della preservazione dei ghiacciai. Preservare i ghiacciai significa attuare una strategia di conservazione del passato e, allo stesso tempo, di sopravvivenza del futuro.

Il passato da conservare è quello della memoria geologica che ci racconta di un tempo in cui il ghiaccio si estendeva su una ben più estesa parte della superficie terrestre, ma anche quello della memoria umana delle comunità montane o indigene che in diverse parti del mondo hanno visto la propria vita intrecciarsi alle sorti dei ghiacciai.

Ghiacciai che non si limitano solamente a evocare tempi che furono o paesaggi misteriosi e affascinanti, ma che rappresentano la chiave di volta che ci consente di tenere in piedi l’architettura del futuro. Essi, per esempio, svolgono un ruolo fondamentale nel mantenere in equilibrio il sistema climatico terrestre. Questo grazie alla loro capacità di riflettere un’elevata quantità di radiazioni solari nello spazio, raffreddando la superficie terrestre e regolando la temperatura del pianeta. Con l’attuale fusione in atto, però, la superficie riflettente dei ghiacciai si sta notevolmente riducendo, lasciando spazio alle superfici sottostanti – porzioni di oceano o di terreno – che essendo più scure assorbono più calore, contribuendo ad accelerare il riscaldamento globale.

Oltre a essere degli specchi naturali, i ghiacciai rappresentano anche una delle principali riserve di acqua dolce fornendo acqua potabile a miliardi di persone. Essi, inoltre, alimentano fiumi e laghi e sostengono l’agricoltura, la biodiversità e la produzione di energia idroelettrica. Eppure, quando si sciolgono troppo velocemente, molta di quest’acqua non riesce a essere utilizzata come dovrebbe ma finisce in mare, innalzandone il livello. Una circostanza che può causare inondazioni nelle zone costiere e alterare gli ecosistemi, mettendo a repentaglio la vita delle popolazioni che vivono nei pressi delle coste. Se si considera che oggi quasi due miliardi di persone vivono vicino alle coste e circa 800 milioni a meno di 10 m sopra il livello del mare, è facile intuire perché la fusione dei ghiacciai rappresenti una seria minaccia per la vita umana. Amsterdam, Bangkok, Miami e Karachi sono, per fare un esempio, tra le città a rischio sommersione, un evento che provocherebbe lo spostamento di milioni di persone e danni economici e sociali smisurati.

All’interno di uno degli ultimi studi condotti per i rapporti dell’IPCC, un team di ricerca internazionale è riuscito a ricostruire le variazioni di massa annuali di oltre 19.000 ghiacciai in tutto il mondo tra il 1961/62 e il 2015/16. Dallo studio è emerso che i ghiacciai di tutto il globo, nel periodo considerato, hanno perso in totale 9.000 miliardi di tonnellate di ghiaccio, innalzando il livello del mare di 27 mm. Una massa, quella persa, che può essere paragonata ad un cubo di ghiaccio con un’area pari alla superficie della Germania e uno spessore di 30 metri. Volendo fare previsioni future, occorre anzitutto considerare che, nella seconda metà di questo secolo, la perdita di massa dei ghiacciai dipenderà fortemente dagli scenari di emissione, unitamente alla rapida e non pianificata urbanizzazione delle regioni montane. Una situazione che sta “esercitando pressione sui fragili ecosistemi montani, incidendo sulla disponibilità, sulla qualità e sulla sicurezza dell’acqua”.

In particolare, nelle ipotesi di scenari a basse emissioni, si prevede la perdita di circa il 25-29% della massa glaciale globale. Una percentuale che aumenta invece al 43-54% negli scenari ad alte emissioni. In questo secondo caso, entro il 2100 i ghiacciai più piccoli e quelli a latitudini medio basse andranno incontro a una perdita quasi totale, tanto che con un riscaldamento globale superiore ai 4°C, persino un manto nevoso stagionale diventerà raro al di fuori delle regioni polari e delle montagne più alte. Al contrario una rapida riduzione delle emissioni, in linea con il limite previsto dall’Accordo di Parigi, permetterebbe di conservare il doppio del ghiaccio rispetto agli scenari più critici.

Oltre alla riduzione delle emissioni e alla pianificazione di strategie di adattamento per le comunità più vulnerabili, uno dei suggerimenti provenienti dalle Nazioni Unite per preservare lo stato di salute dei ghiacciai riguarda il miglioramento della gestione delle riserve di acqua, in modo da prevenire sia la carenza idrica che le inondazioni, investendo sulle infrastrutture preposte a conservare l’acqua di fusione stagionale dei ghiacciai e ottimizzando i sistemi di uso e riciclo dell’acqua.

Anche implementare i sistemi di monitoraggio offrirebbe un valido contributo contro la perdita di massa glaciale. Per il monitoraggio vengono spesso scelti ghiacciai sicuri e accessibili, il che però rischia di rendere le osservazioni distorte o, quantomeno, parziali. Si pensi, ad esempio, che solo 28 dei 50.000 ghiacciai dell’Hindu Kush Himalaya hanno attualmente un monitoraggio attivo dei cambiamenti di massa. Per colmare queste lacune nei dati e favorire lo sviluppo di soluzioni realmente efficaci serve incorporare le conoscenze indigene e incoraggiare la collaborazione internazionale, soprattutto tra i paesi che condividono risorse idriche provenienti da ghiacciai transfrontalieri.

Ridurre in modo deciso le emissioni, migliorare la gestione delle risorse idriche e intensificare il monitoraggio dei ghiacciai, specialmente in aree poco accessibili, sono passi imprescindibili verso un futuro in cui le generazioni a venire possano contare su riserve di acqua dolce stabili e su un clima più equilibrato. La preservazione dei ghiacciai non è, quindi, solo un tema di conservazione ambientale ma una vera e propria garanzia di sopravvivenza collettiva. In quest’ottica, l’anno internazionale della preservazione dei ghiacciai rappresenta un’occasione unica – che non possiamo permetterci di sprecare – per promuovere una consapevolezza più ampia e un’azione concertata su scala globale. Un’azione che passa attraverso la collaborazione internazionale, la valorizzazione delle conoscenze indigene e l’attuazione di politiche coraggiose, invertendo la rotta di una crisi che, se ignorata, potrebbe compromettere irreversibilmente il delicato equilibrio del nostro pianeta.

Virgilia De Cicco

Virgilia De Cicco
Ecofemminista. Autocritica, tanto. Autoironica, di più. Mi piace leggere, ma non ho un genere preferito. Spazio dall'etichetta dello Svelto a Murakami, passando per S.J. Gould. Mi sto appassionando all'ecologia politica e, a quanto pare, alla scrittura. Non ho un buon senso dell'orientamento, ma mi piace pensare che "se impari la strada a memoria di certo non trovi granché. Se invece smarrisci la rotta il mondo è lì tutto per te".

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