Il futuro dipende dai ghiacciai. John Mercer aveva già predetto lo scioglimento dei ghiacciai dell’Antartide occidentale e la sua correlazione con l’attività umana nel 1978. Nonostante ciò, questo non è ancora successo: infatti, c’è un anello debole tra i ghiacciai dell’Antartide Occidentale. È il Thwaites, un “tappo di ghiaccio” grande come la Gran Bretagna che non permette loro di sciogliersi. In qualsiasi caso, nel 2014 si è dimostrato che quel ghiacciaio sta collassando: non si discute più sull’ipotesi che questo possa succedere, ma su quando succederà. Si parla quindi di collasso climatico. La retorica dei media continua a dirigere l’occhio del pubblico sulla catastrofe climatica e i film ci mostrano il nostro futuro devastato ed agghiacciante. Ma quali sono le soluzioni pensate dagli scienziati, dai governi e dalle organizzazioni internazionali?
Finora, l’innalzamento del livello del mare è stato causato in parte dallo scioglimento del ghiaccio della Groenlandia, e in parte da quello dei ghiacciai montani. Secondo uno studio pubblicato dal CNR, i ghiacciai alpini al di sopra dei 2500 metri di altitudine sono estremamente sensibili al cambiamento climatico: studiare il loro andamento significa studiare l’andamento del cambiamento climatico stesso. Nelle Alpi per ovviare a questo problema si è pensato di fermarne lo scioglimento con tessuti geotessili oppure neve artificiale, com’è stato fatto in Svizzera sul Morteratsch e in Italia sul Presena. Ovviamente questo tipo di soluzione non è applicabile ovunque: ad esempio i grandi ghiacciai himalayani sono rimasti scoperti proprio per la loro estensione.
Ma questa soluzione non è stata accolta da tutti a braccia aperte: infatti, sulla questione è stato aperto un dibattito. Serena Giacomin dell’ONG Italian Climate Network ha detto a Wired che «salvare i ghiacciai dell’arco alpino coi teli geotessili è pura fantascienza». Secondo Giacomin, ricoprire i ghiacciai non è un adattamento al cambiamento climatico in corso ma piuttosto un tentativo di preservare una risorsa artificialmente senza rendersi conto delle conseguenze a livello ambientale. Inoltre, nel caso del Morteratsch e del Presena, le installazioni sono state portate avanti nell’ottica di preservare una risorsa che è prima di tutto una risorsa turistica: si ricordi infatti che sul ghiacciaio del Presena sono presenti impianti sciistici. A questo proposito Giacomin sottolinea: «Non ci si dovrebbe accanire per preservare il turismo», quando la crescita del turismo stesso in determinate zone ha seguito modelli di sviluppo assolutamente non sostenibili.
In futuro, comunque, non saranno le Alpi a dare problemi, bensì l’Antartide. Contrariamente ai ghiacciai alpini, i ghiacci dell’Antartide si sciolgono del basso verso l’alto per il contatto con l’acqua oceanica. Gli oceani possono assorbire tanto calore senza che la loro temperatura aumenti di molto: infatti l’Antartide è rimasto ghiacciato per 11 milioni di anni anche in periodi in cui la temperatura media globale superava di 5 gradi quella di oggi. Questo era reso possibile dalla corrente circumpolare artica, che isola l’Antartide dal resto dei continenti. Il cambiamento climatico ha modificato proprio questa corrente, rendendo l’Antartide vulnerabile alle acque più calde del resto dell’oceano. Di conseguenza, i ghiacci dell’Antartide hanno iniziato a sciogliersi.
Ci sono già state delle proposte per poter porre una fine allo scioglimento dei ghiacciai anche in questo contesto geografico. L’idea è quella di proteggere i ghiacciai dall’acqua troppo calda con delle mura artificiali sottomarine, costruite da appositi robot. Queste mura, secondo le simulazioni al computer del team di Michael Wolovick, un ricercatore al Dipartimento di Scienze della Terra all’Università di Princeton, potrebbero effettivamente prevenire lo scioglimento dei ghiacciai. Secondo Slawek Tulacyzk, un professore di Scienze della Terra all’Università della California (Santa Cruz) ci troviamo di fronte ad una scelta: o prepararci a proteggere le nostre case dalle inondazioni oppure affrontare il problema alla fonte. Alternativamente alle mura sottomarine è stato anche proposto di pompare acqua fredda sotto lo strato glaciale per mantenere la temperatura ed impedirne lo scioglimento.
Per gestire questi progetti sarebbero necessarie ingenti quantità di denaro e una forte collaborazione internazionale. L’Antartide ad oggi è un territorio conteso tra molti Stati, nonostante il Trattato Antartico del 1959 lo sottragga almeno a livello ufficiale agli sfruttamenti economici e permetta solamente la ricerca scientifica. Ma anche nel caso in cui gli Stati collaborassero e le risorse finanziarie non rappresentassero un problema, la costruzione di progetti ingegneristici di tale portata comporterebbe un ulteriore dispendio di energia per l’ambiente. Per questo motivo vari scienziati si sono detti in disaccordo con i progetti e puntualizzano che gli investimenti fatti nel design di queste soluzioni ipertecnologiche andrebbero spesi per cercare di ridurre l’impatto ambientale tuttora in atto. Twila Moon, ricercatrice presso il National Snow and Ice Data Center in Colorado, sostiene che questi progetti non sono in alcun modo pensati per avere un impatto positivo su lungo termine. Sono solamente un palliativo che potrebbe avere un effetto positivo, ma di certo non duraturo.
Quando il ghiacciaio Thwaites sarà completamente sciolto, il livello dei mari sarà aumentato di 60 cm. Ma ormai tutti sanno che succederà: del resto il caso delle Isole Salomone nell’Oceano Pacifico ha raggiunto i media di tutto il mondo proprio perché rappresentativo di quello che accadrà tra un centinaio d’anni a livello globale. Considerando che il 10% della popolazione vive a meno di dieci metri sopra il livello del mare, come mai nessuna organizzazione internazionale si è spinta a finanziare progetti per fare in modo che i centri abitati costieri possano convivere con un oceano che sarà senza dubbio più alto? A livello locale uno degli esempi più famosi è quello di Miami. La città si è vista costretta ad adottare una Sea Level Rise Strategy (Strategia per l’Innalzamento del Livello dei Mari) che studia un modo per poter convivere con il mare piuttosto che per fermarlo.
Il climatologo Luca Mercalli ha affermato che «i ghiacciai sono il termometro naturale del pianeta». Dalle enormi distese di ghiaccio dipendono le risorse idriche, l’equilibrio degli oceani, la mitigazione del clima e le emissioni di gas serra. Ma non è più necessario portare avanti un bombardamento mediatico sull’imminente collasso climatico: la gente sa cosa sta succedendo. Più che collasso climatico si dovrebbe parlare di collasso politico. Il cambiamento climatico è forse l’unico fattore che necessita soluzioni politiche pensate per il futuro: ciò che si sceglie oggi condizionerà la vita degli esseri umani tra 100 anni. Sicuramente l’appeal di questo discorso per un programma elettorale è basso, ma è necessario portare nei programmi politici il futuro reale che tutti cerchiamo di non guardare. Il nostro futuro dipende dai ghiacciai e quindi dalle scelte (politiche e non) del presente.
Lucia Bertoldini