Bolivia, la risacca del MAS post-Morales guidato da Arce travolge il golpe
Fonte: newsnotizie.it

Secondo un proverbio indigeno, le Ande della Bolivia sono il punto del creato più lontano dal mare ma più vicino al cielo. Il paese dell’altipiano è stato anche prossimo a scivolare nelle secche di una guerra civile e di una sospensione della democrazia ad opera di potentati affaristici e politici. Mentre lo spoglio delle ultime elezioni presidenziali proseguiva con placidità esasperante, questo rischio pare essere stato scongiurato. Il ritiro definitivo dell’onda rosa progressista latino-americana anche in Bolivia sembrava inevitabile con la destituzione dell’ex presidente Evo Morales e la “reazione” delle forze conservatrici, tesa a restaurare lo status quo antem. Invece, la presidenza ad-interim di Jeanine Áñez si è rivelata un frangiflutti che ha consentito la formidabile risacca del MAS (Movimiento al Socialismo), ora guidato da Luis Arce.

Verso il socialismo: l’eredità di Evo Morales

La Bolivia era considerato il paese più povero delle Americhe, con fortissime disuguaglianze sistemiche riconducibili alla divisione in classi risalente al retaggio coloniale spagnolo, relative soprattutto all’appartenenza etnica (per circa il 75% indigena e/o meticcia), con un quadro morfologico scarsamente favorevole agli insediamenti umani e alle infrastrutture e con prospettive di crescita economica e rilancio deprimenti, nonostante l’abbondanza di risorse energetiche e di metalli preziosi. Ma il sottosviluppo non era un destino, o quantomeno smise di esserlo quando un sindacalista amerindo e cocalero di umilissime origini, si candidò per la prima volta alla presidenza nel 2005. Si trattava di Evo Morales.

A seguito di un ventennio insanguinato da un violento regime militare filo-americano, squadrista e segregazionista, coalizioni di destra più “presentabili”, ma guidate da personaggi espressione degli stessi settori che avevano appoggiato la dittatura, hanno governato la Bolivia dagli anni ’90, rispondendo con austerity e privatizzazioni alle crisi economiche legata ai cicli dei prezzi delle materie prime da esportazione e alle fluttuazioni nelle rendite dell’agricoltura di sussistenza. Dopo decenni di politiche economiche neoliberiste, le rivolte identitarie indigene, sopite dalla brutalità delle armi ma mai davvero risolte, si saldano conseguentemente con le richieste di garanzie pubbliche e di investimenti promosse da movimenti e sindacati della sinistra.

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Fonte: boliviadiary.worldpress.com / Dario Kenner

Il MAS, fondato e guidato da Morales, poteva essere annoverato tra questi soggetti politici: a cavallo del nuovo millennio, quando la proposta di privatizzazione dell’acqua e di regimi fiscali ulteriormente favorevoli ai capitali stranieri esacerbano il clima sociale a tal punto da rendere incontrollabili le proteste, il “Movimento per il Socialismo” ha saputo intestarsi le battaglie degli amerindi e le rivendicazioni socio-economiche, riconvertendole in voti per trionfare alle elezioni, sospinto anche dalla marea rossa della Sinistra latino-americana. La sua azione di governo si sarebbe mossa seguendo un’elaborazione pragmatica ma senza deroghe valoriali del cosiddetto socialismo del XXI secolo: pur nel contesto generale dei principi del libero mercato, Morales ha accresciuto il ruolo dello stato in economia, incrementando la tassazione sui profitti e sulle rendite delle grandi compagnie autoctone o internazionali e accrescendo la facoltà di arbitraggio nell’indirizzo di politica economica, anche in relazione alle potenti industrie estrattive.

Tutto ciò per rendere realizzabili le ambiziose politiche di redistribuzione della ricchezza e finanziare programmi sociali di ogni genere, infrastrutture, welfare e occupazione, sottraendosi alla dipendenza dagli istituti di credito internazionali, ma anche senza ricorrere alle nazionalizzazioni. Un esempio eloquente: le società straniere che detenevano i diritti di estrazione dai floridi giacimenti di gas naturale del paese versavano contributi al governo solo per 18% dei loro profitti; Morales ne ha invertito la proporzione, consentendo alla Bolivia di riceve l’82% dei proventi. I risultati economici (portati avanti anche dallo stesso Arce, due volte ministro delle finanze) sono stati portentosi, così come i benefici diretti per la popolazione: dal 2006 al 2019, il PIL della Bolivia è cresciuto in media del +5% annuo secondo i dati della World Bank, mentre il redito pro capite si quadruplicava e la povertà estrema passava dal 38% al 18%.

La reazione di Jeanine Áñez

Nonostante i progressi macro-economici e sociali, la Bolivia non ha evitato la recrudescenza delle forze conservatrici, emersa anche a causa delle contraddizioni del modello di sviluppo della sinistra sud-americana, da Maduro a Lula, che hanno comportato sconfitte politiche che hanno prosciugato la marea rossa quasi ovunque nel continente.

La collocazione internazionale del paese guidato dal MAS, orgogliosamente avverso al Washington Consensus e vicino a Cuba e Venezuela del gruppo ALBA (“alternativa bolivariana per le Americhe”), ha suscitato l’ostilità degli Stati Uniti verso il governo Morales, già motivata dalla compromissione di importanti interessi economici nel settore delle risorse energetiche a causa dell’agenda politica del presidente indio. Le misure economiche e il coinvolgimento delle comunità indigene nell’amministrazione del paese avevano del resto sempre suscitato la contrarietà delle élite bianche, che negli anni di governo Morales piuttosto che affievolirsi si era invece radicalizzata: integralisti religiosi, suprematisti della razza e para-fascisti nostalgici della dittatura hanno carsicamente dominato il campo dell’opposizione, aspettando il momento propizio per concretizzare un cambiamento ai vertici del paese, a qualunque costo e con il supporto degli americani.

Ma l’occasione feconda, si sarebbe concretizzata anche a causa di una sopraggiunta incomunicabilità tra Morales e la sua base elettorale, scaturita da dinamiche fin troppo consolidate nella prassi degli esperimenti di socialismo latino: una tendenza all’occupazione delle istituzioni in senso personalistico e populistico, accompagnati dai fenomeni di corruzione che essa comporta. Proprio mentre l’attivismo del MAS delle origini si istituzionalizzava, contestualmente all’ostracizzazione strumentale di stampa critica e opposizione e alla propensione all’affarismo attento alle necessità di una classe media in espansione, il presidente uscente ha scelto di combattere una incomprensibile diatriba istituzionale per la candidatura ad un quarto mandato, proibita dalla Costituzione e bocciata da un referendum nel 2016, ma ottenuta attraverso un parere del Tribunale Supremo, vicino agli organi di governo.

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Fonte: economist.com

Arriviamo così al Novembre 2019, quando si celebrano elezioni presidenziali che incoronano nuovamente Morales, ma con un margine assai più risicato rispetto alle tornate elettorali precedenti. L’opposizione ha gioco facile nell’evocare brogli e irregolarità orchestrati dal MAS per la bulimia di potere del presidente uscente: il governo viene costretto alle dimissioni dalla copiosa mobilitazione delle piazze, per la prima volta di colore avverso, la violenza politica imperversa nel paese, e l’ammutinamento delle forze armate costringe Morales, sotto più o meno esplicita minaccia, all’esilio. Si insedia un esecutivo ad interim guidato dalla vice-presidente del Senato Jeanine Áñez, diretta emanazione dell’autoritarismo conservatore e guidata dallo stato maggiore dell’esercito, supportato dalla longa manus americana. La Presidente, che ha giurato circondata dai militari e brandendo una Bibbia, è stata immediatamente riconosciuta come capo di Stato legittimo dagli Stati Uniti e dalle cancellerie occidentali.

L’azione del governo golpista di Áñez, condotta esclusivamente attraverso lo strumento legislativo del decreto, si è concentrata quasi esclusivamente sulla salvaguardia penale dei reati perpetrati dall’esercito durante l’insurrezione e sull’annientamento politico del MAS con ogni mezzo possibile, in vista di nuove elezioni presidenziali posticipate al 2020: investigazioni patrimoniali, sequestri e retate colpiscono politici e amministratori affiliati al movimento e le loro famiglie, in un clima da guerra civile che aveva di fatto sospeso la democrazia in Bolivia. La repressione reazionaria, che credeva di cancellare anni di progresso socio-economico con la forza delle armi, ha però avuto le gambe corte, nonché scarsa lungimiranza.

Morales, accusato di sedizione e terrorismo, non ha potuto candidarsi, ma il tentativo di inabilitazione totale del MAS tramite la coercizione legale o le minacce armate è miseramente fallito. Nel frattempo, in pochi mesi, l’esecutivo Áñez è stato coinvolto in una serie di scandali, legati a corruzione, nepotismo e gestione della pandemia Covid-19, comprovando un’inadeguatezza lampante nella guida del paese, mossa solo dal rancore politico.

I numeri del trionfo di Arce e il futuro della Bolivia

Dopo settimane burrascose, è finalmente giunto l’appuntamento della Bolivia con le urne, seguita dagli osservatori internazionali accorsi per assicurare un corretto svolgimento del processo democratico (tra le delegazioni, anche quella di Progressive International). Le presidenziali sono state segnate da un clima politico assai difficile da decifrare, fino alla vigilia, con sondaggi e rilevazioni che davano il MAS in vantaggio ma non in modo consistente, contro una destra divisa tra moderati e radicali. Minacce e intimidazioni si sono susseguite anche a ridosso della giornata elettorale.

Il candidato del Movimento per il Socialismo e fidato collaboratore di Morales, Luis Arce, avrebbe superato il 52% dei suffragi, scongiurando anche un insidioso secondo turno elettorale, e superando i principali avversari di oltre 20 punti: Carlos Mesa si ferma al 31% e Fernando Camacho, animatore delle proteste anti-Morales e riferimento politico di Áñez, al 14%. Un risultato che nessuno aveva saputo prevedere, ma che posa sulla fecondità di un’esperienza politica non riassumibile in una candidatura o in una leadership personalistica.

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Al centro, il presidente eletto del MAS, Luis Arce. Fonte: thehindu.com

La formula “gracias Evo, pero que descanse” riassume il senso politico dell’ultima travagliata stagione: avesse ascoltato le voci critiche, Morales avrebbe impedito alle destre di organizzarsi per mettere a repentaglio la democrazia in Bolivia. D’altra parte, è impossibile non riconoscere che ciò che egli ha seminato in 14 anni è germogliato rigogliosamente, sopravvivendogli: l’esperimento di governo del MAS, a partire dai progetti di giustizia sociale e della mobilitazione partecipativa, ha saputo resistere alle intemperie soffocando, scheda in pugno e senza appello, la reazione golpista di una destra impreparata, seppur feroce e pericolosa. Ha conseguito questo ultimo successo perché l’alternativa al neoliberismo, il pluralismo inclusivo e la paziente attività di governo si sono sedimentate con spontanea fecondità nelle coscienze sociali, costruendo legami duraturi e biunivoci e andando ben oltre la guida, sempre fallace, dell’uomo solo al comando.

Dalla Bolivia arriva una lezione di prassi e orizzonte per tutte le Sinistre, con valenza a tutte le latitudini e retroattiva per il passato e per il presente, che ricorda da vicino la parabola del Cile di Allende, stavolta dagli esiti felicemente differenti. Ma anche una testimonianza preziosa del fatto che il socialismo non è riducibile allo stigma dell’autocrazia populista con economia pianificata, ma è molto di più: progresso collettivo. Infine, un monito: ad ogni onda segue una risacca, quando la società si mobilita e quando si è in grado di mobilitare la società.

Luigi Iannone

Luigi Iannone
Classe '93, salernitano, cittadino del mondo. Laureato in "Scienze Politiche e Relazioni Internazionali" e "Comunicazione Pubblica, Sociale e Politica". Ateo, idealista e comunista convinto, da quando riesca a ricordare. Appassionato di politica e attualità, culture straniere, gastronomia, cinema, videogames, serie TV e musica. Curioso fino al midollo e quindi, naturalmente, tuttologo prestato alla scrittura.

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