Stop global worming: prezzo sulle emissioni di CO2 contro i climate change
Credit. Stopglobalworming.eu

27 premi nobel e 5.227 scienziati sostengono l’iniziativa di Stopglobalwarming.eu per combattere il climate change chiedendo di introdurre un prezzo minimo sulle emissioni di CO2, partendo da 50 EUR per tonnellata di CO2 dal 2020 fino a 100 EUR entro il 2025. Molto più di una semplice raccolta firme, l’ECI (European Citizens Initiative) infatti, è uno strumento di democrazia partecipativa che consente di permeare l’Europa suggerendo cambiamenti legali concreti.

«Chiediamo alla Commissione europea di proporre una normativa dell’UE che scoraggi il consumo di combustibili fossili», si legge sulla pagina ufficiale dell’iniziativa. La proposta, che mira anche ad abolire il vigente sistema di quote di emissione di CO2 gratuite per chi inquina introducendo un adeguamento alle importazioni da Paesi esteri, è stata lanciata da Monica Frassoni assieme al movimento europeista Eumans! guidato da Marco Cappato e sostenuta da 27 premi Nobel.

Marco Cappato, politico e attivista italiano, è l’ideatore dell’iniziativa Stop Global Warming, assieme a Monica Frassoni, politica italiana di spicco nel Parlamento europeo per la lotta ambientalista.

L’idea base di questo progetto è che la crisi causata dal Coronavirus debba essere vista e colta come un’opportunità per invertire la rotta verso prospettive veramente green, che permettano di affrontare responsabilmente le sfide future, prima tra tutti, quella del riscaldamento globale, delle emissioni di CO2 e del climate change.

Abbiamo intervistato Monica Frassoni che ci ha spiegato il funzionamento dell’iniziativa che chiede di mettere un prezzo sulle emissioni di CO2, creata grazie a uno strumento fondamentale di democrazia partecipativa quale l’European Citizens Initiative.

Stopglobalwarming.eu: un prezzo sulle emissioni di CO2 contro il climate change
Credit: lettera43.it

Se dovesse descrivere l’iniziativa con uno slogan, quale sarebbe?

«Carbon Pricing: la tassa bellissima »

Come, quando e perché è nata l’idea?

«L’idea non è nuova, già negli anni Novanta la Commissione Delors aveva lanciato la proposta di una Carbon Tax, che approvata dal Parlamento europeo fu successivamente affossata dai governi. Oggi però c’è maggiore consapevolezza della necessità di cambiare il nostro modello economico e uscire dalla dipendenza dei fossili.»

È chiaro come l’Accordo di Parigi sia ormai obsoleto e ancora più chiaro è il fatto che per mantenere la temperatura media globale entro il limite di 1,5 C° abbiamo bisogno di azioni ben più repentine. Una situazione che mette nero su bianco l’inefficacia ed il fallimento politico nella lotta al climate change.

L’iniziativa sostiene la riduzione delle emissioni di CO2, principale causa del riscaldamento globale e del cambiamento climatico, spostando le tasse dalle persone all’ambiente. Sostanzialmente, chi emette una determinata quantità di emissioni di CO2 dovrebbe pagare un prezzo commisurato alle tonnellate emesse, che potrebbe poi andare a beneficio dei lavoratori i quali si vedrebbero ridotte le tasse in busta paga.

Ritiene che lo strumento della ECI, soprattutto in un momento in cui non si può scendere in piazza, sia uno strumento efficace? E che i cittadini ne comprendano l’importanza?

«La ECI è uno strumento imperfetto, ma proprio nel momento in cui non si può scendere in piazza permette comunque di raccogliere e rendere visibile l’opinione di tanti cittadini e cittadine. Oggi è ancor più semplice da spiegare: far pagare il dovuto prezzo a chi inquina e ci rende più vulnerabili alle pandemie.»

​È un’iniziativa sostenuta da 27 premi Nobel e da molti personaggi famosi del panorama italiano, ma non da Greta Thunberg. Cosa ne pensa?

«Greta Thunberg ha un ruolo di traino e simbolico: sostiene l’idea di uscire dalla dipendenza dai fossili. Ma un’iniziativa per essere legittima non ha bisogno di essere sostenuta esplicitamente da lei. Peraltro i FFF hanno espresso in più occasioni il loro sostegno a una Carbon tax; i FFF tedeschi hanno, per esempio, proposto di far pagare un prezzo pari a circa 180 EUR per tonnellata.»

E cosa pensa del movimento Fridays For Future?

«Che è molto prezioso: avere così tanti giovani, e meno giovani, coinvolti e mobilitati non su proposte generiche ma su precise urgenze che si basano su solidi argomenti scientifici è fondamentale. La sfida più grande per loro è mantenere alta l’attenzione sui cambiamenti climatici nonostante il COVID-19; da sole, la politica e perfino l’economia non ci riusciranno.»

Stop global worming: prezzo sulle emissioni di CO2 contro i climate change
Credit: globalproject.info

Ritiene che i cittadini siano consapevoli dei cambiamenti climatici e dei danni relativi alle emissioni di CO2? Ed i governi?

«Si; ma non c’è ancora dappertutto la consapevolezza dell’urgenza di agire subito, e del fatto che sia possibile “fare verde” senza diminuire il livello di vita e di confort o andare sul lastrico. Dimostrare concretamente che invece è possibile e necessario è la più grande responsabilità di chi opera e sostiene il “green” contro i climate change. Quanto ai governi, se si inizierà a fare loro perdere o vincere le elezioni a seconda di cosa dicono e cosa fanno rispetto alla salute e ai cambiamenti climatici capiranno più facilmente.»

​La vostra proposta è, sostanzialmente, quella di istituire una Carbon Tax, ma qual è l’innovazione rispetto a precedenti proposte?

«Direi che rispetto alle altre proposte di far pagare un prezzo commisurato alle emissioni di CO2, si spinga molto su come questa tassa europea debba essere utilizzata. Prima l’idea era che andasse a bilancio, nazionale o europeo; noi invece proponiamo di predeterminare dove questi fondi debbano andare, e cioè a sostegno del Green Deal e a ridurre le diseguaglianze.»

Un’iniziativa quindi, volta a contrastare i cambiamenti climatici e basata sul principio del chi inquina paga, un principio ormai vecchio anche negli studi della stessa economia ambientale ma sempre applicato, fino ad oggi, con troppa cautela.

Ridurre le emissioni di CO2 per sopperire ai disastri derivati dal climate change è sempre stato, sin da prima degli Accordi di Parigi, un obiettivo che tutti i Paesi europei si sono prefissati ma che, a causa di politiche fallimentari, non hanno mai raggiunto. Oggi però, a causa della situazione emergenziale provocata dalla pandemia, siamo di fronte ad un bivio che deve spingerci verso una prospettiva verde post COVID-19. Abbiamo quindi bisogno di una urgente attuazione del Green Deal europeo affinché si azzerino le emissioni di CO2 nette entro il 2050.

L’obiettivo è quello di raggiungere un milione di firme entro il prossimo 20 luglio, avete già un’idea di ciò che accadrà dopo?

«Certo: vogliamo che diventi una proposta legislativa che sia coerente con il Green Deal, si inserisca perfettamente nella discussione su come trovare le immense risorse per rispondere alla tragedia del COVID-19, e sia realmente semplice da mettere in funzione. Un tale sostegno popolare poi, ci permetterebbe di essere più presenti nel dibattito, che sta diventando sempre più visibile, sul fatto che l’Ue debba essere riformata e i suoi strumenti notevolmente rafforzati per rispodnere a crisi epocali come l’attuale emergenza e il climate change.»

È proprio questa l’idea base dell’iniziativa Stop Global Warming, l’unica raccolta firme che prevede una vera e propria proposta legislativa da portare di fronte alla Commissione europea. Uno strumento efficace per proteggere l’ambiente dalle emissioni di CO2 e tutelare contemporaneamente l’economia.

I timidi risultati raggiunti, in seno ai cambiamenti climatici, sono stati chiaramente smascherati dalla pandemia che pare già essere diventata una scusa per fare marcia indietro sull’ambiente. Non si può però contrapporre all’emergenza sanitaria ed economica quella ambientale, giustificando scelte per niente ecosostenibili. Per questo, nel panorama incerto e preoccupante in cui ci troviamo oggi, l’iniziativa Stop Global Warming è un’occasione che non possiamo lasciarci sfuggire.

Martina Guadalti

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