Salvini elezioni europee Movimento Cinque Stelle Lega
Fonte: ANSA/ANGELO CARCONI

Il 26 maggio la Lega ha superato il 34% alle elezioni europee, doppiando il Movimento Cinque Stelle. La differenza tra le campagne elettorali di Salvini e Di Maio spiega il risultato.

Parliamo ancora di elezioni europee? Sì, ma questa volta lasciamo perdere le proiezioni sui gruppi del nuovo Parlamento di Bruxelles, la non-vittoria dei sovranisti europei, l’onda verde che arriva un po’ ovunque meno che da noi, e altri temi su cui si sono concentrate molte analisi del voto del 26 maggio. Limitiamoci alla brutalità del dato, all’impressione che tutti hanno avuto fin dai primi exit poll: la Lega di Salvini ha stravinto, il Movimento Cinque Stelle di Di Maio ha straperso.

Facciamo un passo indietro di una decina d’anni. Nel 2010 il filosofo francese Bernard Manin ha descritto il cambio di passo tra XX e XXI secolo, in politica, come il passaggio da una «democrazia dei partiti» a una «democrazia del pubblico». Nella prima si affermò la cosiddetta partitocrazia, un sistema di rappresentanza nel quale i partiti erano i principali centri di potere e soggetti politici. Nella seconda, invece, il partito non scompare ma si sposta alla periferia del discorso pubblico, a fare da scudo ai veri nuovi protagonisti della res publica: i leader. Cosa c’entra questo excursus di filosofia politica con il voto delle elezioni europee? Più di quanto sembri.

Salvini versus Movimento: vittoria di leader, sconfitta di partito

Il 26 maggio, infatti, ha vinto un leader e ha perso un partito. Salvini a questo giro ha dominato nei media con una propaganda incentrata su un tema solo: se stesso. Nei mesi precedenti al voto ogni scontro di governo si è tradotto in uno scontro tra Salvini e questo o quell’esponente pentastellato. Certo, la figura principale del Movimento dovrebbe essere una, il vicepremier Luigi Di Maio, ma in realtà il Ministro dell’Interno si è scagliato senza soluzione di continuità contro deputati, senatori e ministri grillini a seconda dell’occasione.

Al contrario, il Movimento Cinque Stelle ha preferito incentrare la propria propaganda in vista delle europee su alcuni punti programmatici che sono passati decisamente in secondo piano, a voler esser cauti con i giudizi. I Cinque Stelle – e Di Maio su tutti – sono stati trascinati a combattere una battaglia con l’alleato di governo in un momento nel quale avevano tutto da perdere da uno scontro in campo aperto di questo tipo. E, infatti, hanno perso (quasi) tutto.

Scurdammoce ‘o passato

Cambiamo prospettiva, ma solo apparentemente. In molti si chiedono come facciano i meridionali a votare Lega. È una domanda lecita, ce la siamo fatta anche noi. Ma la domanda, forse, è mal posta. I meridionali non votano Lega, votano Salvini. Anzi, votano un certo Salvini, quello 2.0 o 3.0 a seconda delle versioni, che ha totalmente rinnegato se stesso e la storia del suo partito. Che poi pezzi da novanta della Lega Nord per la fu indipendenza della Padania facciano ancora parte della nuova Lega a vocazione nazionale sembra essere irrilevante per chi vota Salvini venendo da sotto il Po.

Questo dimostra ulteriormente come ogni vittoria della Lega sia quasi interamente una vittoria del suo leader, un leader tanto concreto per la sua vicinanza apparente al popolo quanto astratto rispetto alla propria storia personale e politica.

Numeri a confronto: le spese sui social

Le analisi politologiche non vi convincono? Passiamo ai dati concreti. Certo, i media tradizionali (giornali, TV, radio) si possono indirizzare verso un certo tipo di tematiche gradite al partito tramite una propaganda mirata. Così ha fatto Salvini insistendo su ogni schermo sul tema della cannabis legale, che poco aveva a che fare con l’Europa. L’ambito nel quale un soggetto politico esercita un controllo totale, però, è quello dei social network. E qui le scelte di Lega e Movimento Cinque Stelle non potrebbero essere più diverse.

Prendiamo Facebook, che rende pubblici i dati sulla spesa totale sostenuta dalle pagine per le inserzioni di natura politica. Salvini ha speso quasi 130.000 euro per pubblicizzare i propri post nel periodo che va da marzo al 26 maggio. Quanto ha speso Di Maio nello stesso periodo? Zero euro. Osservando le pagine di partito il discorso si inverte: neanche un centesimo per la Lega, 50.000 euro per il Movimento.

La strategia vincente della Lega può essere bistrattata da un piccolo partito che mira a raggiungere i propri obiettivi con la sola forza del proprio programma, ma non dall’ormai ex primo partito italiano. Se Gaber lamentava l’impossibilità di mangiare le idee in un’epoca in cui erano quelle a portare i politici al potere, il Movimento non riesce più nemmeno a farle votare. E con la retorica tanto romantica quanto anacronistica delle idee prima del leader ha perso metà dei suoi elettori.

Davide Saracino

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