Kanye West, da genio in musica a somaro in politica
Kanye West for President! Ma anche no...Fonte: orwell.live / Via NSS Mag

La carriera di Kanye West è una di quelle che giustificherebbero una certa ipertrofia dell’ego, e che ne implica tristemente gli esiti: La fulminante carriera musicale, l’incisione di dischi che hanno fatto la storia dell’hip-hop e del pop-rap e non solo, la carriera nella moda e nello show business, ed infine il sostegno a Donald J. Trump, e infine l’annuncio di una improbabile candidatura alle presidenziali americane 2020. Ecco come la sua parabola è culminata in quella che definire l’acme tragicomica della “politica dello spettacolo” sarebbe forse riduttivo.

Kanye West, eccezionale genio della musica

Il nome “Kanye”, è traducibile, secondo lo stesso rapper, con “prescelto”. Che si possa credere o meno alla predestinazione, la carriera artistica di West è stata fulminante e non ha conosciuto battute d’arresto. Nato nel 1977 da una professoressa universitaria e da un ex-pantera nera, afroamericano della classe media, fin dalla prima infanzia dimostra predisposizione per le arti, e compone la sua prima canzone rap a soli tredici anni. Incoraggiato dalla madre, nell’adolescenza si risolverà, precocemente, a vendere musica ad altri artisti, ed entrerà in contatto con produttori discografici e DJ. Frequenta l’American Academy Of Art e si iscrive alla Chicago State University, ma abbandona gli studi per seguire la sua vocazione: dopo diversi anni da produttore discografico di successo, incide il suo primo album, The College Dropout (2004), lanciato dai singoli Through the Wire e Slow Jamz. Il disco è un successo strepitoso di critica e pubblico: le sonorità rap, pop, hip hop e chipmunk soul gli sono valsi un triple platinum e un Grammy. Il suo secondo e terzo lavoro, rispettivamente Late Registration (2005) e Graduation (2007), ottengono un riscontro commerciale anche maggiore, e certificano il perfezionismo, la volontà di sperimentare e di sincretizzare stili e strumenti musicali (dalle orchestre, al rock progressivo, fino alla musica elettronica), e le qualità di compositore, scrittore e interprete sagace, sensibile e brillante, lontano dal modello hardcore-gangster. Kanye West è ormai una stella della musica di rilevanza internazionale.

La tragica scomparsa della madre Donda alla fine del 2007, a cui era estremamente legato, condiziona la sua carriera in modo imprevisto. 808s & Heartbreak (2008), dedicato alla madre e segnato dai temi della perdita e dell’angoscia (vedi il singolo Love Lockdown), segna il definitivo superamento dell’hip-hop convenzionale e l’approdo ad un minimalismo sonoro synth-electro pop profondamente innovativo, che approfondirà nei lavori successivi, seguiti alla pausa auto-imposta per l’incidente da temperamento “eccessivo” agli MTV Music Awards 2009 (si, proprio l’episodio per il quale il presidente americano Barack Obama lo apostrofò come “somaro”). Dopo un’effimera avventura nelle arti figurative, My Beautiful Dark Twisted Fantasy (2010) irrompe sulla scena musicale: dal minimalismo si passa al massimalismo (è A+ oppure F-, parola di Kanye West), con arrangiamenti sontuosi e scenici e testi legati all’eccesso e alla celebrità: basti solo sottolineare che per il videoclip del singolo Runaway, si opterà per un film di 35 minuti, diretto e interpretato dallo stesso Kanye West. Per questo progetto, anch’esso di grande successo, brillano inoltre le collaborazioni con altre star del calibro di Jay-Z e di Bon Iver. Proprio grazie al sodalizio artistico con Jay-Z, prende forma Watch the Throne (2011), uno dei primi grandi successi dell’era digitale della musica.

Kanye West
Fonte: goliath.com / myk104.com

Il livello di sperimentazione raggiunge nuovi traguardi con il complesso e ambizioso Yeezus (2013), realizzato con la collaborazione, tra gli altri, di Travis Scott e Daft Punk, non collocabile da un punto di vista dei generi musicali, è acclamato come uno dei lavori più “sovversivi” della carriera del poliedrico musicista e performer. In questo periodo, Kanye West conosce una notorietà nel mondo dello spettacolo e della pop-culture senza precedenti, che oltrepassa i confini, percepiti come claustrofobici, della musica: tra incursioni in film, serie tv e libri, collabora con Adidas ad una linea di moda di incredibile impatto (Yeezy Boost sneakers e Shutter Shades glasses), si esibisce nell’acclamatissima performance live di FourFiveSeconds con Rihanna e Paul McCartney, e sposa in una sontuosa cerimonia a Firenze la diva e influencer Kim Kardashian, “famosa per essere famosa”, dalla cui unione scaturirà il sodalizio mediatico “Kimye” e quattro figli, due dei quali tramite madre surrogata.

Da questo frangente in poi, si parlerà di lui più per il gossip e per le polemiche relative alle controverse esternazioni politiche (dalle donne, all’antisemitismo, fino alla schiavitù come responsabilità soprattutto della volontà dei neri) che per la carriera di musicista. Il tour di promozione del disco The Life of Pablo (2016), rimandato più volte e sottoposto a diverse variazioni creative, viene interrotto a causa di tracollo psicotico, primo segnale di una fragilità psicologica che ancora oggi desta preoccupazioni circa la sua salute mentale, e che sarebbe sfociata clinicamente in disturbo bipolare (che il cantante definirà “superpotere”) e in vero e proprio delirio di onnipotenza. Dopo 11 mesi di pausa dalle scene mediatiche, Kanye West tornerà ad incidere musica e ad esprimere opinioni, con un nome diverso.

“Ye”, pericoloso somaro in politica

Si tratta di “Ye”, titolo anche del potentissimo album omonimo del 2018, incentrato proprio sulla psiche dell’artista. Ye è la parola più usata nella Bibbia, di cui West non ha mai fatto mistero di essere assiduo lettore, e si traduce con “tu”, “te stesso”. In preda ad un certo furore messianico, The Artist formely known as Kanye intende quindi stabilire un contatto diretto tra sé stesso e il suo pubblico, per veicolare messaggi di salvezza e redenzione. Il capovolgimento anagrafico segna anche l’adesione ad un’interpretazione del messaggio cristiano dai toni sempre maggiormente militanti, intransigenti e controversi, che si è tradotto in simmetrie e considerazioni politiche più che sconcertanti. Con una visita alla Casa Bianca nel 2018 esprime il suo supporto a Donald Trump, «quanto più siamo stati vicini a riportare Dio nella conversazione», ma il 5 luglio scorso, travolto da un’epifania mistica, decide di farsi carico egli stesso del fardello divino di “rendere di nuovo l’America grande”. Con le parole del Tweet della sua discesa in campo (realizzare la promessa di unire l’America con la fede in Dio, unire la nostra visione e costruire il nostro futuro), concretizza la sua candidatura alla presidenza per le imminenti elezioni del 2020, con il sostegno della moglie, di Elon Musk, e secondo Ye dello stesso Onnipotente, anche se quest’ultimo endorsement, capirete, è di difficile riscontro.

In una delirante intervista a Forbes, il fu Kanye West ha sostenuto di essere guarito dal Covid-19 grazie alle preghiere, che i vaccini sono un marchio bestiale e aprono la strada ai microchip, ha espresso la sua contrarietà categorica alla libertà sull’aborto e il suo sostegno alle armi, ha lamentato di aver subito episodi di “eterofobia”, ha rimarcato quanto a suo avviso le battaglie femministe e anti-razziste siano pretestuosi artifici del politically correct, condendo il tutto con farneticazioni religiose di ogni tipo (alcune delle quali in rime). Il programma politico del suo futuro Birthday Party? Semplicemente divertirsi e abbracciare i valori della vita, garantendo a chiunque 40 acri di terra e un mulo.

Fonte: thebutcherbilly, Instagram

Trovata pubblicitaria, provocazione di pessimo gusto, megalomania narcisistica, postumi di una nuova crisi psico-patologica? Ad ogni modo, sarà consolante notare che la corsa presidenziale di “Ye” Kanye West sarà praticamente persa in partenza: nessun modulo alla FEC (Federal Election Commission) è stato finora spedito, e, salvo una raccolto di firme in tempi record, non potrà neppure correre da indipendente. Piuttosto sarà un “write-in candidate”, eleggibile solo scrivendone e contrassegnandone il nome manualmente sulla scheda. Con una campagna dagli accenti meno surreali e farseschi, potrebbe tuttavia strappare qualche voto della comunità afroamericana a Joe Biden, definito da West “suprematista bianco” per via di alcune dichiarazione.

Non è invece nient’affatto consolatorio, anzi inconsolabilmente angosciante, constatare quanto ancora può essere profondo l’abisso dell’anti-politica spettacolarizzata, populista e personalistica, contraccolpo di una società nella quale chi detiene ingenti ricchezze e capitale mediale si arroga il diritto, e sente quasi il dovere, di concorrere alle cariche pubbliche per autolegittimarsi e nutrire la propria smisurata egomania, per spostare oltre il limite delle proprie ambizioni. Così, “Kanye, il prescelto”, un artista talentuoso e rivoluzionario, diventaYe”, ossia tu, noi, e dunque lo spirito hegeliano del tempo: un sicofante inconsapevole e macchiettistico dell’estrema destra, che farebbe rimpiangere addirittura Trump. Make Kanye West Great Again.

Luigi Iannone

Luigi Iannone
Classe '93, salernitano, cittadino del mondo. Laureato in "Scienze Politiche e Relazioni Internazionali" e "Comunicazione Pubblica, Sociale e Politica". Ateo, idealista e comunista convinto, da quando riesca a ricordare. Appassionato di politica e attualità, culture straniere, gastronomia, cinema, videogames, serie TV e musica. Curioso fino al midollo e quindi, naturalmente, tuttologo prestato alla scrittura.

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