Leggi sull'aborto negli Stati Uniti: l’onda antiabortista e lo spettro di resistenza
Copyright: Elijah Nouvelage/Getty Images

Il dibattito sull’aborto, in questo 2019, non ha interessato soltanto l’Italia, ma anche gli Stati Uniti, apparentemente travolti dalla stessa ondata antiabortista e da una serie di discusse leggi sull’aborto. 

L’attenzione dei media si è soffermata in particolar modo sul caso dell’Alabama, dove a maggio è stato approvato un disegno di legge che rende l’aborto quasi completamente illegale. Il caso dell’Alabama non è tuttavia isolato: altri cinque Stati (Georgia, Ohio, Kentucky, Mississippi e Missouri) hanno approvato leggi sull’aborto simili, chiamate Heartbeat bills, proprio perché vietano la pratica dal momento in cui il battito del feto risulta essere udibile (indicativamente, quindi, dopo le prime sei settimane di gestazione).

Cerchiamo ora di ricostruire un quadro completo della situazione legislativa statunitense in materia di aborto, analizzando in primo luogo due sentenze della Corte Suprema che costituiscono valida interpretazione delle norme costituzionali degli Stati Uniti, e soffermandoci poi sulle leggi sull’aborto emanate dai vari Stati Federati e sulla resistenza democratica all’onda antiabortista.

La legislazione federale degli Stati Uniti

Tutte le leggi sull’aborto nominate precedentemente (la legge in Alabama e gli heartbeat bills) non sono ancora entrate in vigore: alcune di esse sono state infatti bloccate davanti alle Corti d’Appello con l’accusa di non rispettare la Costituzione degli Stati Uniti; altre, ancora non effettive per motivi di tempo, con molta probabilità saranno analizzate a loro volta dalla Corte d’Appello per lo stesso motivo.

Ciò che rende possibile l’accusa di anticostituzionalità di alcune delle leggi approvate dagli Stati Federati (che limitano o vietano in toto l’aborto) sono due sentenze della Corte Suprema statunitense.

La prima e più importante è la sentenza Roe v. Wade del 1973, tramite cui, per la prima volta, il rapporto tra la legge statale e il diritto all’aborto è stato codificato e regolato, così come le circostanze in cui una donna può avere accesso allo stesso. Tale sentenza sostiene che la Costituzione degli Stati Uniti tuteli in ogni caso il diritto della donna all’aborto prima del momento in cui il feto sia considerato effettivamente vitale.

Tradotto in tempistiche, diviso il periodo di gravidanza in tre trimestri, durante il primo è la donna e solo la donna a poter determinare se portare a termine o meno la gestazione. Durante il secondo trimestre, invece, anche lo Stato ha il potere di intervenire, regolando tramite delle leggi sull’aborto la procedura stessa, senza però renderla illegale. Dopo il secondo semestre il feto è completamente realizzato biologicamente e, in questo caso, lo Stato può proibire l’aborto nell’interesse della potenziale vita, a eccezione del caso in cui la vita o la salute della madre siano a rischio.

In seguito alla sentenza Roe v. Wade (sentenza, peraltro, molto contestata), quarantasei Stati hanno dovuto cambiare la legislatura interna sull’aborto.

Quasi vent’anni dopo, la Corte Suprema ha ripreso il tema con il caso Planned Parenthood v. Casey del 1992, riconfermando tre punti fondamentali della Roe:

  • le donne hanno il diritto all’aborto nei primi tre mesi di gestazione senza interferenza dello Stato;
  • lo Stato può intervenire dopo il primo trimestre;
  • lo Stato ha legittimo interesse a proteggere la salute della donna e la vita del feto.

Tutte le leggi sull’aborto che a livello statale violano tali sentenze possono essere portate davanti alle Corti d’Appello sotto accusa di incostituzionalità, cosa che più volte è accaduta. Laddove i casi non vengano risolti in Corte d’Appello, le leggi possono essere analizzate e discusse dalla Corte Suprema, che in questo caso ha la possibilità di prendere due distinte e opposte decisioni: dichiarare la legge sull’aborto non costituzionale oppure rivisitare le due sentenze discusse in precedenza.

Leggi sull'aborto Stati Uniti
Brett Kavanaugh – copyright: Reuters/ Jim Bourg

Vista l’ondata antiabortista che sta colpendo gli Stati Uniti, quest’ultima opzione sembra al momento la più probabile. I maggiori timori sono catalizzati intorno alla figura del neo-giudice della Corte Suprema Brett Kavanaugh, la cui nomina è stata, lo scorso anno, contornata da scandali e polemiche: accusato da due donne (la professoressa Christine Blaseu Ford dell’Università di Polo Alto e da Deborah Ramirez, che frequentò con Kavanaugh l’Università di Yale) di molestie sessuali, l’avvocato statunitense è stato comunque confermato come giudice della Corte Suprema, con enorme gioia del presidente Trump, che è riuscito così nel suo intento di spostare a destra gli equilibri della Corte stessa.

Pur non essendosi espresso esplicitamente in merito alla questione aborto, diversi elementi portano a pensare che Kavanaugh per primo possa spingere per la modifica delle due sentenze, qualora una delle leggi federali giunga, come probabile, davanti alla Corte Suprema.

Le leggi sull’aborto nei vari Stati Federati

Le leggi sull’aborto negli Stati Uniti variano da Stato Federato a Stato Federato. Le varie leggi regolamentano, in maniera diversa, dove e come praticare l’aborto, chi possa rifiutare la pratica e quali possano essere i finanziamenti.

Per quanto concerne quest’ultimo punto, soltanto 16 Stati su 50 usano fondi propri per finanziare la pratica, mentre 33 Stati, compreso il Distretto di Columbia, proibiscono l’uso di fondi statali. In un sistema come quello degli Stati Uniti dove la salute non è pubblica, ciò vuol dire che chiunque voglia accedere all’aborto dovrà pagare tutte le spese di tasca propria. Inoltre, sempre a discrezione del singolo Stato Federato è la copertura dell’aborto da parte di assicurazioni private: soltanto undici Stati lo consentono, e nella maggior parte dei casi le assicurazioni private coprono le spese soltanto nel caso in cui la vita della donna sia a rischio.

Nonostante quindi l’aborto sia al momento considerato legale negli Stati Uniti, le limitazioni alla pratica sono molte e variano da Stato a Stato: l’accesso non è garantito soprattutto alle fasce più povere della popolazione, che potrebbero non potersi permettere le spese mediche o quelle di trasporto. Inoltre, varie prassi di scoraggiamento sono previste da alcune legislazioni: sono ventisette, ad esempio, gli Stati che impongono alla paziente un periodo di attesa, di solito di 24 ore, tra quando sono ricevute presso la clinica specializzata e il momento dell’operazione. In ben 18 Stati, durante questo lasso di tempo, la paziente è sottoposta per legge a un iter informativo che include almeno una delle seguenti informazioni: l’incidenza tra aborto e cancro al seno; l’abilità del feto di provare dolore; le conseguenze a lungo termine sulla salute mentale della donna.

Stati Uniti aborto
Mappa degli Stati Uniti: in rosso gli stati che nel 2019 hanno adottato heartbeat bills e leggi sull’aborto che vietano la pratica- copyright: CNN and Guttmacher Institute

Già prima di questo anno, 13 leggi ( in Louisiana, Texas, Ohio, Indiana, Missouri, Arkansas, Alabama e Distretto di Columbia) hanno raggiungo le Corti d’Appello, con l’accusa di sfidare sia la sentenza Roe v. Wade che la sentenza Planned Parenthood v. Casey, e di essere quindi anticostituzionali: ognuna di queste leggi si trova quindi a un solo passo di distanza dalla Corte Suprema.

Oltre a queste, negli ultimi sei mesi sono state approvate:

  • la legge in Alabama, che vieta l’aborto a prescindere dallo stadio di gravidanza, senza nessuna eccezione né nel caso di violenza sessuale o incesto;
  • altre cinque leggi, chiamati appunto Heartbeat Bills, in Georgia, Ohio, Kentucky, Mississippi e Missouri.

Nessuna di queste leggi è già in vigore: la legge in Missouri lo sarà il 28 agosto di questo anno, quella in Alabama a novembre, quella in Georgia a gennaio 2020. È molto probabile, tuttavia, che tutte e tre queste leggi siano bloccate prima di diventare effettive, come già successo nel caso del Kentucky e del Mississippi.
Oltre a questi, altri sei Stati sembrano intenzionati a passare dei nuovi heartbeat bills: Florida, Louisiana, Illinois, South Carolina, Tennessee e West Virginia.

L’onda antiabortista sembra insomma espandersi a vista d’occhio, ecco perché il timore è che i nuovi ordinamenti abbiano l’obiettivo di spingere gli Stati Uniti verso un nuovo e più ampio cambiamento, che veda la Corte Suprema mettere in discussione le due citate sentenze fondamentali a garantire il diritto all’aborto.

La resistenza democratica all’onda antiabortista

Nonostante il quadro sembri piuttosto drammatico, esistono resistenze e reazioni all’onda antiabortista.
Innanzitutto è bene citare alcuni Stati Federati degli Stati Uniti baluardo della protezione del diritto all’aborto: la California, l’Oregon, lo Stato di Washington, il Maine, il Massachussets e il Maryland.

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Mappa degli Stati Uniti: Stati che hanno leggi sull’aborto che proteggono il diritto alla pratica – copyright: CNN and Guttmacher Institute

Grazie all’esito delle elezioni di metà mandato, che hanno visto diversi Stati diventare blu, due di questi potrebbero a breve aggiungersi alla lista degli Stati baluardo: da una parte il Nevada, diventato democratico per la prima volta dopo il 1994, dall’altra lo Stato di New York.

In Nevada, l’organizzazione NARAL pro-chioce Nevada sta infatti supportando a voce spiegata una legge che rimuova la penalizzazione dell’aborto (che, ad oggi, comporta fino a dieci anni di carcere per le donne che provano a mettere fine alla gravidanza). A fine maggio, inoltre, una legge sull’aborto, che va ad alleggerire e facilitare l’accesso alla pratica, è stata approvata dall’Assemblea dello stesso Stato. Tale disegno di legge sarà ora analizzato dal Senato.

Allo stesso modo, lo Stato di New York ha approvato a gennaio il New York’s Reproductive Health Act, che permette l’aborto anche oltrepassata la ventiquattresima settimana di gestazione, nel caso in cui il feto non sia ancora considerato vitale o nel caso in cui vi sia un rischio per la salute della paziente.

Questo movimento legislativo per cercare di aumentare le tutele al diritto all’aborto a livello statale fa capire come l’onda antiabortista abbia in realtà sensibilizzato e catalizzato l’attenzione sulla tematica: il timore che sentenze quali la Roe o la Planned Parenthood possano essere modificate o superate, ha fatto sì che i sostenitori del diritto all’aborto si muovessero per costruire garanzie a livello statale, nel caso in cui le protezioni federali venissero a mancare.

Statistiche offerte da Keiser, Pew, Reuters, Politico e Gallup ci mostrano, inoltre, come la maggior parte dei cittadini americani sia favorevole al diritto all’aborto, almeno in alcune più o meno limitate circostanze.

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In verde scuro: le percentuali di chi vorrebbe l’aborto legale sotto certe condizioni, in verde chiaro chi vorrebbe l’aborto legale in ogni circostanza, in grigio chi vorrebbe l’aborto illegale in ogni circostanza – copyright: Gallup

La situazione è critica, ma c’è ancora speranza che l’onda antiabortista possa essere in qualche modo arginata. Allo stesso tempo, però, è possibile notare che è l’intero sistema di salute statunitense a favorire diseguaglianze e disparità anche in materia di aborto: laddove questa pratica risulta legalmente ancora un diritto, è in realtà la classe sociale e la situazione economica a determinare chi possa averne effettivamente accesso.

Viola Scalacci

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