È un cordoglio che va avanti da una vita intera e un dolore inspiegabile ogni volta. Quella di Marinella, di Giulia Tramontano, di Giulia Cecchettin, di tutte le vittime della violenza patriarcale, era una storia vera. Una storia che si è ripetuta 105 volte soltanto nel 2023 e che siamo stanchə di ascoltare. Una storia che ci separa drasticamente a metà ed enfatizza il nostro ruolo nell’evolversi delle vicende. Verso il 25 novembre, è arrivato il momento che la polarizzazione arrivi allo scontro: chi non si sente coinvolto, è complice. Rinneghiamo la buona educazione.
Il ruolo degli alleati
C’è un dettaglio che differenzia la Ley VioGen spagnola sul femminicidio dalle norme che regolano l’ordinario procedimento sanzionatorio dell’omicidio. L’inasprimento delle pene è irrilevante se non si sedimenta nell’opinione pubblica lo stigma della violenza di genere. Quella legge, nata per dissolversi, è il risultato di un percorso intrapreso dalla società civile chiamando a raccolta i diretti interessati. In questo processo, si deve giungere una volta per tutte allo scontro.
Uno scontro dialettico che metta in piazza il risentimento per il doppio standard con cui veniamo messə al mondo, incapaci di controllare i nostri destini e le emozioni che proviamo. Cresciamo con la consapevolezza che prima o poi la nostra incolumità verrà minacciata da qualcuno. Mi tengo stretta gli uomini che considero alleati e li coinvolgo nei progetti che ritengo importanti, perché – recupero un pensiero di Eugenia Nicolosi – sono una privilegiata che ha avuto la fortuna di incontrarne e di non essersi innamorata del maschio violento, di non aver vissuto la persecuzione dopo la fine di una relazione, di non aver subìto gli effetti nefasti del controllo. Penso che gli alleati abbiano un ruolo in questa storia: farsi megafono con chi finge di non sentire e di non vedere, con la stessa platea che si estranea dalle discussioni sulla violenza perché offesa dalle generalizzazioni o che svaluta il confronto ritenendolo esagerato. Facciamo i conti con la realtà.
Gli offender appartengono a una tipologia ben precisa di persone, educate fin da bambini a inquadrare la vita come un’accumulazione di successi, vivendo con frustrazione la possibilità che qualcunə possa minare le basi delle proprie aspirazioni. La gelosia non è un movente. Il movente è sempre e solo il possesso. La buona educazione, le intenzioni fraintese e i racconti romanzati non sono attenuanti. Ci sono stanze in cui non possiamo entrare e porte che non vogliamo aprire. Allora chiedo agli uomini di rinnegare la buona educazione con cui sono cresciuti, di costituirsi parte civile nei nostri processi piuttosto che offendersi. Di fare propria la nostra rabbia. Di impegnare il tempo e le risorse per moltiplicare il messaggio, al nostro fianco.
La cattiva educazione
Si intitola “La cattiva educazione” il duetto tra Vinicio Capossela e Margherita Vicario. Una ballad che accompagna un testo complicato: liberamente ispirato a “Bella ciao”, i suoi versi ricalcano la violenza domestica tramandata di padre in figlio. L’invasore, il carnefice è proprio dentro casa. Vicario canta di non essersi svegliata questa mattina e in coro recita che la narrazione tossica è parte integrante del problema («È stata la cattiva educazione / Che non ha mai insegnato l’emozione / È stato il falso romanticismo / Che non si romanzi più l’orrore e il disonore»). Un’occasione in più per recuperare i temi del 25 novembre.
Il giorno in cui è stato ritrovato il corpo di Giulia Cecchettin, il Partito democratico ha bussato alla porta del Governo chiedendo una tregua per progetti di educazione all’affettività nelle scuole. Investire nell’educazione dei bambini e dei ragazzi è auspicabile, ma è un piano istituzionale, per sua natura lento. Qual è la proposta sul piano materiale? Nel breve periodo, come rispondono governo e opposizione all’urgenza di sicurezza? Una risposta il Governo ce l’ha già data il 10 maggio scorso quando, in occasione del voto in plenaria al Parlamento europeo sulla risoluzione che chiede all’UE di aderire alla Convenzione di Istanbul, Lega e Fratelli d’Italia hanno deciso di astenersi e le MEP Alessandra Basso e Susanna Ceccardi (Lega) hanno persino votato contro.
Mentre si rimugina sulle alternative, nessunə sa come facciamo a tornare a casa quando si fa sera: chi può permetterselo chiamerà un taxi, qualche altrə rischierà la sorte. Perché sì, le possibilità economiche sono una ellisse sul problema che va dall’arginare il rischio di uno stupro alla scelta di abbandono del marito violento. Pochi giorni fa i negozi di una compagnia telefonica hanno aderito al progetto “Donnexstrada” (un’iniziativa tra le tante che risponde a questo tipo di urgenza). Dove non arrivano le istituzioni, un esercizio commerciale offre aiuto per metterci in salvo, non essendo padrone degli eventi con cui ci imbatteremo lungo la strada. Nel Regno Unito, Reclaim the Night (attiva dal 1977 agli anni Novanta e recuperata nell’ultimo decennio) in occasione del 25 novembre organizza una veglia in cui occupa le strade della città con speech ed esibizioni per viverle collettivamente senza paura.
Nel decalogo su “come si evita di essere uccise”, che invece ci propongono le altre donne – bene educate a credere che la colpa sia di chi osa e non di chi abusa/ferisce/uccide – c’è una lunga lista di privazioni in serie che ricordano l’ “attente al lupo” di un Andrea Giambruno come di un qualsiasi bravo ragazzo. Anche queste donne, come quegli uomini, forse potrebbero trovare utile scontrarsi con una diversa narrazione della violenza, che non racconti le storie delle principesse e delle scalate dei principi per sconfiggere i draghi, ma degli orchi che abitano l’animo di tanti. E, va detto, la colpa non è da attribuire al singolə redattorə che scrive ma a una intera scala di valori che parte direttamente dai vertici delle direzioni editoriali e si sostanzia nella fiction della tragedia. Proprio a voi, che non a caso siete quasi tutti uomini, chiedo di fare uno sforzo: non se ne può più della gelosia, del raptus, dell’accostamento delle foto delle vittime con i carnefici e della disamina delle dinamiche di coppia.
Ci invito tuttə, infine, a rifuggire da questi tentativi continui di limitare la nostra libertà, a essere maleducate, a vivere la vita come la immaginiamo e non come viene narrata dallə altrə, ad ascoltare nel profondo quali sono le esigenze che ci permetterebbero di vivere meglio, a non negarci mai alcun piacere, a rispondere a tono a chi preferisce offendersi piuttosto che decostruirsi, a disobbedire. A denunciare. E a farci il favore di non esprimere alcuna preferenza di voto nei confronti di chi continua a mettere in discussione il valore sociale e il lavoro dei centri antiviolenza.
C’è un conflitto in atto proprio qui, proprio adesso. Chi lo nega, difende una pace borghese, patriarcale e secolarizzata. Il 25 novembre marceremo nel nome di tuttə, ricordando a noi stesse che c’è ancora domani.
Sara C. Santoriello
Nella mia lunga vita, non ho avuto la fortuna di incontrare un compagno pacifico, non violento e rispettoso con cui parlare a lungo confrontandomi anche da diverse opinioni senza azzuffarci. Nella mia famiglia d’origine, sebbene fossero antifascisti e si potesse parlare, erano però cresciuti in un epoca nella quale contava di più la punizione che il dialogo per modificare i comportamenti, e questa cosa ho notato che si è radicata in tutta la società del dopoguerra. Il diritto dell’uomo di sfogare i propri impulsi sesso-generativi a discapito delle donne non è mai stato messo in discussione. In più si continua a definire una cattiva persona come figlio di puttana. E questo è il punto centrale che non contempla l’innocenza e la buona fede delle donne che sono considerate responsabili di provocazioni e tentazioni nei riguardi del “povero uomo” di turno che nel frattempo cova la vendetta. Nel mondo animale, nonostante i predatori, non si arriva mai a tali vette di atrocità, secondo me dovute al potere e ai soldi. Questa violenza è una patologia tipica delle classi dominanti e di chi vorrebbe essere come loro, senza capire che diffonderanno solo odio e saranno destinati a fare una brutta fine. Meglio essere amati.
Delirati donne squilibrate sessiste femministe fasciste che non contente né soddisfatte dei numerosi privilegi che da oltre 50 anni possiedono adesso agendo come un in branco di bulle pretendono di poter fare quel cazzo che gli piace è fare !
Care femminucce italiote malate di mente vi informo che chi troppo vuole nulla stringe !
Queste deliranti manifestazioni stupide ed inutili finte-femministe senza senso alcuno a lungo andare vi si ritorceranno contro !
P.S.
Se una persona non ha diritti e viene maltratta è giusto protestare !
La persona che invece gode già di diritti e di privilegi ovunque e dovunque perché è di sesso femminile farebbe bene a stare zitta se vuol continuare godersi i suoi i privilegi !
Il concetto che esprimo è questo :se fate le maniache Piromani state molto attente perché potreste bruciarvi da sole e perdere tutto !
Privilègio: «attribuisce a un soggetto o a una categoria di soggetti una posizione più favorevole di quella della generalità degli altri soggetti». Ne deriva, dunque, che non è possibile applicare una simile definizione alla posizione sociale, politica ed economica della donna, in quanto è un dato accertato e storicamente incontrovertibile che viva una condizione d’oppressione millenaria, che permane ancora oggi, seppur sia mutevole nelle forme.
I diritti di cui lei parla, sono proprio frutto della strenua lotta delle femministe che lei tanto disprezza. Si tratta di diritti basilari che mettere in discussione o augurarsi vengano meno, mi sembra alquanto folle. Inoltre, si tratta di diritti ben più giovani, se si pensa che la riforma del diritto di famiglia è del 1975, la legge concernente il divorzio del 1970 e l’introduzione della disciplina sull’IVG (aborto) – con tutti i problemi che permangono ancora oggi nella sua attuazione – è del 1978.
Infine, vorrei soltanto sottolineare quanto sia ironico dire che “è giusto protestare” per poi affermare, subito dopo, che le donne dovrebbero tacere.
La rabbia nei suoi confronti ha rallegrato la mia serata, grazie!
Noi femministe fasc1ste, da parte nostra, ci auspichiamo e siamo convinte che, prima o poi, riusciremo a bruciare tutto il sistema violento che ci opprime dalle fondamenta.
Arrivederla fra le fiamme (metaforicamente)!
P.s. bellissimo articolo!