La Casa delle donne Lucha y Siesta è un rifugio sicuro per le donne che fuggono da situazioni di violenza. Oltre a garantire un riparo momentaneo a chi ne ha bisogno, offre supporto psicologico, consulenza legale e programmi per l’autonomia economica con lo scopo di aiutare le donne a ricostruire le proprie vite.
Dall’8 marzo 2008, giorno della sua inaugurazione, questa struttura ha dato sostegno a circa 1.200 donne, ospitandone più di 140, insieme a 62 minori. Come riportato da Internazionale, «quando nel 2008 il gruppo di attiviste ha occupato l’ex sottostazione Stefer “Cecafumo” […] non pensava che la struttura in quasi dieci anni sarebbe cresciuta tanto, […] diventando un punto di riferimento per i servizi sociali del territorio». Dunque, data la sua evidente importanza all’interno della società, la decisione della Regione Lazio di procedere allo sfratto di Lucha y Siesta ha subito scatenato indignazione e preoccupazione nella comunità.
Mentre la battaglia legale e mediatica per la tutela di Lucha y Siesta continua, le attiviste e le inquiline della casa rimangono determinate a difendere questo rifugio, simbolo di forza, supporto e cambiamento positivo per le donne in difficoltà.
Il processo a Lucha y Siesta e le scelte contraddittorie della Regione Lazio
La vicenda giudiziaria di Lucha y Siesta è iniziata nel gennaio 2021, quando le forze dell’ordine hanno fatto irruzione nel centro antiviolenza per identificare tutti gli occupanti della casa. Nonostante la sua importanza, infatti, la struttura è stata inclusa nella lista dei beni in vendita all’asta dopo il fallimento dell’Atac — una società per azioni soggetta alla direzione e al coordinamento dell’ente Roma Capitale.
In seguito all’accaduto, nell’agosto del 2021 si era giunti a un accordo con la Regione Lazio per il «riconoscimento di Lucha y Siesta [come] Bene Comune». Tuttavia, nel gennaio 2023, la Presidente dell’Associazione è stata denunciata e portata in tribunale con l’accusa di aver occupato abusivamente l’immobile.
In molti hanno mostrato sostegno a Lucha y Siesta, tra cui Ilaria Cucchi — Senatrice e Vicepresidente della Commissione Giustizia — e organizzazioni come D.i.Re (Donne in Rete contro la violenza), Aidos, ActionAid Italia, Non Una di Meno e Casa Internazionale delle Donne — anche quest’ultima sotto sfratto dal 2018. Il 12 ottobre 2023 si è anche tenuto un sit-in di protesta nel piazzale di fronte alla sede del consiglio regionale, a Garbatella, mentre sui social si è diffuso l’hashtag #luchasiamotutt3.
La battaglia legale si svolge in parallelo alla mobilitazione sociale e la richiesta è chiara: riconoscere il ruolo fondamentale di Lucha y Siesta nella società e garantire la sua continuazione come spazio di sostegno e cambiamento. La struttura è molto più di un semplice rifugio; è un luogo di lotta, di relazioni e di pratiche transfemministe. La sua tutela è diventata una questione che va oltre il caso giudiziario, rappresentando la resistenza contro la violenza di genere e la lotta per la libertà e l’autodeterminazione delle donne.
Un rifugio vitale in un contesto di emergenza nazionale
La decisione di mettere a rischio Lucha y Siesta è ancor più sconcertante alla luce dei dati forniti dall’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT). Secondo le ultime stime, l’Italia continua ad affrontare un’importante crisi legata alla violenza di genere e alle difficoltà che le donne incontrano nel cercare rifugio e supporto. In questo contesto, Lucha y Siesta rappresenta una risorsa inestimabile, un faro di speranza in un panorama dove le donne sono spesso lasciate da sole a fronteggiare le proprie difficoltà.
I dati ISTAT evidenziano che il numero di donne vittime di violenza domestica o discriminazione di genere è ancora troppo alto e sottolineano la necessità di strutture come Lucha y Siesta. Quest’ultima ha svolto un ruolo cruciale nel colmare il divario tra le richieste di accoglienza e l’offerta di rifugi sicuri, mettendo a disposizione un riparo in caso di alternative scarse o assenti.
La Convenzione di Istanbul del 2011, un trattato del Consiglio d’Europa firmato dall’Italia nel 2013, sottolinea l’importanza di garantire accesso a rifugi sicuri e servizi di supporto alle vittime di violenza domestica. La chiusura di una struttura come Lucha y Siesta rischia di compromettere l’impegno assunto dall’Italia nei confronti di questa convenzione internazionale.
In un periodo in cui la lotta contro la violenza di genere è al centro dell’attenzione internazionale, le strutture come Lucha y Siesta non sono solo una necessità immediata per le donne coinvolte, ma rappresentano anche un passo cruciale verso la realizzazione degli ideali di uguaglianza e sicurezza sanciti dalla Convenzione di Istanbul. Dunque, la sua chiusura non dovrebbe essere considerata solo la perdita di un rifugio fisico, ma anche e soprattutto un rallentamento significativo nella marcia verso una società più giusta ed equa per tutte le donne.
Matthew Andrea D’Alessio