La CGIL si prepara al suo cambio di stagione. Sembra la fine di un’era quella che anticipa la conclusione del mandato di Susanna Camusso. Maurizio Landini viene, così, lanciato verso la segreteria generale del sindacato confederale per affrontare il lungo inverno al quale è destinato il Bel Paese. Tre gli obiettivi individuati: creare lavoro, combattere contro le disuguaglianze, far ripartire gli investimenti. Oscillante sulle Grandi Opere, critico sul governo.

La CGIL dopo Susanna Camusso

Il sindacato che lascia Susanna Camusso, segretaria generale della CGIL dal 2010, è cambiato molto nel corso del suo mandato. All’epoca, in un’intervista per l’Espresso, diceva di sentire il peso di una grande responsabilità sulle spalle: all’indomani della crisi del 2008, era la prima donna alla guida del più grande sindacato italiano, quello di Giuseppe Di Vittorio. A capo dei metalmeccanici, nello stesso anno, emergeva la figura di Maurizio Landini.

Camusso, anni '80, CGIL
Susanna Camusso

Il miglior outfit, Maurizio Landini

Landini da quando aveva 15 anni ha vissuto da vicino l’ambiente lavorativo del settore metalmeccanico, per poi ricoprire il ruolo di funzionario, a cui è seguito quello di segretario regionale generale in Emilia-Romagna. Nel 2005 è stato eletto membro della Segreteria Nazionale della FIOM, diventandone il segretario generale appena cinque anni dopo. La condanna ai vertici della Thyssen-Krupp nel 2011 gli ha permesso di intervenire pubblicamente su quella che lui stesso definì «una sentenza storica». Sul caso ILVA fu attaccato da più fronti per aver manifestato con la UILM, da cui poi ha preso le distanze.

FIOM CGIL
Maurizio Landini e Susanna Camusso

Maurizio Landini è il nome che mette d’accordo la maggior parte delle correnti interne. Lo abbiamo visto alle prese con l’esperimento della Coalizione Sociale, che aveva attirato l’attenzione di volti noti e di alcuni movimenti sociali, con il fine di creare un’entità a sinistra del PD e in contrapposizione a quest’ultimo. Una chiamata alle armi che di fatto ha anticipato la nascita di Potere al Popolo e di quello che sarà il progetto di Liberi e Uguali, oggi defunto.

Dal 15 Luglio 2017 ha dismesso i suoi panni di Segretario Generale della FIOM per entrare a far parte, con il 95% dei consensi dell’assemblea generale, della segreteria confederale della CGIL. All’inizio del 2018 aveva già anticipato che si stava aprendo una fase importante, con la priorità assoluta della ricerca di unità nel mondo del lavoro e l’analisi critica dei cambiamenti avvenuti all’interno dello stesso sindacato.

All’indomani del voto del 4 marzo furono queste le sue parole, riportate da Lineapress:

«Analizzando il voto del 4 marzo, si capisce che c’è stata una ribellione di massa a un potere politico che era lontano dalle ragioni di una sofferenza sociale molto diffusa, perché la povertà si è allargata, il Jobs Act ha aumentato le forme di sfruttamento del lavoro e ricondurre il voto del Mezzogiorno al fatto che vogliono essere sussidiati, secondo me, è un’altra di quelle stupidaggini che non dà l’idea di capire che cosa sta succedendo».

La corsa alla segreteria

Con 8 voti favorevoli su 10, la segreteria della CGIL ha espresso parere favorevole alla candidatura di Maurizio Landini alla segreteria generale. Tuttavia, nulla lascia escludere che si formalizzi la possibilità di vedere in lizza un secondo candidato: Vincenzo Colla, anche lui membro della segreteria e critico sul suo avversario.

Il congresso è previsto per il prossimo 22 gennaio. Quel che si può dire, alla luce dei fatti, è che Susanna Camusso abbia “scelto” il suo successore e abbia comunicato e motivato la sua decisione, che è stata condivisa dalla maggioranza dei membri della segreteria. Anche se in tanti si aspettavano questo passaggio di testimone, modus operandi presente nello Statuto del sindacato (Titolo IV), forse sarebbe stato meglio agire diversamente e lasciare che fosse Landini a presentare la sua candidatura o che ci fosse una voce “dal basso” in tal senso.

Un terreno molto scivoloso che vede una parte del sindacato non riconoscersi nella figura di Landini.

Colla ha recentemente espresso la sua opinione favorevole sul tema delle Grandi Opere, dai binari all’elettrico, e sulla TAV, per tre ragioni: la prima è che sono già state avviate, la seconda perché sono opere che “collegano il paese con il mondo” e la terza per stare “sulle grandi filiere del cambiamento“. Un’idea del progresso e della storia opposta a quella di Landini, che non perde occasione per sottolineare il suo scetticismo sullo storico cantiere, pur sentendo il peso del ruolo che andrà a ricoprire: «…Ma dovendo rappresentare la Cgil dico che c’è una grande attenzione ad affrontare la situazione».

Un inaspettato endorsement è arrivato da Fabio Storchi (Unindustria Reggio Emilia), che a Decoder su Telereggio ha definito Landini come «la persona giusta per guidare la CGIL». D’accordo anche Cofferati, che vede in Colla un buon dirigente, ma in Landini una figura capace di coagulare la sinistra.

Il punto è questo: qual è il modello di sindacato a cui aspira la CGIL? Sarà la discussione congressuale a sciogliere ogni dubbio.

Il prossimo segretario generale dovrà far fronte al calo di consensi subito dal proprio sindacato: parliamo di 285.000 tesserati in meno negli ultimi due anni, principalmente provenienti dal Sud Italia, e comunque di un totale di 5.518.774 iscritti, che non sono pochi.

Uno dei primi ostacoli individuati da Landini è ricostruire un dialogo con CISL e UIL, che, in controtendenza rispetto agli altri due, registra un incremento di 25.000 iscritti in più nello stesso lasso di tempo (come riporta la Mappatura regionale della rappresentanza sindacale dell’Istituto Demoskopica): «Non ci sono ragioni politiche per non ricostruire un organismo che vada oltre l’azione sindacale». D’altronde, non ha mai pensato che l’azione politica fosse legata a una tessera di partito; anzi non ha problemi a dire di non aver mai votato alle primarie del PD e di avere soltanto due tessere (quella della CGIL e dell’Anpi).

Landini, CGIL, FIOM
Maurizio Landini

In una dichiarazione ha elencato quelli che, secondo lui, sono i problemi da cui ripartire: creare lavoro, combattere contro le disuguaglianze e far ripartire gli investimenti, tre temi su cui orientare la discussione con l’Europa. Per questo motivo, la CGIL ritiene la manovra del governo insufficiente per far ripartire il Paese, per contrastare l’evasione fiscale e per ridurre le tasse a chi le ha sempre pagate (lavoratori dipendenti e pensionati).

«Bisognerebbe andare in profondità per cambiare le regole sbagliate fatte in questi anni sul mercato del lavoro e sul JobsAct. Per noi il problema non è se mette in discussione il 2-4%, del resto questi sono vincoli e limiti che in questi anni non sono mai stati rispettati», afferma, e individua nell’investimento pubblico e nel coinvolgimento dei privati, che in questi anni hanno beneficiato degli incentivi, una soluzione. Qualcuno, in passato, lo aveva ritenuto indulgente nei confronti del M5S, che ad oggi presiede il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Oggi, però, non esclude una mobilitazione contro il governo.

Insomma, la CGIL potrebbe intraprendere un percorso del tutto diverso rispetto a quello a cui ci aveva abituati la precedente segreteria. Forse la nascita del governo giallo-verde è servita come scossa per comprendere che era ormai giunto il tempo di recuperare dall’armadio un lessico antico: «Oggi c’è un problema ulteriore: si è poveri anche lavorando. In Italia e in Europa è passata l’idea che pur di lavorare si dovesse accettare qualsiasi condizione». E d’altronde, winter is coming.

Sara C. Santoriello

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui