Il 4 agosto 1949 il nostro paese ratificava ufficialmente il Trattato del Nord Atlantico, facendo entrare l’Italia, a pochi anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, in un’alleanza militare che ancora oggi condiziona le più importanti e delicate scelte di politica estera. Un’alleanza oggi scontata, ma che, dal momento della sua prima discussione parlamentare, sollevò forti polemiche.

«È dunque un patto di sicurezza, una garanzia di pace, una misura preventiva contro la guerra. Nessun Paese, nessun blocco di Paesi, fino a quando non avrà mire aggressive, ha nulla da temere da esso. L’Italia ché si trova malauguratamente su linee strategiche fatali di possibili conflitti mondiali, si associerà a tutti gli sforzi per evitare una nuova e irreparabile sciagura.»

Così l’11 marzo del 1949 Alcide De Gasperi presentava a Camera e Senato il trattato, chiedendo ai parlamentari una rapida approvazione dell’accordo per permettere al Governo di negoziarne gli ultimi dettagli. Nonostante ciò, il Presidente del Consiglio si trovò di fronte il primo episodio di ostruzionismo della storia repubblicana. I giorni a seguire furono giorni di aspre polemiche in aula con scambi di accuse da una parte e dell’altra. Le posizioni che impegnavano le due fazioni erano sostanzialmente queste:

  • La NATO doveva essere uno strumento di garanzia della pace e della sicurezza in Europa, strumento fondamentalmente difensivo che doveva proteggere il nostro paese da possibili aggressioni straniere, secondo l’idea che l’Italia si trovava su “linee strategiche fatali“.
  • La NATO era in realtà uno strumento di aggressione, che avrebbe portato l’Italia a combattere conflitti non pienamente confacenti ai propri interessi. Il nostro paese doveva scegliere una posizione neutrale sull’esempio svizzero o svedese, per poter rappresentare in Europa una garanzia di pace e distensione di fronte alle crescenti tensioni internazionali.

Inutile dire che vinse il fronte governativo e l’Italia entrò nel Patto, che, dal 24 agosto 1949 ad oggi, tiene insieme ben 28 paesi, di cui molti dei membri più recenti sono stati strappati dall’area dell’ex Patto di Varsavia.

Dai tempi della Guerra Fredda ad oggi la NATO ha cambiato strategia e dopo la fine della sostanziale distensione con la Russia, il conflitto Ucraino ha aperto un nuovo periodo di tensioni tra il blocco occidentale e quello orientale. Blocco occidentale sempre più interessato ad espandersi verso est, ma ancora incapace di fronteggiare il nuovo terrorismo islamico.

Ed è in questo quadro di continui scontri tra USA e Russia che si inserisce quella che è stata definita come “la più grande esercitazione NATO dai tempi della Guerra Fredda“, ovverosia: Trident Juncture.

Secondo l’ufficio stampa della NATO:

«L’esercitazione coinvolge 36,000 uomini da più di 30 Alleati e Stati Membri, avrà luogo tra Italia, Portogallo, Spagna, l’Oceano Atlantico, il Mar Mediterraneo ed anche Canada, Norvegia, Belgio e Paesi Bassi. Trident Juncture 2015 dimostrerà l’accresciuto livello di ambizione della Nato verso pratiche di combattimento congiunto moderne e sarà un’occasione per mostrare un’Alleanza capace, rivolta verso il futuro ed accompagnata dalla più appropriata competenza e capacità di affrontare le sfide di sicurezza del presente e del futuro. Più di 12 tra le maggiori organizzazioni internazionali, agenzie di volontariato ed organizzazioni non governative prenderanno parte per dimostrare lo sforzo ed il contributo della Nato ad un approccio inclusivo.»

La NATO si mostra in tutta la propria potenza, ma con quali scopi?

Probabilmente individuare un interesse unico in questa operazione non è possibile, perché il messaggio che Trident Juncture vuole inviare cambia in base all’angolazione attraverso cui la si guarda. Per i Paesi dell’Est Trident Juncture è un modo per dimostrare a Putin che la NATO è forte ed è pronta ad attaccare se necessario, i paesi del Mediterraneo dal canto loro vogliono far capire alla cittadinanza che contano di una grande capacità militare per respingere i migranti.

Per i produttori di armi (invitati i rappresentati di più di 150 imprese del settore) il messaggio poi è chiaro: la crisi non conta niente, siamo sempre pronti a fare affari! Secondo il rapporto dello Stockholm Peace Research Institute infatti si conta che la spesa per gli armamenti nel mondo ammonta oggi a ben 1776 miliardi di dollari, molti dei quali sono spesi dai principali membri della NATO: USA, Regno Unito, Francia, Italia, Germania e Turchia fanno parte della classifica dei 15 stati che spendono più soldi in armamenti.

L’operazione Trident Juncture avrà come centro Napoli, dove la NATO ha inaugurato nel 2012 il Joint Force Command Naples, e Trapani dove si terrà una dimostrazione delle forze aeronautiche a cui parteciperanno ben 80 velivoli e 5000 uomini.

Un’operazione massiccia dunque che non fa altro che contribuire alla crescente tensione internazionale, soprattutto con la Russia, già di per sé impegnata in simili esercitazioni, come a farci comprendere che l’idea di uno scontro diretto tra le due fazioni prende sempre più piede, quanto meno nell’immaginazione delle alte gerarchie militari.

Ma siamo sicuri che tutto ciò sia conforme agli interessi della pace?

Contro l’operazione ed il suo significato si prepara a Napoli una manifestazione nazionale, che si terrà il 24 ottobre e promossa da padre Alex Zanotelli, il Comitato napoletano “Pace e disarmo” e la Rete Napoli No war.

Antonio Sciuto

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.