Quest’oggi la Polonia è chiamata al voto, un appuntamento di fondamentale importanza per i 40 milioni di polacchi, ma che potrebbe rivelarsi interessante/influente anche per il resto del mondo, e in particolare per noi europei.
La Polonia rappresenta storicamente un importante ponte tra l’occidente e i territori sotto l’influenza russa, e non certo a caso, ma proprio per il suo non indifferente peso geopolitico, fu la nazione oggetto della riprovevole spartizione russo-germanica in piena seconda guerra mondiale. Oggi questa nazione, da sempre al centro della storia europea, è ad un passo da una svolta politica rilevante.

Dopo otto anni di governo di centrodestra, questo starebbe per essere scalzato dalla conservatrice-nazionalista Beata Szydlo, che con circa il 32% delle preferenze guida i sondaggi dell’ultima ora. L’attuale primo ministro, la leader di Piattaforma Civica (Po) Ewa Kopacz, dovrebbe invece fermarsi intorno al 20%.
Una vittoria annunciata quindi per il partito Diritto e Giustizia (Pis), che spera in un distacco il più netto possibile per porre fine all’ibrida conduzione del paese che negli ultimi tempi vede il partito nazionalista sì rappresentato dal presidente polacco Duda, ma non dal governo, che è invece espressione di Piattaforma Civica.
I cavalli di battaglia del Pis, ovvero i temi con cui ha conquistato l’attuale consenso dopo otto anni di opposizione, sono fondamentalmente tre: aiuto ai meno abbienti, investimenti pubblici che consolidino la crescita (la Polonia sta infatti già crescendo) e ultimo ma non meno importante il rifiuto categorico di ogni contrattazione con l’Unione Europea riguardo le quote migranti, un punto che genera particolare approvazione e che è il centro di una campagna elettorale fortemente xenofoba.
Riguardo agli aiuti ai più svantaggiati, i nazionalisti cavalcano la sensazione popolare che lo stato a fronte di una conclamata crescita non sia riuscito a migliorare le condizioni degli “ultimi”, che di fatto sembrano non aver percepito granché la rinnovata forza economica della nazione.

Sul capitolo migranti, invece, dall’esterno si ha l’impressione di assistere ad una situazione abbastanza paradossale, ma comunque dai risvolti concreti. La posizione del Pis riguardo questo tema può essere riassunta dalle dichiarazioni del 16 settembre di Jarosław Kaczyński, presidente e cofondatore del partito: «C’è il serio pericolo che si metta in atto un processo irreversibile che assumerà questa forma: prima il numero di stranieri crescerà a dismisura, poi dichiareranno di non voler rispettare le nostre leggi e le nostre tradizioni, poi imporranno la loro sensibilità e le loro esigenze in ambiti diversi, e lo faranno in modo aggressivo e violento».
Uno scenario apocalittico quello descritto da Kaczyński, che nel seguito dello stesso discorso al Parlamento porta l’esempio di Francia, Svezia e Italia, dove a suo avviso la sharia è già stata imposta.

Tali preoccupazioni risultano quantomeno eccessive se confrontate con la reale situazione del nostro paese, direttamente chiamato in causa e nel quale, almeno fino ad oggi, la sharia è lontana dall’essere un’imposizione della minoranza musulmana. Ma la posizione del Pis assume una sfumatura tra il surreale e il paradossale se confrontata anche solamente con l’effettiva condizione polacca, vale a dire un paese di 40 milioni di abitanti al quale l’Europa chiede di accogliere appena 7.000 migranti, e nel quale, è doveroso ricordarlo, non ha ancora fatto ingresso alcun profugo, se non si contano i 150 accolti da una fondazione cristiana a luglio, numeri comunque irrisori.
Nonostante ciò, nel corso della campagna elettorale polacca il tema immigrazione si è imposto come fondamentale, e ciò stando ai sondaggi sopracitati ha ripagato gli sforzi del Pis in questo senso.

Che la Szydlo vincerà è dunque fuor di dubbio, ma a seconda del margine con cui avverrà la vittoria si configureranno presumibilmente due scenari: qualora il margine fosse tanto consistente da permettere al Pis di governare di fatto incontrastato la Polonia potrebbe immettersi sulla stessa strada tracciata dall’ungherese Orbán, infliggendo un nuovo duro colpo al senso di comunità europeo e strizzando l’occhio alla Russia; se invece il margine non permetterà alla Szydlo di regnare da sola la frattura con l’UE potrebbe essere evitata, soprattutto se i numerosi partiti all’opposizione decidessero di fare fronte comune contro la minaccia orbanista.

Ecco che quindi il ruolo degli “outsider” in queste elezioni polacche potrebbe rivelarsi decisivo, eppure a sinistra l’unità di intenti necessaria a fronteggiare il pericolo nazionalista ad oggi non esiste, con l’Sld, il principale partito filo-socialista polacco, che non ha nascosto in più occasioni di considerare troppi i 7.000 profughi e di appoggiare l’intervento armato russo in Siria per fermare la minaccia islamica.
Contro la svolta nazionalista polacca potrebbero risultare utili allora soprattutto i voti che riceveranno Barbara Nowacka, leader di Sinistra Unita che ha già fatto sapere di essere favorevole ad una coalizione anti-Pis, e quelli dell’ex-rocker Pawel Kubiz, mina vagante indipendente di queste elezioni, che non ha ancora espresso il proprio consenso ad alcuna coalizione ma è forte del 20% di voti ricevuti al primo turno delle presidenziali di maggio.

Valerio Santori
@Santo_Santori

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