Un alone di fascino fatale avvolge le innumerevoli manifestazioni artistiche che si susseguirono dall’Ottocento ai giorni nostri. La consapevolezza del reale assunta dopo “il secolo dei lumi” avrebbe prodotto,specialmente nella letteratura, singolari reazioni. Nell’ambito del romanzo si tende spesso a catalogare queste ultime nelle loro molteplici differenze. In realtà, figure come l'”umile”, il “vinto”, l'”inetto”, passando per l'”esteta” di Oscar Wilde o di D’Annunzio, sono tutte contenute in un unico antico tesoro. Questo fu ritrovato sotto la tanta polvere da cui era sommerso da un intraprendente umanista. Era il misterioso Satyricon, quell’opera “proibita” scritta da un “raffinato gaudente” di cui parlava Tacito.

Eppure, il Satyricon era pervenuto a Pietro Bracciolini in maniera frammentaria. Solo i capitoli 14,15 e 16 si erano salvati dalla damnatio memoriae di Nerone. Questi contenevano l’ episodio della” Cena di Trimalchione“. Non è stato certo il caso a volere che l’umanista ritrovasse proprio i tre capitoli più significativi di questo romanzo, elemento di continua ispirazione da parte di tutti gli autori.

Cosa conteneva l’inestimabile tesoro rinvenuto da Pietro Bracciolini?

Per comprenderne il valore identifichiamo prima il misterioso autore. Svetonio e Tacito scrivevano di un “arbiter elegantiae” vissuto intorno al primo secolo. Un uomo libero dalle convenzioni, rispondeva alle ingiustizie dell’età neroniana ergendosi a supremo cultore del bello. Quest’ultimo, Petronio, un “esteta” a tutti gli effetti, pare essere proprio l’autore del Satyricon. Quest’atipico scrittore aveva trasferito il suo culto del bello al protagonista della sua opera, Encolpio.

Satyricon - Petronio
Satyricon – Petronio

Proprio questo elemento consente un salto temporale nella letteratura. Alla fredda mentalità capitalistica che prese piede nell’Ottocento, molti autori risposero con uno stile di vita “unico e inimitabile”. In Italia, D’Annunzio si creava la maschera dell’esteta, trasferendola ad Andrea Sperelli nel Piacere. In Inghilterra Oscar Wilde contemplava la bellezza di Dorian Gray nel “Ritratto” di quest’ultimo. Curiosa è l’omonima sorte di questi personaggi, analoga proprio a quella dell’Encolpio di Petronio.

Nel Satyricon Encolpio si addentra con Ascilto, un volgare avventuriero, in un mondo dal quale è disgustato. Il loro compagno di viaggio sarà Gitone, giovane dei quali entrambi sono innamorati. Dopo mille peripezie, tra le quali riti erotici in onore di Priapo, i tre vagabondi approdano in una “Greca Urbs”. Qui la vita del popolo è dominata dalla ricerca del piacere immediato. Questa filosofia si riscontra principalmente nella volgarità dei liberti, incarnata da Trimalchione. Petronio descrive questo mondo con quel realismo impassibile e disincantato ritrovabile nei più celebri naturalisti europei.

Probabilmente, questo è l’aspetto del Satyricon che ne ha determinato la difficile diffusione. Non fu la totale violazione dei canoni del romanzo, o il racconto di una storia omosessuale a stuzzicare l’imperatore. Attraverso il realismo, Petronio lascia affiorare tutta la volgarità della Roma imperiale, specialmente dei liberti. Questi uomini rozzi e incolti, tutto potevano comprare con il loro denaro, ma non l’immortalità. Attraverso il realismo, Petronio intende evidenziare proprio la loro forte e anti-saggia paura della morte.

Proprio da quest’ultima prese scopertamente spunto Fitzgerald nel 1925 scrivendo “Il Grande Gatsby”. Nel romanzo, inizialmente intitolato “Trimalchio at West Egg”, aleggia un costante sentimento di morte, che culmina nel tragico finale. Gatsby, uomo arricchitosi in maniera febbrile grazie al contrabbando andrà incontro ad una tragica fine. Proprio la morte dominerà la scena della cena di Trimalchione. Basti pensare che durante il banchetto, Abinna, architetto privato del liberto, sta scolpendo la sua tomba. A una morte solitaria sarà destinato un altro self-made man della letteratura, quale Mastro Don Gesualdo nell’omonimo romanzo verista.

Si tratta solo di alcuni esempi dell’enorme fortuna di un’opera che contiene in nuce innumerevoli manifestazioni letterarie. Il Gatsby di Fitzgerald, Mastro Don Gesualdo di Verga, Madame Bovary di Flaubert, Andrea Sperelli di D’Annunzio, Dorian Gray di Oscar Wilde, nelle loro enormi differenze, dettate da diversi contesti storici, sono tutti accomunati da un analogo destino: l’infrangersi dei loro sogni dinanzi ad una società immobile e materialistica. Sarà proprio la stessa fine di Encolpio. I suoi slanci passionali da vero “esteta”, non riusciranno mai a concretizzarsi: moriranno insieme a lui in un tragico naufragio.

Encolpio è a suo modo un “inetto”, proprio come quelli tipici dei romanzi moderni. Ma stupisce soprattutto il fatto che non sia l’unica categoria di personaggio rappresentata da Petronio. Alla Cena di Timalchione entreranno in scena con i loro discorsi dei commensali. Questi, come gli umili di Manzoni, saranno mezzo di denuncia sociale per Petronio. Anche la figura della donna, incarnata da Fortunata, moglie di Trimalchione sarà ripresa in età moderna, seppur con alcune modifiche.

Non manca dunque niente in un’opera che risulta omnicomprensiva anche per ciò che riguarda i generi. Il Satyricon non è propriamente un romanzo, per le visibili differenze tematiche. È difficile catalogare in un genere letterario un viaggio omerico senza nóstos, un’ opera satirica di eccessiva lunghezza. Petronio mette dinanzi agli uomini una realtà nuda e cruda, impossibile da catalogare attraverso un genere. È proprio questo il motivo dell’ enorme fascino del suo Satyricon.

Recentemente, Fellini ha voluto valorizzare quest’opera tributandole una rappresentazione teatrale. Quest’ultima verrà ripresa per sempre dagli scrittori, inevitabilmente, in quanto racconta di ciò che tocca più profondamente l’animo umano: la realtà.

Corrado Imbriani

 

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