Giovanni Boccaccio è una delle figure più importanti del panorama letterario europeo del XIV secolo.
“Umana cosa è aver compassione agli afflitti; e come che a ciascuna persona stea bene, a coloro è massimamente richiesto li quali già hanno di conforto avuto mestiere, e hannol trovato in alcuni: fra’ quali, se alcuno mai n’ebbe bisogno, o gli fu caro, o già ne ricevette piacere, io son uno di quegli. Perciocché dalla mia prima giovanezza infino a questo tempo oltre modo essendo stato acceso d’altissimo e nobile amore, forse più assai che alla mia bassa condizione non parrebbe, narrandolo, si richiedesse, quantunque appo coloro che discreti erano, e alla cui notizia pervenne, io ne fossi lodato e da molto più reputato, nondimeno mi fu egli di grandissima fatica a sofferire, certo non per crudeltà della donna amata, ma per soperchio fuoco nella mente concetto da poco regolato appetito: il quale, per ciò che a niuno convenevol termine mi lasciava contento stare, più di noia, che bisogno non m’era, spesse volte sentir mi facea.”
(Giovanni Boccaccio-decameron-proemio)
Nato da una famiglia di origini umilissime, dopo una prima formazione a Firenze, approda con il padre a Napoli, realtà completamente diversa dalla Firenze trecentesca: la Partenope di allora vantava il prestigioso re Roberto D’Angiò, che si premunì di allestire una corte cosmopolita e colta.
Il Boccaccio, resosi conto di non voler proseguire il mestiere di cambiavalute del padre, decise di iscriversi a giurisprudenza, entrando in contatto con Cino da Pistoia, che anziché indirizzarlo al diritto canonico, lo avvicinò alla letteratura e alla poesia. Furono questi gli anni da autodidatta: studiò il greco e approfondì la grande tradizione stilnovistica in volgare. Riuscì ad entrare nella corte angioina, creando così il proprio mito letterario secondo i canoni della tradizione stilnovista. E a corte incontrò Fiammetta.
Costretto a ritornare a Firenze a causa di una grave crisi economica che aveva colpito la sua famiglia, Boccaccio manifesta la sua insofferenza per la vita chiusa e soffocante nella città toscana, e cerca in ogni modo di tornare a Napoli, ma invano. Dopo aver soggiornato a Ravenna e poi di nuovo a Firenze, in occasione del giubileo del 1350 il Boccaccio incontra Francesco Petrarca. L’incontro con il Petrarca segna la conversione del Boccaccio: per il poeta i classici non potevano ancora essere visti nell’ottica della salvezza cristiana ed espropriati del loro reale messaggio. Nasce quindi il Boccaccio umanista, che viaggia in tutta la penisola italiana, spostandosi tra Firenze, Napoli, Roma, Ravenna, fino ad Avignone alla corte di papa Urbano V.
Intanto tra il 1349 e il 1353,Boccaccio si dà alla stesura del suo capolavoro: il Decameron.
« Comincia il libro chiamato Decameron cognominato prencipe Galeotto, nel quale si contengono cento novelle in dieci dì dette da sette donne e da tre giovani uomini. »
(Decameron, Incipit)
La peste che colpisce Firenze nel 1348 dà al poeta lo spunto per la sua opera: essa non è altro che una raccolta di 100 novelle, raccontate da 10 ragazzi che, incontratisi nella chiesa di Santa Maria Novella a Firenze, decidono di scappare dalla peste e rifugiarsi in una villa in campagna sulle colline fiorentine.
I giovani ingannano il tempo raccontandosi 10 novelle: ogni giorno viene eletto un re o una regina della giornata e si narrano storie che hanno come temi principali la Fortuna, l’ingegno, l’amore e la natura. Le novelle sono quasi tutte a carattere erotico passionale: l’amore è rappresentato come pulsione naturale e spontanea a cui nulla può opporsi; non è lussurioso o osceno, bensì è una forza che eleva e nobilita l’animo umano. Non a caso, sono proprio le “vaghe donne”, cioè le lettrici alto-borghesi, ad essere le destinataria dell’opera.
“Et abbi questo per certo, che colei sola è casta, la quale o non fu mai da alcuno pregata, o se pregò, non fu esaudita.”
(II giornata, novella IX)
L’amore è però anche motivo di dolore: infatti non mancano eventi tragici. Uno di questi,è certamente la novella 9 narrata nella IV giornata:
“Messer Guiglielmo Rossiglione dà a mangiare alla moglie sua il cuore di messer Guiglielmo Guardastagno ucciso da lui e amato da lei; il che ella sappiendo, poi si gitta da una alta finestra in terra e muore e col suo amante è sepellita.” (Introduzione)
Di certo non mancano novelle divertenti: la novella 2 della IX giornata ci presenta gli intrighi delle suore di un convento che non riescono a reprimere i loro impulsi passionali in quanto donne; invece la famosissima novella 5 della II giornata vede il protagonista, Andreuccio da Perugia, trascorrere una notte turbolenta che gli farà capire come stare al mondo.
Ma nel Decameron, il Boccaccio riflette anche sulla società a lui contemporanea: da un lato ci presenta la nuova classe mercantile in ascesa, portatrice di valori laici e terreni; dall’altro c’è sicuramente il mondo cortese dell’aristocrazia, visto ancora come punto di riferimento dagli intellettuali. L’utopia dell’autore sta nel fatto di vedere la peste sia come punto di distruzione di una società ancora antica,sia come punto di inizio per la nascita di una nuova società umanistica.
Boccaccio morì nella sua casa a Certaldo nel dicembre del 1375, compianto da amici e discepoli.
Arianna Spezzaferro