Dalla nascita nel 2016 di Facebook Live, sempre più leader di partito hanno iniziato a sfruttare la piattaforma di Zuckerberg per far sentire la propria voce senza possibilità di contraddittorio. E se la diretta Facebook fosse solo la nuova maschera del comizio?
Stop. Prima di arrivare al ruolo della diretta Facebook, riavvolgiamo il nastro.
In principio era il comizio, per l’appunto. Negli anni Cinquanta politici di ogni schieramento invadevano le piazze di tutta Italia per parlare ai propri sostenitori e per toccare con mano – citando il nuovo eroe della sinistra italiana – il polso dell’elettorato.
Il dominio della televisione e la crescita del web
Poi arrivò la prima volta dei politici in televisione, con Tribuna elettorale nel 1960, ed ecco che al contatto diretto tra eletto ed elettori subentrò la mediazione sempre più ingombrante dei padroni di casa del piccolo schermo, ora giornalisti ora conduttori.
Per quanto la comunicazione politica si sia evoluta dal 1960 ad oggi, il mezzo televisivo ha di fatto dominato – e continua a dominare – la classifica dei mezzi di informazione utilizzati dagli italiani per orientarsi nel marasma pre-elettorale.
Insomma, per molti la matita usata al momento del voto è stata – e continua ad essere – solo una propaggine del telecomando. Ma da qualche anno, per un’ineluttabile questione generazionale, sta emergendo una nuova sorgente di formazione politica prima inesplorata: il web.
Le dirette Facebook
Secondo uno studio Censis, nel 2017 il 35% degli italiani e il 58,8% dei giovani hanno indicato Facebook come fonte affidabile per informarsi e orientarsi politicamente. Ed è in questo quadro che si colloca l’esplosione di un fenomeno che è tanto rilevante sul piano comunicativo quanto su quello politico: le dirette dei leader di partito, proprio sul social di Zuckerberg.
Ma dopo questo breve spiegone (copyright Boris) della situazione, torniamo alla domanda di partenza: una diretta Facebook di un Renzi, di un Salvini, di una Meloni è davvero la versione terzo-repubblicana del comizio di un Fanfani, di un Almirante, di un Berlinguer? Sì e no.
Hegel direbbe che la diretta Facebook è la sintesi perfetta tra comizio in piazza e intervista televisiva.
Da un lato, infatti, i social network segnano un punto di rottura rispetto alla TV, perché il conduttore-mediatore scompare e si torna così alla comunicazione diretta tra eletto ed elettore. Dall’altro, però, il passaggio da piazza a realtà virtuale non segna solo un cambio di contenitore, ma anche di contenuto. Dal piccolo schermo, infatti, le dirette Facebook dei politici italiani mutuano due caratteristiche essenziali: la centralità del privato e i ritmi.
E così nelle loro dirette Facebook i politici si dividono in due categorie.
La prima categoria, trascurabile, è quella che questa lezione non l’ha imparata, cui appartengono coloro che dedicano discorsi-fiume a questo o a quel tema di attualità, con argomentazioni più o meno condivisibili, ma sempre presenti, e tempi non proprio televisivi. In una parola, la diretta-Calenda: tanti contenuti e poche views.
La seconda tendenza, estremamente più rilevante per comprendere che direzione potrà prendere questo fenomeno in futuro, è quella che per comodità definiremo diretta-Meloni: un singolo tema, meglio ancora se un episodio concreto cui aggrapparsi per arrivare a un tema generale, e si parte. Dirette brevi, interazioni con gli utenti quasi nulle proprio per la brevità stessa del live, e successo assicurato.
Variazione sul tema, la diretta-Salvini: nessun tema e solo interazioni con gli utenti, con risposte a domande accuratamente selezionate per innocuità. Ed ecco la lezione televisiva, ecco cosa c’entra il privato, ecco perché sapere cos’ha mangiato per cena il Ministro dell’Interno risulta più redditizio di un discorso ben argomentato contro il decreto sicurezza. Risultato: medesimo successo della diretta-Meloni.
E se in occasione delle elezioni del 2013 i social facevano la loro prima comparsa come mezzi di scelta politica, nel 2018 sono ancora cresciuti, con una certa centralità della piattaforma di Zuckerberg nel dibattito, a discapito di una televisione che è ancora dominante, ma in (lieve) calo.
Insomma, se per capire il presente politico bisogna continuare a guardare la TV, per capire il futuro bisogna abbassare lo sguardo sullo smartphone, perché le piazze dei comizi saranno sempre più virtuali.
Davide Saracino