Il 9 luglio 1945 moriva a Manchester la poetessa Maria Pawlikowska-Jasnorzewska, ribattezzata dalla critica la “Saffo polacca”. Le poesie d’amore sono la parte forse più nota della sua produzione letteraria:

«Non ti ho visto già da un mese

e niente. Sono forse più pallida

un po’ assonnata, un po’ più silenziosa

eppure vedi che si può vivere senz’aria.»

Queste parole furono utilizzate nel 1967 da Ewa Demarczyk per la sua canzone “Pocałunki”. Nel 2000, a testimonianza di un’interesse ancora vivo nei confronti della Pawlikowska-Jasnorzewska, Kayah (conosciuta all’estero soprattutto per la sua collaborazione con Goran Bregović) interpretò la poesia “Topielice”.

Eppure, questa poetessa nata a Cracovia nel novembre del 1891 come Maria Kossak è stata molto più che i suoi versi d’amore. Dopo aver esordito nel 1922 con “Niebieskie migdały” (letteralmente “mandorle azzurre”, un titolo che richiama il detto “myśleć o niebieskich migdałach”, “pensare alle mandorle azzurre”, ovvero “sognare a occhi aperti, pensare a cose belle ma irreali”), pubblicò diversi volumi e pièce teatrali per tutti gli anni venti e trenta. Alla sua prima pubblicazione, aveva già assunto il cognome “Pawlikowska”, avendo divorziato dal primo marito sul finire della guerra ed essendosi accasata con lo scrittore Jan Gwalbert Henryk Pawlikowski nel 1919. Il loro legame durò dieci anni e nel 1931 si sposò con il capitano dell’aviazione Stefan Jasnorzewski da cui derivò il secondo cognome.

Nel 1939 Maria Pawlikowska-Jasnorzewska pubblicò un durissimo attacco al regime di Adolf Hitler, Baba-Dziwo, definita dalla stessa autrice una «tragicommedia in tre atti».

Ambientata nel paese di Prawia (tradotto in inglese come “Ritonia” – entrambi i nomi alludono alla parola “destra” “prawo” e “right”, che in entrambe le lingue significano anche “diritto”) sotto la dittatura della sessantenne Valida, vede come protagonisti una coppia di sposi, Norman e Petronika. Petronika è una scienziata che non ha paura ad esprimere quello che pensa, mentre Norman è un ex funzionario senza coraggio né personalità, una volta un importante uomo di stato, oggi costretto all’inattività proprio a causa delle idee della moglie.

Già da queste prime informazioni si può capire come l’opera della Pawlikowska-Jasnorzewska fosse avanti per i suoi tempi: non ci si limita a criticare una dittatura, ma si mettono in dubbio i ruoli prestabiliti: al capo dello stato c’è una donna, eppure questa condizione biologica non la rende affatto “femminile”. L’anziana Valida è un dittatore spietato, una donna che tratta le altre donne come meri oggetti, necessari per la riproduzione e dunque la creazione di nuovi sudditi.  Questo “mostro” creato dalla mente della Pawlikowska-Jasnorzewska”, tra Hitler e il Re Ubu, non ha problemi a sostenere i peggiori principi maschilisti secondo cui la donna deve stare in cucina e, infatti, appena conosciuta Petronika, la manda a cucinare naleśniki, tipiche crêpe polacche.

Petronika è coraggiosa e intelligente e, alla fine, grazie a uno stratagemma, riesce ad avvelenare Valida (qualcuno ha visto nelle due donne una contrapposizione tra strega buona e strega cattiva e in tutta la tragicommedia una sorta di fiaba moderna).

Norman, il marito di Petronika, è invece un uomo debole che, pur odiando la dittatrice, vive nella paura e cerca di conformarsi ai tempi che corrono. Finirà, ironicamente, per prendersi il merito dell’uccisione di Valida, perché, anche se, come ammette lui stesso, si è limitato ad odiare («ja tylko nienawidziłem») senza fare nulla di pratico, gli viene ricordato che «l’uomo risponde per la donna» (e così si chiude il cerchio: all’inizio Norman rispondeva della dissidenza della moglie con effetti negativi, ora, sempre non facendo nulla e lasciandosi ignaviamente trasportare dalla Storia, raccoglie i frutti del coraggio altrui).

Questo continuo mettere in discussione gli stereotipi (l’uomo è il più passivo di questi tre personaggi; le due donne hanno caratteri diversissimi e non certo ricongiungibili al sesso, alla biologia) è uno dei motivi per cui Baba-Dziwo sembra essere anni avanti rispetto alla sua epoca (e forse anche rispetto alla nostra).

C’è un secondo motivo per cui l’opera merita di essere letta nel 2017. Nella Polonia di oggi, in cui il governo sembra trattare le donne esattamente come la maschilista Valida, ovvero considerandole alla stregua di macchine da riproduzione, la “fiaba” di Pawlikowska-Jasnorzewska suona terribilmente attuale.

Baba-Dziwo andò in scena nel 1939 e il governo tedesco la criticò aspramente. In seguito all’invasione nazista alcuni intellettuali come Witkacy scelsero la via del suicidio (ricordato nella canzone che Kaczmarski dedicò al genio polacco nel verso «quando sarà necessario priverò io stesso il mondo di Witkacy»). Il suicidio, che pure è contemplato in Baba-Dziwo come risposta all’umiliazione subita da un regime totalitario (una famosa pilota schianta il proprio aereo dopo aver dovuto pronunciare alla radio un discorso nel quale invitava le donne a non seguire i suoi passi e a occuparsi invece della casa), non sarà la decisione presa dall’autrice. La Pawlikowska-Jasnorzewska, infatti, riuscì a fuggire in Inghilterra e passò gli ultimi anni della sua vita a Manchester, dove oggi è sepolta insieme al terzo marito, che le fu accanto nel periodo della malattia che la condusse alla morte 72 anni fa.

Luca Ventura

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