«Ambientalisti di tutto il mondo, unitevi!». Potrebbe essere questa la frase di apertura di un nuovo manifesto anticapitalista del ventunesimo secolo. È ormai chiaro che il “modo di produzione capitalistico”, definito così dal filosofo economista Karl Marx, sta portando l’intero pianeta al collasso. Economia, società e ambiente sono sotto perenne attacco della smania del profitto, il conflitto di classe tra capitalisti e salariati non sembra essersi attenuato da quando, poco meno di 200 anni fa, lo stesso Marx ne faceva oggetto di studio. Negli anni sessanta/settanta del ventesimo secolo, cento anni dopo la pubblicazione de “Il Capitale”, l’uomo ha cominciato ad accorgersi che lo sfruttamento del sistema economico capitalista non riguardava solo il rapporto uomo-uomo, ovvero quello tra capitalisti e salariati, ma anche, e soprattutto, la relazione che lo stesso uomo ha con la natura. Nel medesimo secolo, vent’anni più tardi, assistevamo impotenti alla caduta di quella che doveva essere l’alternativa naturale al capitalismo: il comunismo. Il sogno di una società più giusta ed egualitaria si è dissolto sempre più velocemente, il capitalismo ha trionfato, rendendo i ricchi sempre più ricchi, e allo stesso tempo ha fallito, aumentando il divario tra gli agiati e gli indigenti e portando l’ambiente verso un punto di non ritorno. Siamo, come si suol dire in questi casi, rimasti col cerino in mano. Per essere ancora più pessimisti anche quel cerino ci è caduto dalle mani ed ora, citando Greta Thunberg, la nostra casa, il pianeta, è in fiamme. Ma un nuovo spettro si aggira per l’Europa e per il mondo intero: lo spettro dell’ecosocialismo.
L’ambientalismo come strumento anticapitalista
Ecosocialismo, socialismo verde, ecologia socialista. Poco importa come la si chiami, la nuova corrente ideologica che unisce la battaglia a favore dell’ambiente agli ideali socialisti sembra prendere sempre più piede nel mondo ambientalista. Per dirla con le parole di Victor Wallis, autore di Red-Green Revolution: The Politics and Technology of Ecosocialism, «Ecosocialismo significa una società senza divisioni di classe che vive in una specie di armonia ed equilibrio con la natura. Non si possono prendere decisioni fondamentali per il pianeta sulla base di un calcolo del profitto». Capitalismo e ambientalismo rappresentano quindi due mondi totalmente inconciliabili. Il profitto è nemico della natura. In realtà non è sempre così: basti pensare al sempre più fiorente mercato delle auto elettriche, degli strumenti utili alla creazione di energia rinnovabile, basti pensare che nel solo 2017 sono stati investiti 335,5 miliardi di dollari nel settore dell’energia pulita.
Certo è che i suddetti investimenti riguardano solo una minima parte dei “settori capitalisti”. Secondo gli ecosocialisti finché il resto del mercato globale agirà in nome del dio profitto, finché le più grandi industrie mondiali si rifugeranno dietro al più becero greenwashing, ovvero l’arte di ingannare il consumatore attraverso lo sfruttamento strategico della sostenibilità ambientale, per poi non fare nulla di concreto a favore della natura, non sarà possibile raggiungere gli obiettivi ambientali di cui abbiamo necessariamente bisogno per preservare la vita dell’uomo, e non solo, sul pianeta Terra.
Esiste un altro punto in comune tra ambientalismo e socialismo: quello riguardante la riduzione delle disparità economiche e sociali. Non a caso nell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, il programma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità sottoscritto nel settembre 2015 dai governi dei 193 Paesi membri dell’ONU, oltre che di tutela ambientale si affrontano temi come la lotta alla povertà, l’eliminazione della fame, la riduzione delle disuguaglianze, l’incentivazione di una crescita economica duratura, inclusiva e sostenibile e un’occupazione piena e produttiva ed un lavoro dignitoso per tutti. Per raggiungere un efficace sviluppo sostenibile è importante quindi unire le tre grandi battaglie della nostra epoca: la crescita economica, l’inclusione sociale e, naturalmente, la tutela dell’ambiente.
L’ecosocialismo tra utopia e realtà
Per Michael Löwy, co-autore di “Ecosocialism: A Radical Alternative to the Capitalist Ecological Catastrophe“, il primo manifesto ecosocialista, pubblicato nel 2001, ecosocialismo vuol dire innanzitutto «…Rifiutare una definizione capitalista di “progresso” basata sulla crescita del mercato e sull’espansione quantitativa e sostenere politiche fondate su criteri non monetari, quali bisogni sociali, benessere individuale ed equilibrio ecologico». Prima gli esseri umani e la natura, quindi. Non è possibile immaginare un mondo ecosostenibile senza una giusta società, come non si può immaginare la creazione di una giusta società senza il rispetto degli equilibri ecologici del nostro pianeta. Secondo lo scrittore Alexander Langer «L’ecologismo sta al marxismo come il nuovo sta al vecchio testamento». L’ecosocialismo è il figlio perfetto di due delle più grandi battaglie umane. L’ecosocialismo è l’update del marxismo.
Questa nuova rivoluzione rosso-verde può diventare realtà o non rappresenta altro che un ennesimo ideale utopistico? Per il meteorologo Eric Holthaus i cambiamenti che la società odierna dovrà affrontare a favore dell’ecosocialismo non saranno così drastici come molti economisti tendono a far credere: «Disponiamo già della tecnologia necessaria per eliminare in breve tempo le emissioni di carbonio, ma questo non può verificarsi all’interno del nostro sistema perché chi ne occupa i vertici non può trarne giovamento (profitto, ndr)».
Non ci resta che unire le lotte: smettere di guardarci con sospetto, smettere di pretendere che la nostra battaglia, ambientale o sociale che sia, venga considerata la più importante. Abbiamo bisogno di unirci, di unire le persone, di comprendere che non esiste ricchezza più grande di una società egualitaria su un pianeta in cui l’unico capitale da difendere è quello naturale. Abbiamo bisogno di emanciparci da quella società che in nome del denaro è disposto a sacrificare l’intero pianeta e con esso le classi sociali più deboli. In conclusione, citando la filosofa americana Nancy Fraser, prima di ogni battaglia «È dal capitale stesso che dobbiamo emanciparci».
Marco Pisano