Si sono da poco concluse le elezioni polacche 2015, e la conta dei voti parla chiaro: la Polonia svolta a destra, abbracciando i proclami anti-Ue e anti-migranti degli ultraconservatori nazionalisti di PiS (Diritto e Giustizia).

Beata Szydło stravince contro la premier uscente Ewa Kopacz (Po), ottenendo il 39,1% dei voti contro il 23,4% dell’antagonista e il PiS potrà governare di fatto da solo, con un Governo che sarà sua diretta espressione. Nella Camera bassa polacca 242 deputati su 460 saranno nominati dai vincitori.
La Polonia si prepara dunque a cambiare – nonostante sotto la precedente amministrazione avesse fatto registrare un’importante crescita –, e lo farà, stando alle promesse dei vincitori, partendo da un massiccio intervento economico volto a garantire il miglioramento delle condizioni economiche delle classi meno abbienti.

VERSO LA GERMANIA, VERSO LA RUSSIA
Che il programma di Diritto e Giustizia fosse rivolto soprattutto agli ultimi era stato chiaro fin da subito, e la geografia dei consensi di queste elezioni sembra confermarlo: nelle regioni più arretrate della Polonia (soprattutto a est, verso la Russia) il PiS ha surclassato i liberali del Po, che invece hanno ottenuto la maggior parte dei propri voti nelle regioni più a ovest (nelle vicinanze della Germania).
Questa netta differenza di voto non è sicuramente di buon auspicio per un paese che nel corso della sua storia ha sempre invocato la propria unità nazionale, realizzandola però di rado. Saranno le prossime mosse del nuovo Governo in quanto a politica estera a rivelare quanto questa svolta nazionalista miri alla promessa “indipendenza da Bruxelles” e quanto invece ad un’indipendenza di facciata che sposti in realtà la Polonia verso altre sfere d’influenza – statunitense, o magari russa.
La nuova premier Beata Szydło non ha mai nascosto la sua simpatia per le scelte xenofobe di Orbán in Ungheria; quest’ultima, con Polonia e Ucraina, sta formando un blocco di paesi se non apertamente filo-russi almeno anti-Ue, una situazione che in ogni caso avvantaggia Putin, che tifa per la disgregazione dell’Unione.
L’ex premier nonché fondatore di PiS Kaczynski si è però detto favorevole ad un incremento delle basi NATO nel suo paese, ed è lecito supporre che sia lui in realtà il vero vincitore delle elezioni appena conclutesi, poiché sia il presidente Duda che la Szydło sono personaggi da lui “plasmati”, che gli sono fortemente riconoscenti.

La Polonia rappresenta dunque oggi un nuovo enigma geo-politico, che verrà risolto solamente dal tempo, si spera evitando scelte drammatiche.

L’OPPOSIZIONE CHE NON C’È
In un precedente articolo auspicavo un buon numero di voti per gli outsider Barbara Nowacka, leader di Sinistra Unita, e Kukiz, l’ex-rocker indipendente che aveva meravigliato tutti al primo turno delle presidenziali di maggio, ottenendo il 20% dei consensi. Avevo sperato ciò non per simpatie di alcun tipo ma perché le citate personalità avrebbero potuto comporre un’opposizione che scongiurasse il verificarsi di ciò che è poi avvenuto: un partito solo al comando, una situazione che fuori da ogni retorica rappresenta sempre un pericolo per la democrazia di un paese. La sinistra invece, non avendo superato lo sbarramento dell’8%, non sarà presente nel parlamento polacco, come non accadeva dal 1989, ed anche il 9% di Kukiz sembra poca cosa a fronte dell’incredibile risultato di PiS.

«A rischio, in Polonia, è la stessa democrazia», ha sentenziato Adam Michnik, direttore di Gazeta Wyborcza, ed anche il nostro compaesano Gad Lerner non ha mancato di evocare fantasmi del passato, dichiarando: «L’ultranazionalismo polacco, supportato da una Chiesa per nulla francescana. La storia si ripete, speriamo sia solo una farsa, non una tragedia».

Valerio Santori
@Santo_Santori

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