Riprendiamo il nostro percorso, con la rubrica Napoli: Miti e Leggende, alla riscoperta di Chico il mago e i maccheroni: una storia in cui realtà e fantasia hanno dato vita ad una delle più affascinanti leggende culinarie. Come sono nati i maccheroni? Per chi non avesse letto la prima parte de La leggenda dei maccheroni, di seguito il link diretto alla relativa pagina: La leggenda dei maccheroni (parte prima).
Il terrazzino del mago aveva in comune la porta di una stanzetta dove abitava col marito una donna, dagli occhi verdi e maliziosi circondati e da una capigliatura bruna e riccioluta, si chiamava Giovannella Di Canzio: furba, pettegola e dall’irrefrenabile curiosità.
Per la donna, non avere nulla da riferire alle amiche sul vicino così misterioso, divenne un pensiero assillante sia di giorno che di notte. Se da un lato Giovannella voleva scoprire i segreti di Chico, dall’altro temeva di ficcarsi in faccende troppo pericolose. Le sue esitazioni durarono fino a quando una sera, con coraggio, approfittò del momento in cui il marito andò a letto, si avvolse nello scialle nero e senza far rumore uscì sul terrazzino. Vincendo la paura si avvicinò alla porticina del mago dalla quale filtrava un po’ di luce e guardò dal buco della serratura.
Al centro della stanza c’era un’enorme cucina, con un pentolone su di una caldaia, e un tavolo di marmo su cui vi erano appoggiate delle canne di diverse misure. Poi tutt’intorno, pendenti dalle pareti, riposti sugli scaffali o sulla credenza: coperchi e padelle di tutte le forme e dimensioni, libroni rilegati in cartapecora, setacci, cucchiarelle, coltelli, piatti, tazzine, zuppiere, brocche e boccali. Quella stanza, più che all’antro di uno stregone, somigliava alla cucina del palazzo reale dove il marito di Giovannella lavorava come sguattero.
Chico pestava gli ingredienti nel mortaio, li mescolava con maestria ed ogni tanto usava le canne che aveva a portata di mano, sempre seguito dallo sguardo incuriosito di Giovannella che man mano si divertiva sempre più.
“E così sono questi i tuoi sortilegi?”
La donna rise e tornando a casa disse tra sé e sé:
“Vedrai che diavolerie sarò capace di combinare io!”
Infatti a Giovannella, pronta per darsi alle scienze occulte, bastarono soltanto tre giorni di esperimenti per mettere a punto la sua magia, a differenza del povero Chico che stava cercando di perfezionarla da mesi. Una mattina annunciò al marito:
“Giacomo, la nostra fortuna è fatta”
e lui a lei: “Sei diventata una strega?”
“Ma no! Devi dire al cuoco di palazzo che conosco una pietanza così squisita da meritare l’assaggio del re”
“Devi essere impazzita”
“Dio mi fulmini se sto mentendo”
disse Giovannella che con carezze e sdolcinerie, vinse la resistenza del timoroso Giacomo, convincendolo a parlare della cosa con il cuoco, il quale ne avrebbe fatto arrivare voce fino al re con un passaparola tra maggiordomi e conti. Quando a Federico arrivò la notizia, ordinò di convocare a corte Giovannella che nelle cucine reali avrebbe dovuto preparargli questo fantomatico piatto. La donna precipitatasi al palazzo del re, per prima cosa cacciò fuori cuochi, sguatteri e camerieri, dicendo che si trattava di un segreto; poi si mise all’opera.
I maccheroni prendono forma
Impastò farina con acqua, dando vita ad un panetto che lavorò a lungo e, con l’aiuto di una grossa canna, ne fece una pettola sottile come una tela. Tagliò la pasta dandogli la forma di tanti piccoli quadrati, li avvolse su una canna sottile, li sfilò e ne ricavò dei cilindretti di pasta forata. Li mise ad asciugare e nel frattempo iniziò a soffriggere in un tegame strutto, cipolla tritata, aglio e un po’ di sedano con carotine. Vi aggiunse un bel pezzo di carne che fece rosolare come una cuoca provetta, lo bagnò con vino rosso e, quando questo fu evaporato, ricoprì il tutto con una cascata di pomodori rossi passati al setaccio. Coprì il tegame e lasciò cuocere lentamente il tutto per tre ore.
Poco prima dell’ora di pranzo Giovannella calò nell’acqua bollente la pasta che aveva lasciato riposare per bene poi, dopo pochi minuti, la tirò su e la condì in una preziosa zuppiera con strati di la salsa e una cucchiaiata di parmigiano grattugiato. Guarnì il tutto con un bel ciuffo di basilico e consegnò la pietanza ad uno dei maggiordomi che subito portò la zuppiera fumante alla tavola del re.
Segue la prossima settimana con La leggenda dei maccheroni (parte terza)
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Fabio Palliola