Le elezioni europee sono passate e non hanno lasciato invariato il panorama politico italiano. Infatti, Luigi Di Maio aveva annunciato che il 30 maggio 2019, sulla piattaforma Rousseau, gli iscritti del Movimento 5 Stelle avrebbero votato se confermare la leadership al politico campano o fare un balzo in avanti, alla ricerca di un nuovo nome per far prendere di nuovo quota al movimento.
I primi segnali nefasti per Luigi Di Maio
Proprio alcune settimane fa abbiamo spiegato come le abilità politiche di Matteo Salvini e l’inettitudine di Luigi Di Maio avessero fatto variare la bilancia delle votazioni, spostatasi nettamente verso la Lega. I fattori sono stati molti e la colpa non è tutta del politico avellinese.
Il Movimento 5 Stelle da parecchi mesi serve su un piatto d’argento ai suoi rivali politici buoni motivi per denigrazioni pubbliche. Alcuni ministri si sono infatti rivelati non all’altezza dei loro incarichi e lo stesso Luigi Di Maio è apparso come figura in ombra rispetto a Matteo Salvini. Risultato? In queste ultime elezioni europee la Lega e il Partito Democratico hanno banchettato sul cadavere di quello che un giorno era il primo partito politico non solo per consensi ma anche per energia innovatrice.
Il Movimento 5 Stelle e le elezioni europee
Dopo i primi segnali arriva repentina la caduta. Il 26 maggio i cittadini europei sono stati chiamati a eleggere i 751 deputati che comporranno il nuovo parlamento. Proprio in questa recentissima occasione il Movimento ha perso molti consensi passando dal 32% dell 2018 a un misero 17%.
Dove sono finiti i voti del Movimento 5 Stelle? Ovviamente buona parte degli italiani, ancora accecati dalla rabbia, persuasi dalle parole di Salvini in grado di arrivare a chiunque, ha votato la Lega vedendola come valida alternativa al Movimento, riconoscendo forse in Luigi Di Maio un leader meno convincente del leader leghista. La Lega è così passata dal 17% del 2018 a un 34.3% delle ultime elezioni europee.
A porsi davanti a Luigi Di Maio e al suo Movimento ci ha pensato anche il Partito Democratico di Nicola Zingaretti. Si può immaginare che due fattori abbiano spinto a questo sorpasso: il fattore più determinante è sicuramente la caduta di Matteo Renzi, mentre a far la sua parte ci potrebbe essere stato anche un richiamo di coscienza da parte di alcuni ex elettori del Movimento 5 Stelle.
Alcuni hanno rinnegato il Movimento visto l’appoggio quasi totale alle politiche della Lega di Matteo Salvini, un’alleanza che sicuramente ha fatto storcere molti nasi in casa delle Stelle (vedi il caso De Falco).
L’alba del giorno dopo per Di Maio e i 5S
Il 27 e il 28 maggio sono piombate su Luigi Di Maio una serie di critiche da parte dei suoi colleghi che probabilmente lo hanno portato alla scelta del 29 maggio. Sono state molte le voci che si sono levate dal Movimento 5 Stelle, e ognuna ha portato una critica diversa alla gestione del Movimento da parte del politico avellinese.
Il primo è stato il senatore Paragone che auspica per il futuro del Movimento qualcuno che abbia la leadership h24 per controllare al meglio le attività politiche. Arrivano anche le dichiarazioni di Roberta Lombardi, capogruppo alla regione Lazio, che punta il dito contro la scelta di concentrare il potere nelle mani di un solo uomo, definendola appunto come deleteria e da Prima Repubblica. Ci vorrebbe per lei una maggiore partecipazione da parte di tutti.
Il senatore Morra è stato il più originale di tutti: ha infatti proposto di trovare cinque elementi, ovviamente votati dagli attivisti 5S, che rappresentino le correnti interne del Movimento e che portino quindi a una sintesi. Insomma, in un contesto dove prevale la diversità, l’unico fattore comune è la messa in discussione di Luigi Di Maio.
La chiamata in causa della piattaforma Rousseau
Di Maio ha dunque annunciato la messa ai voti sulla piattaforma digitale Rousseau la sua permanenza come capo politico del partito. Oltre a dare indicazioni sulle votazioni che si sono svolte il 30 maggio dalle ore 10 alle ore 20, ha anche voluto riassumere il suo percorso e il suo punto di vista su tutta la questione. Ha voluto sottolineare di non essersi mai risparmiato, di averci sempre messo la faccia e di non essersi mai sottratto alle sue responsabilità, compiendo scelte in nome degli attivisti e nel bene del Movimento.
Discorso che potrebbe aver fatto breccia insieme ad altre considerazioni politiche visto che, Luigi Di Maio, è stato confermato come leader del Movimento 5 Stelle. I numeri parlano chiaro: circa l’80% degli iscritti alla piattaforma digitale Rousseau ha votato per la sua permanenza (si parla di circa 45mila voti a favore). Gli attivisti hanno scelto e ora sarà del politico avellinese la responsabilità di cambiare le tendenze dell’elettorato italiano.
Di Maio sembra intenzionato a voler far governare la Lega e quindi a limitarsi a revisionare e analizzare le proposte dell’alleato di governo. Scelta che, secondo varie indiscrezioni, mira a far rovinare la Lega con le proprie mani. Non è del tutto escluso neanche un piccolo rimpasto governativo per far cambiare le poltrone che hanno attirato più critiche in questa legislatura.
Aldilà di queste ipotesi che circolano ormai su tutti i quotidiani nazionali comunque non è probabile che il movimento prenda le distanze dalla Lega dato che una scelta simile comporterebbe un’accentuazione della crisi del governo ed una caduta imminente. Questo è lo scenario che spaventa maggiormente il Movimento 5 Stelle perché probabilmente, data la recente sconfitta elettorale, non riuscirebbe ad avere i numeri per far parte di un nuovo esecutivo e anche la forza parlamentare del movimento sarebbe notevolmente ridimensionata.
Simone Martuscelli