Dopo tre giorni di feti di plastica e contro-mobilitazione transfemminista, il famigerato Congresso Mondiale delle Famiglie a Verona è finalmente giunto alla sua “naturale” conclusione. Ma non dobbiamo commettere l’errore di pensare che sia tutto finito, perché al contrario è stato solo l’inizio.
L’organizzazione della XIII edizione del Congresso Mondiale delle Famiglie, festival fondamentalista cristiano e ultra-conservatore, che ha palesato tra l’altro la stretta relazione tra quest’ultimo e il blocco dell’estrema destra fascista, dovrebbe innanzitutto spingerci a una riflessione più profonda sullo stato della democrazia tanto in Italia quanto in Europa.
Dopo questi tre giorni non possiamo più ignorare l’attacco che questi meschini personaggi stanno mettendo in campo contro la libertà.
Una vera e propria guerra ai diritti umani è stata inaugurata dai “nuovi crociati”: iniziata più di vent’anni fa al Vaticano con la battaglia culturale alla cosiddetta “ideologia del gender”, caritatevolmente finanziata da magnati russi e statunitensi, corroborata da una strategia di marketing stellare ad opera di diversi attori europei e legittimata dai politici della destra populista, la lotta degli attivisti anti-aborto è arrivata fin dentro le nostre case e le nostre scuole.
Ma partiamo dall’inizio.
Il Vaticano e la “guerra santa” al gender
Nonostante molti di noi abbiano iniziato a sentir parlare del
Congresso Mondiale delle Famiglie poco più di un mese fa, l’imboscata è stata a lungo premeditata.
Vaticano, 2003. Già da una decina d’anni, con la crescente visibilità dei movimenti LGBT e la diffusione del concetto di gender, l’establishment religioso si rende conto di trovarsi davanti ad un problema molto grosso.
Attira sempre più consenso l’idea che i generi maschile e femminile non abbiano nulla a che fare con la la natura biologica dei genitali delle persone, ma siano piuttosto dei costrutti culturali il cui scopo è organizzare la società secondo uno specifico ordine sessuale (patriarcale).
Viene messo in discussione il binarismo che vuole l’esistenza di due soli generi, rigidamente definiti da pratiche sociali e sessuali differenziate, e che insiste sulla norma dell’eterosessualità, negando il diritto alla famiglia di tutti coloro che non si identificano con tale norma.
Ma queste idee mettono in discussione l’essenza stessa della Chiesa, che passa dunque al contrattacco. In un mondo in cui il creazionismo non fa più presa su nessuno (o quasi), è necessario dare una risposta che vada aldilà della teologia per spiegare la necessità del suddetto ordine sessuale (patriarcale ed eteronormativo).
Per questo la Chiesa decide di lasciare da parte l’anacronistica argomentazione della sottomissione della donna ed elabora un nuovo discorso, moderno e pseudo-scientifico, sancito da una serie di pubblicazioni tra cui “Lexicon: termini ambigui e discussi su famiglia, vita e questioni etiche” (2003).
La nuova verità della Chiesa è la cosiddetta antropologia umana: l’uomo e la donna, così come creati da Dio, sono due esseri naturali e naturalmente complementari. Il matrimonio e la famiglia sono l’istituzione che protegge questa realtà naturale, mentre chi sostiene la “teoria del gender” ha come obiettivo la creazione di una società composta da esseri trans-umani e artificiali, né uomini né donne, naturalmente sterili.
La questione della procreazione è un punto fondamentale non solo di questo nuovo discorso religioso, ma di quello che diventerà a contatto con la politica.
Dai libri alle strade: la mobilitazione anti-gender e anti-aborto entra in politica
Spagna, Italia, Francia 2012. Sono passati quasi dieci anni dall’inizio del rebranding della cosiddetta “famiglia naturale”, anni che hanno visto la legittimazione e diffusione del nuovo discorso cattolico-conservatore.
Si saldano indissolubilmente i termini “teoria” e “gender”, concretizzando nel linguaggio comune il successo della battaglia dell’establishment teologico-religioso contro la scienza.
Il fatto che il concetto di gender sia ampiamente accettato nelle scienze sociali (dalla psicologia alla sociologia, passando dall’antropologia e le scienze politiche), oltre ad essere il concetto fondante di nuovi campi di ricerca scientifica come gli studi di genere e queer, passa in secondo piano nell’ottica della persona comune, per la quale ogni posizione scientifica non è altro che opinione .
Dopo il 2007, che vede la nascita sull’asse Roma-Madrid del Family Day, c’è un fiorire di organizzazioni, onlus e associazioni ambigue che condividono due elementi comuni: i legami economici con la Russia, rappresentati dalla costante presenza (più o meno ufficializzata) dell’ambasciatore del Congresso Mondiale delle Famiglie Alexey Komov, il quale è un dipendente del miliardario russo Konstantin Malofeev (secondo gli USA uno dei principali finanziatori della guerra in Crimea); i legami politici con l’estrema destra.
Tra il 2012 e il 2013 in Italia vede la luce la ProVita onlus, un’associazione “apartitica e apolitica” il cui portavoce ufficiale è Alessandro Fiore, figlio del leader di Forza Nuova Roberto Fiore. L’organizzazione, i cui legami con Forza Nuova sono stati già ampiamente esposti, vive dei (pochi) proventi del proprio organo di stampa Notizie Pro Vita (esentasse dal 2014) e, soprattutto, dei soldi del 5 per mille: 1.757,69 euro nel 2014, che diventano miracolosamente 14.662,89 nel 2015.
Contemporaneamente in Spagna Ignacio Arsuaga, personaggio legato alla destra conservatrice del Partito Popolare le cui posizioni ultra-cattoliche sono ben note, fonda il gruppo CitizenGo, di cui fanno parte oltre alla già citata ProVita onlus anche Generazione Famiglia, Comitato Difendiamo i Nostri Figli e Novae Terrae (fondata da Luca Volonté, parlamentare dell’UDC accusato di corruzione e poi assolto). CitizenGo è l’agenzia che sta dietro alle campagne di marketing che hanno agitato l’opinione pubblica in Italia e in Spagna nell’ultimo anno (ricordate i manifesti anti-aborto apparsi a Roma).
Anche la Francia vede un incrementare della mobilitazione anti-aborto tra il 2012 e il 2013, in relazione all’approvazione del matrimonio ugualitario e del diritto all’adozione per le coppie non eterosessuali (avete presente i 9 milioni che Marine Le Pen ha preso in prestito da una banca russa nel 2014?).
I diritti del bambino e la sostituzione razziale
Uno degli aspetti più affascinanti di queste campagne di lobby è quello del marketing: gli attivisti anti-aborto hanno fatto proprio il vocabolario dei diritti umani e lo utilizzano per sostenere idee che violano quegli stessi diritti.
Presentando la comunità LGBT come una lobby miliardaria che lotta per i diritti dei più ricchi, dipingono sé stessi come rappresentanti di una minoranza vittima di una diabolica cospirazione. Si ergono a difensori dei diritti dei bambini, “dal concepimento fino alla morte naturale”, e della “dignità” della donna, mentre chiedono misure che, come è chiaramente dimostrato dai dati, non fanno altro che minare questi diritti, aumentando la violenza di genere e la mortalità femminile.
Non ci vuole molto per capire che il diritto all’aborto non è responsabile per la bassa natalità, anzi è proprio la possibilità di accedere ad un aborto gratuito e sicuro per tutte che difende i settori più economicamente vulnerabili della società dalle discriminazioni. Inutile sottolineare che il proibizionismo fallisce nel diminuire il tasso di aborto, mentre l’educazione sessuale e la contraccezione lo fanno.
La rappresentazione di chi pratica l’aborto come nemico della famiglia e della vita, l’orrore evocato dall’utilizzo del termine “utero in affitto” e lo scandalo per chi nega a un bambino il “diritto ad avere una mamma e un papà”, il cui matrimonio dev’essere eterno e indissolubile, servono tra l’altro ad implementare un altro “panico morale”, quello della sostituzione razziale.
Infatti, ed è importante specificarlo, i pro life non solo non sostengono la vita e la libertà delle donne, ma ancor meno quella di coloro che non appartengono all’ordine sessuale europeo bianco e patriarcale.
La “contro-rivoluzione del buon senso” ha uno scopo preciso: assicurarsi la vittoria della “famiglia naturale”, quella formata da un uomo e una donna cristiani, bianchi e dei loro bambini, contro l’invasione dei pericolosissimi islamici e delle loro famiglie numerose.
Il Congresso Mondiale delle Famiglie
Verona, 2019. Il Congresso Mondiale delle Famiglie, che fa capo all’International Organization of Families un gruppo lobbistico statunitense fondato da Brian Brown i cui 4,7 milioni di finanziamenti nel 2011 vengono da due misteriosi donatori privati, viene organizzato a Verona la patria dell’estrema destra italiana.
Secondo un’inchiesta di Human Rights Campaign, una delle tante organizzazioni per i diritti civili che classificano il Congresso Mondiale delle Famiglie come “hate group“, il capitale di cui dispone l’organizzazione ammonta a 216 milioni di dollari. Parte di questi soldi proviene, come abbiamo detto, dalla Russia, passando per tutta una serie di organizzazioni di estrema destra e ultra-religiose europee, mentre più di 200 mila dollari provengono dalla chiesa evangelica e dalla ONG americana Howard Center.
Ad una prima analisi sembra proprio che le “vittime” della lobby LGBT siano tutt’altro che un gruppo minoritario: al contrario il WCF è la magnifica espressione di una rete globale altamente organizzata e finanziata dalle élite conservatrici di Europa, Stati Uniti e Russia.
Ed è così che tra il 29 e il 31 marzo si svolge, nello sfarzo del palazzo della Gran Guardia e circondato da un incredibile dispiegamento delle forze di sicurezza nazionali, il Congresso Mondiale delle Famiglie a Verona.
Claudia Tatangelo