Uno dei punti più discussi del Rosatellum è sicuramente l’assenza del voto disgiunto, che rischia di penalizzare fortemente la libertà dell’elettore.
Allo stato attuale, la legge elettorale non permette di esprimere due preferenze separate per la parte uninominale e per quella proporzionale. Sarà impossibile, ad esempio, esprimere la preferenza per il proprio partito nella parte proporzionale e sostenere invece, al maggioritario, un candidato magari di “colore politico” diverso ma ritenuto più affidabile degli altri.
Oltretutto, in un sistema misto come quello del Rosatellum — in cui il 36% dei seggi viene assegnato tramite sistema maggioritario e il 64% tramite sistema proporzionale — l’assenza del voto disgiunto sembra essere una contraddizione in termini, come affermato in un’intervista al Corriere della Sera dall’ex presidente della Corte Costituzionale Valerio Onida. Il docente di Diritto Costituzionale della Statale di Milano non crede che ci siano gli estremi perché la legge venga dichiarata incostituzionale — come invece sostenuto dal Movimento 5 Stelle, principale oppositore di questa legge — ma aggiunge:
«Costringere l’elettore a trasferire il suo voto sulla lista (o sulle liste) collegata è una forzatura che travisa il carattere uninominale, seppure per un terzo, della legge. Vuol dire favorire l’alterazione, se non la falsificazione, della volontà dell’elettore».
[Valerio Onida, intervista al Corriere della Sera, 9 ottobre 2017]
In parole povere, senza il voto disgiunto la parte uninominale diventa semplicemente il prolungamento di una scelta di carattere politico e partitico, incentrata verso un sistema di alleanze e coalizioni, piuttosto che di un’attenzione verso il singolo candidato rappresentativo del territorio.
Il problema della mancata rappresentatività territoriale assume una maggiore rilevanza al Senato, organo che la Costituzione prevede sia eletto su base regionale e che ha quindi per sua natura un rapporto più stretto con i territori. L’assenza del voto disgiunto, la novità della soglia di sbarramento del 3% su base nazionale valida anche per il Senato, ed il numero minore di collegi — 116, la metà esatta dei 232 collegi previsti per il Senato dal Mattarellum — che quindi risultano essere più popolosi (la media nazionale è di circa 500.000 persone), fa sì che vada un po’ perso uno dei principali vantaggi del maggioritario, ovvero il rapporto diretto tra elettori ed eletti.
I correttivi ci sarebbero, e sono per di più di semplice attuazione.
Si potrebbe ricorrere ad una doppia scheda, come già previsto dal Mattarellum in vigore dal 1994 al 2006: questo però vorrebbe un aumento sostanziale dei costi per gli scrutatori gravanti sulle casse comunali, spesso insostenibile.
Oppure, più semplicemente, si potrebbe consentire un doppio voto su una singola scheda, come già avviene in Italia alle elezioni regionali o a quelle comunali (per i Comuni sopra i 15.000 abitanti).
La presenza del voto disgiunto inoltre andrebbe ad evitare che voti espressi nella parte uninominale per ragioni di natura clientelare vadano ad inficiare l’assegnazione dei seggi del proporzionale.
Quello del voto disgiunto non è però l’unico nodo del Rosatellum che rischia di limitare la libertà dell’elettorato.
Attenzione particolare merita la questione delle candidature multiple: ogni candidato potrà presentarsi, oltre al collegio uninominale, in massimo 5 collegi plurinominali. Questo significa che i partiti potranno scegliere in anticipo i propri “fedelissimi” da candidare in più collegi per avere più possibilità di elezione, sfruttando il meccanismo dei listini bloccati con assenza delle preferenze.
Il rischio delle candidature multiple, inoltre, è che i candidati risultino essere di numero inferiore rispetto ai seggi ottenuti dalla lista o dalla coalizione, e quindi paradossalmente di trovarsi a non avere abbastanza parlamentari da eleggere.
L’impressione quindi, è che l’impianto di base del Rosatellum sia omogeneo e ben costruito, ma che presenti delle lacune eliminabili attraverso modifiche relativamente semplici. Forse troppo semplici perché rimangano inascoltate.
Simone Martuscelli