amore (fonte immagine: adelphi.it)

La verità, vi prego, sull’amore (O tell me the truth about love) è una raccolta di poesie, brevissima, di Wystan Hugh Auden (York, 21 febbraio 1907 – Vienna, 29 settembre 1973). 10 poesie, ognuna delle quali ruota attorno a un concetto: tentare di definire l’amore è una cosa impossibile e ogni sforzo è grottesco, se non addirittura ridicolo. Ma Auden riconosce che è proprio nel ridicolo che risiede il linguaggio specifico dell’amore.

«I temi di queste poesie sono l’amore e la disonestà, i due poli tra i quali ci siamo trovati a soggiornare nel nostro secolo, pronti a gloriarci della loro occasionale divergenza ma bravissimi, anche quando siamo sfortunati, a conciliarli fra loro, a fonderli insieme. Ci sono buone ragioni se i versi del poeta oscillano tra la più intensa tenerezza e parossismi di indifferenza, e se da queste oscillazioni nasce uno stridente lirismo che non ha precedenti.» Così scrive Iosif Brodskij presentando queste dieci poesie di W. H. Auden, composte negli anni Trenta.

Attraverso una analisi lucida il poeta cerca di indagare sul significato reale dell’amore, e scrive questo:

Dicono alcuni che amore è un bambino,
e alcuni che è un uccello,
alcuni che manda avanti il mondo,
e alcuni che è un’assurdità,
e quando ho domandato al mio vicino,
che aveva tutta l’aria di sapere,
sua moglie si è seccata e ha detto che
non era il caso, no.

Assomiglia a una coppia di pigiami,
o al salame dove non c’è da bere?
Per l’odore può ricordare i lama,
o avrà un profumo consolante?
È pungente a toccarlo, come un pruno,
o lieve come morbido piumino?
È tagliente o ben liscio lungo gli orli?
La verità, vi prego, sull’amore.

I manuali di storia ce ne parlano
in qualche noticina misteriosa,
ma è un argomento assai comune
a bordo delle navi da crociera;
ho trovato che vi si accenna nelle
cronache dei suicidi,
e l’ho visto persino scribacchiato
sul retro degli orari ferroviari.

Ha il latrato di un alsaziano a dieta
o il bum-bum di una banda militare?
Si può farne una buona imitazione
su una sega o uno Steinway da concerto?
Quando canta alle feste, è un finimondo?
Apprezzerà soltanto roba classica?
Smetterà se si vuole un po’ di pace?
La verità, vi prego, sull’amore.

Sono andato a guardare nel bersò;
lì non c’era mai stato;
ho esplorato il Tamigi a Maidenhead,
e poi l’aria balsamica di Brighton.
Non so che cosa mi cantasse il merlo,
o che cosa dicesse il tulipano,
ma non era nascosto nel pollaio,
e non era nemmeno sotto il letto.

Sa fare delle smorfie straordinarie?
Sull’altalena soffre di vertigini?
Passerà tutto il suo tempo alle corse,
o strimpellando corde sbrindellate?
Avrà idee personali sul denaro?
È un buon patriota o mica tanto?
Ne racconta di allegre, anche se spinte?
La verità, vi prego, sull’amore.

Mi hanno detto che non puoi dimenticare
quello che provi quando lo incontri,
l’ho cercato da quando ero un bambino
ma non l’ho ancora trovato:
sto per avere trentacinque anni
e ancora non so
che tipo di creatura può essere
che riesce a turbare così.

Quando viene, verrà senza avvisare,
proprio mentre mi sto frugando il naso?
Busserà la mattina alla mia porta,
o là sul bus mi pesterà un piede?
Accadrà come quando cambia il tempo?
Sarà cortese o spiccio il suo saluto?
Darà una svolta a tutta la mia vita?
La verità, vi prego, sull’amore.

In questi versi si parla di amore e ci si chiede qual è la verità sull’amore. E la risposta è in questa poesia, carica di interrogativi, alcuni retorici altri assolutamente sorprendenti, che sembrano dire basta a tutte quelle inutili banalità, a tutte le cose non dette, a tutte quelle che non si sono realizzate. Amore è tutto quello che è stato detto e tutto quello che verrà detto.

Difficilmente si troveranno canzoni d’amore così cariche di apprensione, così piene di disillusione per chi ama e per chi è amato. Sono “ballate” tragiche ma che hanno il grandissimo pregio di rimanere divertenti, così ironiche perché figlie della desolazione.

fonte immagine: bl.uk

«Fermate tutti gli orologi, isolate il telefono,
fate tacere il cane con un osso succulento,
chiudete i pianoforte, e tra un rullio smorzato
portate fuori il feretro, si accostino i dolenti.»

Cosa c’è dietro questi imperativi? Chi c’è, chi è la persona per cui è stata scritta questa poesia, Blues in memoria? Nessuno. Il canto di dolore di Auden, il canto di un amore che non cessa davanti alla morte, che diventa dolore condiviso, in realtà è una presa in giro, è satira nei confronti di un politico morto. Ma, ironia, il tempo – proprio quello che si deve fermare davanti a questa morte – l’ha trasformata nella poesia scritta da un poeta al suo compagno morto. E si soffre dentro questi versi devastanti e così vicini alla realtà, talmente tanto veri che toccano corde, memorie e sentimenti del cuore.

Incrocino aeroplani lamentosi lassù
e scrivano sul cielo il messaggio Lui È Morto,
allacciate nastri di crespo al collo bianco dei piccioni,
i vigili si mettano guanti di tela nera.

Lui era il mio Nord, il mio Sud, il mio Est ed Ovest,
la mia settimana di lavoro e il mio riposo la domenica,
il mio mezzodì, la mezzanotte, la mia lingua, il mio canto;
pensavo che l’amore fosse eterno: e avevo torto.

Funeral Blues è la poesia che mette insieme amore e morte, una poesia che racconta l’irrazionalità dell’amore e del sentimento: se l’amore ci rende ridicoli, la morte ci rende sofferenti e la morte di chi amiamo è un lutto troppo grande che esige il silenzio. Stop all the clocks, cut off the telephone… Silence the pianos.

Non servon più le stelle: spegnetele anche tutte;
imballate la luna, smontate pure il sole;
svuotatemi l’oceano e sradicate il bosco;
perché ormai più nulla può giovare.

In questa ultima strofa, potente – forse la più potente – Auden ha esagerato ed esasperato l’egoismo dell’amore: spegnete le stelle, ho perso il mio amore, non servono più. Il dolore per l’amore perduto che ci rende, nessun escluso, un piccolo dio che smantella il mondo intero. Un osservatore esterno potrebbe pensare che è tutto troppo esagerato, e qui torna il senso del ridicolo del sentimento amoroso.

Ed è a questo punto che il lettore decide da che parte sedersi: se dalla parte dei cinici o dalla parte dei romantici. Ognuno crede di aver capito cos’è l’amore. Pensa di essere nel giusto. Ma Auden ci mostra che tra questi due schieramenti nulla è meglio della poesia per spiegare, per capire, per restituire «la verità, vi prego, sull’amore

Valentina Cimino

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