Gender pay gap, l’esempio del Lazio, il dovere di tutti
Fonte: The Guardian

Il 21 maggio scorso il Consiglio Regionale del Lazio ha approvato all’unanimità la legge contro il gender pay gap, ovvero contro il divario salariale tra uomini e donne. Il Lazio è la prima regione italiana in cui viene approvata una simile norma che, attraverso una serie di misure, vuole creare un mercato del lavoro più equo, che favorisca il pieno sviluppo delle capacità e la piena partecipazione delle donne.

Per contrastare il gender pay gap, dunque, la legge vuole: favorire la permanenza e il reinserimento delle donne nel mercato del lavoro, valorizzarne le competenze, favorire la conciliazione tra tempi di lavoro e tempi di vita anche puntando su un’equa distribuzione del lavoro di cura all’interno della famiglia, diffondere la cultura del rispetto e della non discriminazione nei luoghi di lavoro e fissare regole che garantiscano un’equa rappresentanza di genere all’interno degli organi amministrativi e di controllo.

Inoltre, è prevista l’istituzione di una “Giornata regionale contro le discriminazioni di genere sul lavoro”, che si terrà ogni 7 giugno, in cui la Regione Lazio premierà le aziende iscritte nel registro regionale che si saranno particolarmente distinte nella riduzione del gender pay gap o che abbiamo messo su pratiche innovative ed efficienti in materia di parità di genere. Il contrasto al divario salariale è, dunque, l’oggetto della legge promossa dalla Regione Lazio. Per gender pay gap, o più precisamente “differenziale retributivo di genere non rettificato” si intende la differenza nella retribuzione oraria lorda tra uomini e donne; nel calcolo, però, non si tiene conto di fattori come le differenze in termini di istruzione e di esperienze sul mercato del lavoro e non vengono considerate le aziende con meno di dieci dipendenti.

Secondo l’Eurostat, nel 2019 la percentuale media di divario salariale nell’UE si attestava al 14%, con l’Estonia primo Pese per gender pay gap (23%) e la Romania ultimo Paese con il 3%; l’Italia si colloca tra i paesi con il tasso di divario salariale più basso (5%). Tuttavia, come sottolineato anche dal Parlamento Europeo, un basso tasso di divario salariale non significa necessariamente che vi siano paghe più eque tra lavoratori e lavoratrici, ma una così bassa percentuale può essere data anche da altri fattori, come ad esempio una minore partecipazione delle donne al mercato del lavoro. Quest’ultimo caso sembra incidere sulla percentuale italiana di gender pay gap. A conferma di tutto ciò basta osservare i dati riportati dall’ Istat secondo cui lo scorso dicembre sono state 101mila le persone che in Italia hanno perso il lavoro, 99mila delle quali erano donne.

Per quanto riguarda, invece, il divario retributivo di genere complessivo, ovvero la differenza tra il salario annuale medio di una donna e quello di un uomo, l’Italia registra un gap del 43%: la media UE è del 37%. Il gender pay gap è determinato da diversi fattori che incidono sulle disuguaglianze di genere. In primis una segregazione settoriale: le donne tendono a trovare impiego in settori poco retribuiti o retribuiti a nero, come ad esempio quelli che comprendono tutte le professioni che hanno a che fare col lavoro di cura o lavoro domestico. Al contrario, la loro presenza scarseggia in settori lavorativi quali scienze, tecnologia, ingegneria e matematica (STEM).

Altro fattore che limita la partecipazione delle donne al mercato del lavoro è la difficoltà nel conciliare vita lavorativa e vita privata: tale problema ha sia una matrice culturale (patriarcale) che fa sì che il lavoro domestico e di cura di figli e figlie, anziani ed anziane ricada quasi esclusivamente sulle donne della famiglia, sia una matrice politico-amministrativa, per cui molti servizi di cura della persona non sono accessibili e un congedo parentale efficace, funzionante e non discriminatorio ancora tarda ad arrivare. Altra causa è il cosiddetto “soffitto di cristallo” , o ceiling glass, ovvero tutti quei meccanismi che tendono a opprimere le donne e impedire loro di arrivare ai vertici delle aziende, delle università e, più in generale, della società. Infine la discriminazione, che porta le donne a guadagnare meno dei loro colleghi pur svolgendo lavori di pari importanza.

Quello del Lazio è un precedente importante nella storia contemporanea italiana: il nostro Paese, infatti, è profondamente segnato dalle disuguaglianze di genere, le quali si acuiscono anche in base alle regioni e ai territori di appartenenza. La legge contro il gender pay gap della Regione Lazio è una battaglia di civiltà che segna un importante passo in avanti per la piena autonomia ed indipendenza delle donne. Rimane da chiedersi quanto tempo ancora sarà necessario aspettare prima che le altre Regioni decidano di seguirne l’esempio.

Martina Quagliano

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