“Prossimo e remoto” di Eleonora Rimolo è una finestra spalancata sulla necessità, di restare ed essere umani. La necessità di “relazioni” e adempimento delle responsabilità che noi tutti abbiamo nei confronti dell’altro – che sia “prossimo” o “remoto” – e a cui dobbiamo rispondere per poterci definire degni di vivere (e non sopravvivere). È il racconto di una richiesta ossessiva di comunicazione e connessione, dell’uomo con gli altri uomini, con la natura, e infine con il mondo interiore più tenebroso e silenzioso. Una richiesta ancestrale di condivisione, contro tutti i monadismi di tendenza, un’attestazione ferma della volontà di restare e di riuscire a formare almeno una crepa nel muro di cemento armato dell’egoismo.
Il ritmo della narrazione è scandito da tre sezioni: Microcosmo, Isola e Macrocosmo, che accompagnano il lettore in un viaggio attraverso la fragilità e la paura, la speranza e il mistero che circondano l’esistenza nella sua totalità.
La postfazione è del più grande poeta contemporaneo italiano, Milo de Angelis.
Quindi “Prossimo e Remoto” nasce come volontà di dirsi umani, di coltivare relazioni e tenere fede alle promesse e responsabilità nel rispetto dell’altro. È lotta dichiarata all’egoismo, quindi deve derivare dagli effetti e conseguenze della sofferenza. Lei, Eleonora, come allontana i momenti negativi che possono minare la sua serenità?
«Solitamente reagisco in due modi differenti: mi immergo nella lettura, per allontanarmi da me stessa e poi tornare a guardarmi con più oggettività e distanza, dopo aver “vissuto la vita degli altri” nei libri; altre volte, provo ad estraniarmi facendo attività a cervello spento, per cercare di ritrovare il mio equilibrio interiore. Questo nella consapevolezza che la crisi è necessaria quanto la serenità, e che se non ci fossero momenti di crisi non ci sarebbe evoluzione nel pensiero e nell’azione.»
Quali sono le difficoltà che ha incontrato durante il suo percorso di scrittura?
«Quando sento di dover scrivere, lo faccio e non incontro difficoltà: la necessità di comunicazione supera qualsiasi ostacolo. Quando non c’è la vena, non penso a forzarmi, non mi preoccupo del tempo che passa senza ispirazione: è tempo dovuto, utile alla ricomposizione di un assetto interiore che deve maturare e interiorizzare nuove esperienze e nuove immagini.»
Cosa sono la bellezza e la felicità per Eleonora Rimolo?
«La bellezza è la catarsi del brutto della vita, la traduzione del dolore in un “oggetto” artistico che riesca non a dare consolazione, ma a restituire forza e consapevolezza del male, tramite un’emozione sublime e quindi bella e terribile allo stesso modo.
La felicità è la meta impossibile, ma irrinunciabile, a cui tutti tendiamo senza poterla mai raggiungere davvero: tuttavia, questo sforzo – questo Streben – è fondamentale a far sì che ciascuno di noi si metta in viaggio e cerchi di raggiungere, giorno dopo giorno, delle piccole conquiste di breve felicità. Rincorrere i nostri desideri è fondamentale. Propone un senso all’esistenza, anche se il desiderio si rigenera continuamente e nessuno di noi è mai è del tutto soddisfatto una volta raggiunto un obiettivo: mira sempre a quello successivo. Non credo sia un male, penso che questo meccanismo apparentemente nevrotico ci spinga a dare il meglio di noi stessi (o il peggio, a volte, ma è una scelta).»
C’è una poetessa, o un poeta, che considera il suo mentore?
«Sicuramente Milo de Angelis, che ha curato la mia scrittura poetica fin dagli esordi con attenzione e costanza. E nel caso di “Prossimo e remoto” è sua la postfazione. Al suo modo di vedere la poesia mi sono sempre sentita vicina.
“Non si scrive ciò che sai, ma cominci a saperlo scrivendo. Non si scrive ciò che si ricorda, ma si comincia a camminare nella memoria attraverso i sentieri della parola, che ci conducono in luoghi inattesi e insperati. La poesia è una forma di conoscenza legata allo svelamento. Non alla fondazione di un linguaggio, ma allo svelamento di un mondo precedente. La poesia rivela qualcosa che già c’era prima di noi. Per questo la poesia è tanto legata al ritorno, come ci insegnano Leopardi e Pavese. I luoghi che abbiamo amato ci parlano, si rivolgono a noi, proprio a noi, solo a noi, fanno cenni, sorridono come delle donne, sono donne. I luoghi sono vivi, sono creature, hanno una voce. E ci chiamano, ci chiamano a sé, ci chiamano a giudizio: e noi, là dove ci viene indicato, andiamo”, è una delle citazioni di De Angelis da cui mi sento più rappresentata.»
Qual è il suo rapporto con la scrittura?
«Un rapporto sereno: quando c’è, me ne prendo cura e faccio in modo che sia quanto più “onesta” possibile, coerente con i miei obiettivi e le mie forme, con la mia storia e con la mia visione del mondo.»
Intervista a Eleonora Rimolo, autrice di “Prossimo e remoto”
a cura di Brassotti Agency