Esistono dei temi che, se tirati fuori con tempismo e acume dal politico di turno, riescono puntualmente a infiammare gli animi di un determinato popolo. Spesso si tratta di argomenti che afferiscono all’autonomia di una comunità, come nel caso della Catalogna che chiede sta promuovendo un referendum per l’indipendenza.

La Catalogna, infatti, per tramite del proprio presidente Carles Piugdemont Casamajo, ha già annunciato di voler indire un referendum per diventare, finalmente, “uno Stato indipendente sotto forma di Repubblica”.

Nelle intenzioni, non si tratta certo del primo tentativo, poiché fra il 2009 e il 2011 furono organizzati dei referendum non ufficiali, e quindi non vincolanti, che impegnarono i cittadini dei comuni catalani, da cui risultò una netta affermazione degli indipendentisti, pur se nell’ambito di una partecipazione piuttosto modesta da parte degli aventi diritto.

Archiviata con buon successo quell’esperienza, l’anno successivo Artur Mas di Convergenza e Unione (CiU), presidente della Generalitat de Catalunya, e Oriol Junqueras, di Sinistra Repubblicana di Catalogna, capo dell’opposizione, raggiunsero un’intesa storica, chiamata Accordo per la Libertà, con la quale si impegnarono a organizzare una consultazione referendaria entro il 2014, salvo condizioni politiche avverse.

Il 2013 fu la volta dellaDichiarazione di sovranità e del diritto di decidere del popolo della Catalogna” – documento programmatico e indipendentista – emanato dal parlamento catalano ma immediatamente bocciato dal Tribunale costituzionale della Spagna.

Fu questo il primo atto delle istituzioni spagnole contro il disegno indipendentista, che l’anno dopo subì un altro duro colpo da parte della corte costituzionale iberica, la quale dichiarò illegittimo qualsiasi progetto di referendum, seguita a ruota dal parlamento spagnolo.

Nel novembre del 2014 si consumò il referendum consultivo, privo di effetti per il governo centrale ma ancora una volta indicativo delle intenzioni dei catalani, che votarono, seppur in percentuale ridotta (non più del 35 % degli aventi diritto) per la secessione (oltre l’80 %).

Oggi scorrono inevitabilmente le immagini di quei giorni, durante i quali la Catalogna, attraverso i suoi governanti, ha lottato per far comprendere a Madrid l’importanza di consentire al popolo dell’Estelada – la bandiera con stella bianca su campo azzurro e strisce giallorosse, simbolo dell’indipendentismo catalano – di votare per la propria autonomia.

Questa volta è Puigdemont Casamajo il paladino degli indipendentisti, il quale, però, dovrà scontrarsi anche con opinioni diverse dalla sua anche nella stessa Catalogna, come quella di Ada Colau, sindaco di Barcellona e leader di Barcelona en Comú.

Il Presidente, tuttavia, possiede alleati molto forti fra le personalità influenti del mondo catalano, come Josep “Pep” Guardiola, tecnico di calcio attualmente in forza al Manchester City ma che dalle parti della Sagrada Familia ha lasciato ottimi ricordi, avendo allenato, sino a pochi anni fa, una delle squadre più forti della storia.

L’allenatore ha partecipato ad una manifestazione pro referendum svoltasi domenica scorsa nel capoluogo catalano, prendendo la parola e schierandosi, senza mezzi termini, a favore dell’indipendenza della Catalogna.

Rimanendo in ambito sportivo, non è un mistero che la Catalogna abbia da tempo sposato un’indipendenza non ufficiale, che passa anche per la costituzione di una propria nazionale di calcio, attiva dall’inizio del secolo scorso e patrocinata dalla FCF, Federació Catalana de Futbol, ma non sia riconosciuta dalla FIFA (Fédération Internationale de Football Association), la massima confederazione calcistica mondiale.

Tuttavia, nonostante questo redivivo afflato indipendentista – per molti versi, bisogna darne atto, ben più organizzato delle precedenti esperienze – dal punto di vista giuridico la vicenda del referendum rischia di terminare esattamente come le altre, ovverosia con un nulla di fatto.

La costituzione spagnola, infatti prevede che un referendum sull’integrità territoriale debba necessariamente rivolgersi all’intero elettorato del paese, non potendosi limitare, dunque, alla sola regione che richiede l’indipendenza. Il tutto senza contare che costituisce una fattispecie penalmente perseguibile l’indizione illegale di referendum.

In altre parole, come spesso accade, a meno di improbabili cambi di opinione dalle parti di Palazzo della Moncloa, il sogno indipendentista dei catalani è destinato a rimanere tale, con buona pace anche di Guardiola.

 

Carlo Rombolà

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