«Capri è verticale – è tutto un salire con lo sguardo, e con lo sguardo scendere. E trovare sempre l’azzurro, pur se non è lo stesso azzurro, mai. E trovare sempre trasparenze, che non sono però le stesse trasparenze, mai. Cielo e mare si riflettono, sopra uno sempre l’altro sta, il colore se lo rubano a vicenda, ma i loro riflessi non si somigliano. Mai.»
Nel bel mezzo delle acque limpide ed adamantine del golfo di Napoli, al centro tra le isole di Procida ed Ischia, dirimpetto alla costiera amalfitano-sorrentina, sorge nel suo superlativo splendore Capri, terra del mito, le cui rocce a picco sul mare sono erose dall’egemonico potere del tempo, dalla parabola della storia che affonda le sue radici a partire dall’epoca greca fino al XX secolo. E furono proprio gli antichi Greci ad appellare questa scheggia di mirabile bellezza come “terra delle Sirene”: la leggenda vuole, infatti, che questo lembo di terra fosse popolato da incantevoli creature metà donna e metà pesce, dalla soavissima voce in grado di estasiare e rapire chiunque osasse ascoltarle, come narra Servio nel suo “Commento all’Eneide”. L’impronta leggiadra del mito è impressa nel celebre scoglio delle Sirene, il cui nome è foriero di leggendarie credenze.
Oltre ad essere vessillo di chimerica mitologia, Capri è soprattutto testimonianza di storia. Villa Jovis e Villa Damecuta situata ad Anacapri sono solo due delle tracce dell’approdo della civiltà latina su quest’isola dal superbo fascino.
«Piccola è l’isola, tuttavia un tempo rivale di Roma
degna di accogliere anche uomini imperiali »
Nel 29 a.C., infatti, Augusto, innamoratosi dei suggestivi panorami, del mare cristallino alle pendici dei dirupi, tolse Capri alla dominazione napoletana, favorendo un vero e proprio sincretismo culturale tra la popolazione greca e quella romana. Apragopolis, dal latino “città del dolce far niente”, come era solito soprannominarla l’imperatore romano, ben presto divenne la residenza di Tiberio per dieci lunghi anni. Già all’epoca romana, tuttavia, germogliarono le prime asprezze tra i due comuni dell’isola, Capri e Anacapri, che sfociarono in una vera e propria faida, dilungatasi per tutto il corso del Medioevo:
«Capri e Anacapri. Diverse e contrapposte, la prima esposta, l’altra riservata, una più mondana, l’altra a vocazione artistica, potremmo dire, una al sapore di champagne e l’altra di limoncello, una più costruita, l’altra artigianale.»
Fu solo nel 1496 con il regno di Federico I di Napoli che si ebbe modo di ristabilire la parità tra questi due paesi, rendendoli completamente indipendenti l’uno dall’altro, sebbene il loro astio intestino perduri ancora oggi.
Gli anni dell’Ottocento videro riempirsi il palcoscenico della fulgente isola con il sanguinoso conflitto tra Napoleone Bonaparte e il regno inglese, che si concluse grazie all’astuto intervento di Gioacchino Murat, che restituì Capri nelle mani nei francesi, stanziatisi fino alla venuta di Ferdinando I. Il territorio partenopeo nel corso degli ultimi secoli è stato fonte d’ispirazione per artisti, poeti e scrittori dal calibro di Pablo Neruda, Marguerite Yourcenar, Sibilla Aleramo, Curzio Malaparte.
«Con i suoi splendidi faraglioni
Avvolge di mistero la seducente isola.
Paradiso di bellezza ornato da scogliere
Risplende di colori e luci nell’azzurro mare
Incastonata come gemma nella pittoresca roccia.»
Clara Letizia Riccio