I Giovani Comunisti Salerno hanno prodotto un’inchiesta sull’Alternanza Scuola-Lavoro, realizzata dal collettivo Studenti Ribelli, attraverso cui è stata possibile la realizzazione di un documento video.
Protagonisti dell’inchiesta sono gli stessi ragazzi e ragazze che hanno preso parte diretta ai cosiddetti progetti lavorativi di integrazione formativa previsti dalla legge 107 del 2015. Dalle loro voci è possibile comprendere concretamente lo stato di attuazione degli intenti del progetto: a proposito di parole, quelle che ricorrono con maggiore frequenza sono abusi, ricatti, sfruttamento, senza nessun tipo di formazione o preparazione al mondo del lavoro.
Basti dare anche solo un’occhiata ad alcune delle testimonianze raccolte dall’inchiesta, per poter farsi un’idea del clima che circonda l’alternanza scuola-lavoro: gli studenti sono inquadrati di spalle, nascosti da felpe e cappucci, e il suono delle loro voci viene contraffatto, il tutto per evitare di essere riconoscibili e subire ripercussioni. Perché in molti casi si è assistito addirittura a questo: in diverse occasioni, figure della dirigenza scolastica (sempre meno educatori e sempre più manager) hanno scoraggiato le proteste, le manifestazioni e l’espressione di opinioni contrarie a tale modello di alternanza, approfittando della posizione di superiorità del proprio ruolo gerarchico nei confronti degli studenti e di diversi studenti repressivi. Una dirigente scolastica è arrivata, secondo una testimonianza, a minacciare la bocciatura e la sospensione, durante un’assemblea studentesca, quindi violando esplicitamente le regole.
I fatti non hanno per fortuna fermato il procedere dell’inchiesta e scoraggiato le già numerose testimonianze di diversi ragazzi e ragazze, puntando a raccoglierne ancora nonostante il clima intimidatorio comporti un’oggettiva difficoltà per denunciare.
Ecco alcuni casi emblematici, estratti direttamente dalla testimonianza video della provincia di Salerno:
Vincenzo, di 17 anni, frequenta il liceo ed ha svolto l’alternanza presso un info-point turistico durante il famoso evento “Luci d’Artista“. Il suo compito consisteva nell’informare il pubblico riguardo alle diverse iniziative e promuovere i prodotti locali, partecipando inoltre a numerosi incontri promozionali. Un impiego a tempo pieno insomma (promosso come tale sul sito dell’azienda), che lo hanno sottratto a moltissime ore di studio e talvolta addirittura agli orari delle lezioni. Emanuele, liceale di 18 anni, ha svolto la sua alternanza in un carcere, laddove le sue mansioni consistevano nello spolverare e pulire i pavimenti per diverse ore al giorno. Giovanni, 17 anni, frequenta un istituto tecnico-professionale, e la sua alternanza si è svolta in due momenti separati: prima, previo pagamento di 60 euro, a guardia del carico di un’imbarcazione, ed in seguito non si è occupato di alcun incarico, restando comunque obbligato a frequentare l’azienda per cinque ore al giorno. Filippo di soli 16 anni, frequenta un liceo e la sua alternanza è consistita, dopo aver pagato ben 400 euro, nella compilazione di non meglio precisati test a risposta multipla di cultura generale, in competizione coi compagni della sua età.
Com’è evidente, non si può in alcun modo asserire di essere in presenza di un processo formativo ed educativo di alto profilo, che stimoli la creatività, le passioni, le vocazioni dei partecipanti o ne arricchisca le skills lavorative. E nemmeno si possono fare paragoni col favoleggiato modello di alternanza tedesco, che semplicemente integra le lezioni degli istituti tecnici con stage di formazione. La maggior parte delle attività non è minimamente attinente al percorso di studio degli studenti e spesso si tratta di prestazioni lavorative degradanti o a bassa qualificazione presso diverse realtà pubbliche ed aziendali quasi sempre con finalità di profitto (ivi compresi i fast food di McDonald’s), che hanno stipulato liberamente una convenzione con il MIUR, senza controlli troppo specifici e pervasivi.
Presso i diversi enti gli studenti svolgono, nella maggior parte dei casi, piccoli compiti di segreteria, volantinaggio, si occupano di servizi informativi e di ristorazione, fungono da manodopera per compiti che richiedono lo sforzo fisico, e che sono poco qualificanti e/o ripetitivi, e naturalmente non vengono retribuiti in alcun modo, anzi: il dato forse più agghiacciante è che la legge prevede (nella sua attuazione complessiva e finale) l’obbligatorietà, anche a pagamento, per tutti gli studenti maturandi, come se la scuola pubblica non dovesse essere un luogo accessibile a tutti per istruirsi e formarsi ma una succursale di privati e aziende multinazionali per stipulare accordi vantaggiosi con lo stato. Per giunta in presenza di una struttura organizzativa simile, si sono verificati episodi di mala gestione ed incidenti, che si uniscono inoltre a carenze numerose ed oggettive nei riguardi dei soggetti in difficoltà da un punto di vista fisico e sociale, le cui modalità di inclusione sono poco chiare e poco garantite.
Un vero e proprio sfruttamento sistematico della classe sociale degli studenti, che deve ricoprire un ruolo diverso in una qualsiasi società di diritto. Tutto questo deve portare ad una profonda riflessione, e, come ogni studente recita in conclusione del proprio intervento all’interno del video, a «restare diritti».
In occasione della conferenza stampa del 3 Novembre 2017 presso la sede di Salerno, successivamente alla presentazione del documento video, il coordinatore provinciale di Giovani Comunisti/e, Nicola Comanzo, ha sottolineato con forza l’impostazione pericolosa di questo modello di alternanza: si parte dai presupposti di una visione della società e dell’uomo liberista ed economicista, che attacca la scuola pubblica e procede alla sua completa “aziendalizzazione”. Non una scuola che accompagna lo studente in un percorso formativo ed educativo, ma una scuola “fabbrica”, che plagia studenti-macchina da inserire all’interno del mercato, veri e propri corpi alienati di un’anacronistica catena di montaggio fordista, inquadrati, avvezzi e conformi allo sfruttamento, piuttosto che soggetti lavorativi e cittadini critici.
Infatti, proprio attraverso questo dibattito si strutturano due ideologie contrapposte, due visioni opposte del mondo e della società che le costituiscono: l’una liberista, che si propone innanzitutto la tutela dei processi economici del mercato e trascina il pubblico nell’agone del privato e della competizione, e l’altra umanista, che pone al centro la tutela dei beni comuni, della persona, e del cittadino, assieme ai diritti civili e sociali inalienabili di cui sono portatori. Questi due grandi modelli culturali, economici e sociali sono in competizione presso ogni ambito della società, a partire proprio dalla scuola, la fucina dove si forgiano le generazioni future, per la quale combattono la battaglia forse più importante.
Per questi motivi, come è ben chiaro agli organizzatori, il fine ultimo dell’inchiesta non può esaurirsi nel solo racconto di denuncia, che peraltro rappresenta solo l’inizio di un percorso ben più vasto d’inchiesta approfondita sull’alternanza scuola-lavoro. L’obiettivo ambiziosissimo che si vuole raggiungere partendo da questa denuncia è la sensibilizzazione e il coinvolgimento di tutti gli studenti, per elaborare una critica sistematica e puntuale ad ampio spettro, che comprenda la declinazione sia attuativa che ideologica sottesa sia all’alternanza che alla riforma della scuola. La mobilitazione è necessaria perché la posta in gioco di questa battaglia è molto alta, e si inserisce in un contesto di lotte ben più vasto.
Non è nuovo l’impegno dei Giovani Comunisti e dei collettivi studenteschi in questo senso: la mobilitazione comincia nel maggio 2017 contro le prove invalsi, è proseguita con lo sciopero del 13 ottobre e con le proteste del 17 novembre (giornata dello studente). Il prossimo appuntamento è per il 24 Novembre, data dello sciopero nazionale studentesco contro la Buona Scuola, ribadendo il proprio no all’alternanza scuola-lavoro: si chiedono controlli etici e qualitativi regolari sulle aziende, l’abrogazione dell’obbligatorietà a pagamento, e la garanzia di ambiti lavorativi effettivamente formativi, sicuri e inerenti al percorso di studi. Un’occasione preziosa per discutere in modo critico dei problemi del sistema scolastico, screditando quell’antico pregiudizio che vuole gli studenti scendere in piazza semplicemente per agitarsi e protestare, che si è mostrato ancora una volta nell’opinione pubblica in quest’occasione. Si pretende di essere retribuiti e considerati per il proprio valore, di essere rispettati nei propri diritti, di partecipare ai processi che riguardano il proprio futuro.
Loredana Marino, segretario provinciale di Rifondazione Comunista, durante la conferenza stampa del 3 Novembre ha parlato di tali mobilitazioni contro questo modello scolastico e sociale come di una «scintilla» in grado di riaccendere il fuoco di un sano conflitto sociale e di costruire una nuova coscienza collettiva che sia consapevole, critica e solidale. Elementi preziosi a sostegno del progresso della società a partire dalle sue fondamenta, la scuola.
Luigi Iannone