E se la crisi di governo, esplosa repentinamente lo scorso 20 agosto, fosse la soluzione all’annosa crisi della Sinistra?
Avete letto bene, non c’è bisogno di stropicciare o strabuzzare gli occhi. Un nuovo esecutivo, davvero alternativo e politico, dal baricentro ideologico-programmatico spostato verso sinistra è davvero possibile (e auspicabile)?
Si tratta solo di un’ipotesi strampalata, improbabile e dal sottofondo idealistico, certo. Ma in guerra, in amore e in tempo di crisi di governo tutto è lecito. E cionondimeno, si tratta anche di una prospettiva, un modus operandi, una possibilità, che potrebbe rappresentare la strada maestra per ricostruire la Sinistra.
I frammenti della Sinistra “a pezzi”
Esatto, ricostruire. Forse sarebbe lessicalmente più adeguato avvalersi di un altro lemma, “ricomporre”: la Sinistra italiana (ma anche europea) è esplosa, in seguito a diverse contraddizioni identitarie e a diversi contraccolpi politici ed elettorali, e i suoi frammenti si sono sparpagliati come pulviscolo in lungo e in largo nello spettro politico. Se l’unione fa la forza, l’atomizzazione porta inevitabilmente all’irrilevanza, e infatti così è stato in questi 14 mesi, lungo inverno per le forze progressiste in Italia.
Se al momento non è presente un partito, un movimento, una formazione chiaramente riconducibile alla Sinistra che abbia un ruolo politico centrale nella crisi di governo o il consenso sia nella società, i bisogni sociali e politici a essa riconducibili possono essere fondamentali nella costruzione di un’alternativa a Matteo Salvini, ormai grande polarizzatore della politica italiana.
Si tratterebbe, in soldoni, di una possibile influenza culturale (per non scomodare l’egemonia gramsciana) sull’azione dell’esecutivo che potrebbe nascere dalle consultazioni con il presente assetto parlamentare, ma anche eventualmente per una collaborazione politica successiva a nuove elezioni. Governo del vivacchiare tra Partito Democratico e MoVimento 5 Stelle? No grazie, c’è bisogno di politica.
I frammenti della Sinistra, ricomponendosi, potrebbero quindi dare sbocco alla crisi di governo, ma soprattutto genererebbero nuova fecondità in un campo politico lasciato alla gramigna e conferirebbe una rinnovata identità a un sempre più smarrito MoVimento 5 Stelle, alla disperata ricerca di una nuova agibilità politica. In quali angoli più o meno reconditi sono sparpagliati questi “pezzi”, o se volete barlumi, di Sinistra?
La Sinistra nel PD, nel M5S e degli ex-LeU: uno sbocco alla crisi di governo?
Bisogna doverosamente cominciare proprio dal M5S, forza di maggioranza relativa nelle Camere. Potrà sorprendere, a maggior ragione in seguito alla collaborazione di governo con la Lega, ma le origini del movimento che fu di Beppe Grillo si fanno risalire alla sinistra extraparlamentare dei movimenti sociali, di protesta e ambientalisti a tutela dei beni comuni e della legalità (seppure segnata da populismo e anti-politica).
La storia di buona parte dei dirigenti pentastellati lo evidenzia con chiarezza: non a caso, il nome più chiacchierato delle ultime ore per le sorti del futuro governo è quello di Roberto Fico, dal profilo indiscutibilmente affine alle forze del centro-sinistra, che potrebbe essere tra gli artefici della correzione di rotta in tal senso, dopo la comprovata insostenibilità del “qualunquismo anti-ideologico” inseguito finora.
Anche il Partito Democratico, dopo la sconfitta del renzismo alle scorse elezioni politiche e l’elezione di Nicola Zingaretti alla segreteria, si è spostato verso Sinistra, pur presentando una dicotomia ancora forte tra area social-democratica e area liberista, le quali convivono con fatica e insofferenza sempre maggiori.
Al di là di nominativi e correnti, i cinque punti del PD per la costruzione di un nuovo governo sembrano un buon punto di partenza per rilanciare l’ipotesi della collaborazione e porre al centro del dibattito proposte più affini alla sinistra democratica: dall‘inversione di rotta nella gestione dei flussi migratori, alla redistribuzione della ricchezza, agli investimenti pubblici, per finire alla riconversione ambientale del sistema economico. Punti forse vaghi, ma dal partito del Jobs Act non è nulla di scontato.
Durante le consultazioni al Quirinale Di Maio ha rilanciato con i dieci punti cinque stelle per l’accordo, ben più scadenzati, ma non irricevibili e/o in contraddizione aperta con la proposta di Zingaretti.
E ultimo, ma non ultimo, c’è quanto resta della Sinistra più o meno radicale: si tratta soprattutto dell’ex LeU, già frammento un anno fa, poi esploso in ulteriori lapilli con scarsa forza gravitazionale e parlamentare, che si è mostrato disponibile al dialogo per la costruzione di un’alternativa e che potrebbe rivestire un insperato ruolo di cerniera.
Seppure non paragonabili ai sopracitati blocchi in quanto a consistenza, l’influenza sull’azione di governo degli ex-LeU potrebbe ampiamente superare il peso specifico di queste forze nelle urne, in quanto quella che potremmo definire “Sinistra storica” presenta istanze comuni al PD (sui diritti civili e sull’immigrazione) o ai 5S (sui diritti sociali e in economia) o a entrambe le forze, e rappresenterebbe in un certo senso “l’anima” dell’eventuale esecutivo.
Parlando di collanti, anche i valori della cultura istituzionale e del diritto costituzionale, ribaditi ad esempio con forza dall’ex-premier in quota 5S Giuseppe Conte nel suo ultimo discorso, ma anche da Prodi e Grasso, potrebbero contribuire ad amalgamare un blocco composito, al di là di punti programmatici molto/troppo specifici.
Un’alternativa (im)possibile: è il momento della politica
Secondo la filosofia dell’antica tecnica giapponese del “kintsugi”, che consiste nel riparare i cocci di un vaso o di un piatto attraverso l’oro o argento liquido, un oggetto ricomposto dai suoi frammenti assume un valore e una forza superiore a quello che aveva in precedenza. Potrebbe essere così anche per la Sinistra in Italia.
L’accordo per il governo potrebbe essere un prodromo alla ricucitura dello strappo storico tra sinistra “di governo” e sinistra radicale/movimentista, sia nei programmi politici sia nell’orizzonte dei valori di riferimento. Ma può davvero essere un’ipotesi praticabile, realizzabile, e composta in modo così rapido e indolore, spendibile già con questa crisi di governo per arrestare l’avanzata di Salvini e della Destra?
Probabilmente i tempi di gestazione dovrebbero necessariamente essere più lunghi e complessi. Inoltre una vera sintesi politica di alternativa che non sia un “contratto”, in presenza di differenze marcate e acredini antiche, passa davvero per la cruna di un ago.
Manca un programma ben definito. I punti di frizione sono ancora numerosi (dalla revisione del decreto sicurezza al taglio dei parlamentari), così come le differenze “ontologiche” tra le parti. Gli avversari del governo “rossogiallo” sono numerosi (Da Calenda a Renzi, che avversano apertamente una collaborazione di lungo corso, passando per l’ala ortodossa dei pentastellati), più numerose e forse influenti degli alleati nell’evanescente “Sinistra pulviscolare”.
Tuttavia, la posta in gioco nella costruzione di questa nuova ipotesi politica non si limita certo all’orizzonte stretto del prossimo esecutivo, ma è di lungo periodo e di cruciale importanza: si tratta di gettare le basi per il dialogo tra mondi divisi ma congruenti, che devono necessariamente convivere per essere competitivi (basti guardare a quanto sta accadendo in Spagna, pur tra evidenti complicazioni).
Eppure la rifondazione della politica e della Sinistra, per quanto essenziale e urgente in tempi di sovranismo e democrature illiberali, non può che poggiare su radici profonde, quelle dei valori e della prassi della politica, con la P maiuscola.
Luigi Iannone
Curioso che in questa tua “puntuta” analisi, tu abbia omesso, un piccolo particolare: gli accordi di vertice che ancora una volta ricalcano gli errori del passato, bypassando la base, iscritti, sindacati, associazioni, movimenti, comitati. La Sinistra pulviscolare così come tu l’hai definita, è tale, in quanto è stata sottoposta, a strappi decisionali e non condivisi, proprio a partire da alleanze non volute e strategie fallimentari imposte dai vertici per “piazzare” nei collegi uninominali, personaggi squalificati dalle loro azioni di governo dal Jobs Act alla controriforma Costituzionale Renzi -Boschi. Elementi di rottura con i suoi blocchi sociali che sono ancora in campo e non sono stati rimossi. Non è sufficiente agitare lo spauracchio dell’avvento delle destre, quando sappiamo entrambi benissimo che ciò è stato determinato dal centrosinistra, dalle sue politiche economiche e sociali nel Paese e in UE. Insomma per cambiamenti reali e di sinistra meno alchimie e tatticismi e più azioni trasparenti e reali. La patrimoniale per i super ricchi Si o No? La Secessione dei Ricchi Si o No? Il Jobs Act via o No? Ilva di Taranto la bonifichiamo e riconvertiamo Si o no? Più welfare, più ambiente, più politiche espansive Si o No? In Europa via il fiscal compact Si o No? L’unità a Sinistra si fa con scelte ben precise e non con i politicismi d’accatto.
Non ho potuto specificarlo chiaramente per ragioni di spazio e di affinità alla tematica delle trattative di governo, ma concordo con quantoha osservato Stefano. Naturalmente una Sinistra rinnovata e rinvigorita si costruisce nella società e non con i politicismi. Cionondimeno nel pezzo si sottolinea più volte che l’accordo per il governo dovrà necessariamente passare per i nodi tematici (ai quali lei ha sapientemente dato risalto) per una composizione e sintesi politica autentica che non sia un mappazzone anti-Salvini mosso da politicismi e convenienze elettorali. Qualora si procedesse verso la realizzazione di un programma politico con scelte precise, questo eventuale governo, che conferirebbe un certo margine di rinnovata agibilità e centralità politica da non sottovalutare, rappresenterebbe comunque solo un primo mattone nella ricostruzione della Sinistra, che dovrà poi avvenire indubbiamente con e tra le parti sociali.