“Un anno fa Stefano Accorsi ha tenuto al Louvre varie letture dell’Orlando Furioso, ottenendo un grande successo. [..] Ma all’improvviso la novità: mi propone di creare uno spettacolo a riguardo in cui avrebbe recitato da solo. Era una follia!
Ho seguito Accorsi e Nina Savary nella loro evoluzione, vedevo la forza teatrale del repertorio della ripetizione che genera nuove idee, ho provato ad immaginare Ludovico Ariosto che declamava il suo poema da corte a corte e prolungava ed enfatizzava ogni verso a seconda della reazione e dell’emozione che leggeva negli occhi del suo pubblico. Ma come ci riusciva davvero?”
Con questa premessa di Marco Baliani ha inizio “Giocando con Orlando”, uno spettacolo che sarà rappresentato dal 28 febbraio al 5 marzo al teatro Bellini (NA).
“L’opera dell’Ariosto è un universo a sé, in cui si può viaggiare in lungo e in largo, entrare, uscire, perdercisi” commenta Italo Calvino, e proprio questo è l’effetto con cui il pubblico ha dovuto fare i conti.
La scenografia scarna ed essenziale si presente inizialmente dominata da una luce che trafigge e illumina il poema. Quando i due attori inizieranno a decantare delle armi e degli amori le parole rischiarano l’atmosfera, non è più così buio, il manoscritto si fa da parte (rilegato ad un angolo del palco) e sullo sfondo compaiono cavalli di giostra, realizzazioni di Mimmo Paladino.
Da qui, il ritmo galoppante dei versi in rima trascina gli spettatori verso una nuova dimensione, fatta di intrighi, amori, combattimenti, lealtà, gelosie. Un intero universo si fa concreto, quasi palpabile, in un anfratto in cui il concetto di finzione sembra perdere quasi di significato.
Con vari escamotage Accorsi e Baliani sono riusciti ad eliminare quel velo di pesantezza che può appartenere ad un poema cavalleresco.
Così, il testo è stato abbreviato grazie all’utilizzo di flash back che riuscivano a sintetizzare ciò che è stato e che sarà. Vari comici ed ilari scambi di battute hanno intrattenuto il pubblico mai annoiato ma sempre sull’attenti, in attesa di un nuovo “fuori scena” spesso di matrice parodica o metateatrale.
“Tu non sei Orlando, sei solo l’attore. Devi staccarti dalla sua furia, dal suo torpore. Questo è il mestiere dell’attore: capire i grandi intendimenti, dall’esterno, avvicinarsi e poi discostarsene.”
La difficoltà di non lasciarsi inondare dai sentimenti così forti, incontrastati, da quella follia che diventa tema e filo conduttore di un’opera. I personaggi si fanno concreti con le loro furie e le loro ossessioni, vengono incarnati dai loro attori.
Utili sono anche le varie digressioni che ricalcano l’importanza dell’elemento maschile nei contrasti generati dall’amore.
Orlando avrebbe ucciso Angelica se non avesse perso il senno, vittima della gelosia, quel distruttorio sentimento accomunato ad Otello, paladino dei mori, e quindi visto sotto una luce particolarmente negativa.
Ancora, la bella Bradamante sarà più volte tradita da Ruggero, che non riesce a tener fede alla sua fedeltà.
L’amore è ingannatore, ma “perché gli uomini vanno difesi, mentre le donne infedeli sono connotate tanto negativamente?” recita Baliani, introducendo anche un argomento di stampo contemporaneo.
Alessia Sicuro