Nelle ultime settimane, in Libia, si sono intensificati gli attacchi dell’ISIS ai pozzi petroliferi: perciò il premier libico Serraj ha chiesto all’ONU aiuto militare, anche se non in modo ufficiale.
Il governo libico si trova in difficoltà nel fronteggiare gli attacchi dello Stato Islamico nell’Est del paese. Infatti, nelle ultime settimane, le truppe del Califfato hanno provato ad assalire i pozzi in Cirenaica (regione della Libia Orientale). Questi pozzi sono sotto la protezione della “Petroleum facilities guard”, milizia guidata dal rivoluzionario Ibrahim Jadran, il quale è rimasto ferito in uno degli scontri.
Per gli equilibri della Cirenaica è molto importante anche il ruolo del generale Khalifa Haftar. Egli impedisce al parlamento di Tobruk di votare a favore del governo Serraj. Haftar ha ricevuto armi dagli Emirati Arabi Uniti e appoggio da parte di Egitto e Francia, che sperano di avere in cambio una maggiore influenza sul mercato petrolifero in Cirenaica. Inoltre Haftar vuole arrivare allo scontro con Tripoli: infatti il governo di Tobruk sarebbe riuscito a caricare una petroliera con 650.000 barili di greggio, violando i divieti della National Oil Company.
L’Italia ha risposto alla richiesta di aiuto della Libia mettendo a disposizione 250 soldati. All’inizio si era diffusa l’indiscrezione dell’impiego di 900 militari italiani, che è stata subito smentita da fonti del governo: «Si tratta di una notizia destituita di ogni fondamento, come peraltro si poteva facilmente evincere dal punto stampa del Presidente del Consiglio Matteo Renzi al termine della riunione del Quint di lunedì 25 aprile a Hannover».
In quell’occasione Renzi ha dichiarato: «Tutti insieme dobbiamo fare di tutto perché lo sforzo del governo libico abbia successo, tutte le iniziative che si vorranno prendere di sostegno e di supporto dovranno essere richieste dal governo Serraj medesimo».
Ad Hannover si è tenuto una sorta di G7, senza però Canada e Giappone: infatti hanno partecipato all’incontro anche Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti e Germania. Si è discusso dei principali problemi internazionali, quindi anche delle situazioni siriana e libica, e della lotta all’ISIS.
Dal vertice si evince una ritrovata centralità dell’Italia, e ciò è stato motivo di grande soddisfazione per Renzi, che sottolineando l’importanza della stabilità politica nel nostro paese ha affermato: «Prima ho scherzato con Obama e Cameron per raccontare di come l’Italia ha avuto in 70 anni 63 governi. Potete immaginare la faccia che hanno fatto… La ritrovata stabilità è un asset per la politica estera del nostro Paese».
C’è chi sostiene che stabilizzare la situazione in Libia e migliorare le condizioni di vita della popolazione sia sicuramente giusto ma possa essere anche una manovra preventiva per evitare un altro massiccio flusso migratorio, tuttavia Renzi sembra molto tranquillo su quest’eventualità: «Quanto agli arrivi dalla Libia, i numeri di cui parliamo sono numeri inferiori al 2014 e sostanzialmente sono gli stessi del 2015». Tuttavia si è discusso anche di piani per combattere i trafficanti di profughi e si sono analizzati i numeri degli sbarchi: dalla Libia sono partiti e sbarcati in Italia 350.000 profughi da tutta l’Africa. In questo senso si sta muovendo l’Unione Europea con l’operazione Sophia, che nasce dopo i naufragi avvenuti nel 2015 nel Mediterraneo. Sulla vittoria nelle presidenziali austriache della destra xenofoba ha affermato: «per sconfiggere populismo e demagogia ci vuole una Ue che investa sulla crescita».
Gli equilibri del nord Africa sono sempre più precari e la situazione libica non rappresenta purtroppo una felice eccezione. Considerando che le coste libiche sono molto vicine a quelle europee, ma in particolare a quelle italiane, conviene che l’UE, capitanata dall’Italia, contribuisca a rasserenare la situazione e a rendere sicura e pacifica la vita di tutto il popolo libico.
Alessandro Fragola