Che il Wall Street Journal, storicamente, non nutra una grande simpatia per l’Italia è un dato di fatto. Troppo profonde le differenze culturali e i paradigmi economici di riferimento tra il colosso dell’editoria made in USA e il nostro Paese, unite forse ad un ostracismo di carattere politico mai velatamente nascosto.
Ma con un’analisi profonda e dettagliata, pubblicata poche ore fa con il titolo “L’Italia tossica è il test cruciale del QE”, giunge una valutazione secca e spietata, ai limiti dell’allarmista, sulle condizioni economiche italiane e, di riflesso, europee.
La conclusione cui il WSJ sembra condurre, in sostanza, è che i parametri di riferimento siano a tal punto deteriorati da delineare una condizione di “tossicità” (aggettivo usato in ambito finanziario per descrivere i titoli-spazzatura, ndr), per l’Italia e l’imprescindibilità di un intervento di quantitative easing da parte della Banca Centrale Europea, da cui dovrebbero dipendere le sorti dell’intero continente.
In realtà, dall’analisi del WSJ non emerge nulla di particolarmente nuovo per l’Italia: una combinazione letale di elevato debito pubblico (al 135% del PIL) e bassa crescita, stabilmente al di sotto dell’1% annuo e che anzi si avvia a prospettare una condizione di recessione per la terza volta in sei anni.
A questo si aggiunge la debolezza del sistema bancario, già messa alla luce dai recenti stress test, e la difficoltà nella trasmissione del credito alle imprese. Nulla di nuovo sotto il sole, insomma, ma la conclusione contenuta nell’analisi getta un’ombra inquieta sul destino di Italia ed Unione Europea: se il piano di acquisti di ABS non dovesse sortire gli effetti sperati, a rimetterci sarebbe la stabilità dell’intera eurozona. Perché se fallisse la terza economia del continente, allora non ci sarebbe più speranza alcuna. In Italia, continua il WSJ, è necessaria non solo una riforma del sistema finanziario ben strutturata, ma una vera e propria “rivoluzione culturale” che allontani il Belpaese dagli stereotipi consolidati di governance bancaria in mano alle fondazioni e tessuto produttivo affastellato in miriadi di piccole aziende familiari, non quotate e fortemente indebitate.
Se questo non avverrà, a farne le spese sarà l’Europa intera, trascinata a fondo da sofferenze bancarie e credit crunch che nessun intervento della Banca Centrale potrà mai arginare. Pare insomma che il WSJ, dimentico delle peculiarità storiche e geo-economiche d’Italia, che nelle PMI ha sempre avuto la spina dorsale del proprio apparato produttivo, suggerisca di diventare come gli Stati Uniti. Da dove, lo ricordiamo, sono partite entrambe le crisi finanziarie che hanno devastato il mondo nell’ultimo secolo.
Il documento completo del Wall Street Journal è disponibile qui: http://online.wsj.com/articles/toxic-italy-is-the-crucial-test-for-qe-in-europe-1414963694
Emanuele Tanzilli