In mattinata sono arrivate le bordate del Segretario e Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, contro la minoranza del Partito Democratico che sul Jobs Act prova a mettere dei paletti. A risponderlo ci ha pensato Pippo Civati. Il tira e molla continua ad andare avanti, creando divisioni all’interno del Partito Democratico, ma che, per ora, non è tanto forte da causare una rottura e quindi una scissione. Alle parole del Premier, il quale dichiara che la sinistra del Pd può anche andare via, tanto lui “dorme sogni tranquilli”, Civati ha risposto: “Non so più come ripeterlo: non c’è nessuna volontà da parte mia di costituire un soggetto politico”.
Dichiarazione di resa? Per niente, Civati ha spiegato, nel suo post sul suo blog, che non accetta la “retorica per la quale o stai con Renzi e voti tutto, anche quello che trovi sbagliato – o significa – che sei della sinistra radicale minoritaria”. Ma aggiunge: “se il Pd si spacca per irresponsabilità di chi lo guida, perché la responsabilità (come il potere) va divisa secondo le proporzioni, non se ne va un pezzo di sinistra radicale di idioti. Vi piacerebbe, dico a chi lo scrive in ogni articolo, ma non è così. Se il Pd si spacca, sono guai per tutti”.
E allora la fantomatica scissione, pare, non ci sarà ora, nè mai, perché la partita della minoranza del Partito Democratico non è da giocare al di fuori del Partito, ma al suo interno. La strategia, almeno quella di Civati, pare essere quella di provare a mettere le cose secondo cui la rottura è cercata da Renzi, non dalla minoranza che vuole trattare sui provvedimenti del governo. Ma non solo, spiega che “se un segretario che fa anche il premier fa sapere di non voler cambiare il testo della delega sul lavoro, lasciandolo immutato, senza seguire, quindi, nemmeno il documento votato dalla direzione (a cui ho personalmente votato contro, ma il segretario pensavo fosse favorevole) non sono io ad avere problemi con il Pd, ma il suo stesso segretario”.
Sul Jobs Act ha poi aggiunto: “C’è una parte del partito a cui il Jobs Act, così com’è, non piace. E al quale Renzi risponde imponendo un nuovo voto di fiducia. Chi è allora che spacca il partito?”. Il rischio è che il premier, per “mandare un messaggio che piaccia anche all’elettorato di centrodestra”, finisca per “perdersi un pezzo di partito, facendo male il suo lavoro di segretario”. La costituzione di un’opposizione esterna al PD contro le politiche di Matteo Renzi, con la popolarità in crescita di Maurizio Landini fa sperare Civati, che annuncia: “a sinistra si è aperto un grande spazio”, ma non è il momento della rottura. Anche perché, in questo momento, sfilacciarsi dal PD significherebbe perdere il controllo dell’opposizione a Renzi. Quando tenere due piedi in una scarpa può essere strategicamente conveniente.
Luca Mullanu