Le immagini dei bombardamenti, dei morti e dei feriti hanno ormai fatto il giro del mondo, suscitando orrore e indignazione. Nonostante ciò, c’è ancora chi non desidera la pace in quella zona del Medio Oriente, ed anzi cospira per il mantenimento di uno status quo, che evidentemente fa il gioco di molti, ma non di tutti.
Fatto sta che la notizia secondo cui il 23 gennaio prossimo ad Astana, in Kazakhstan, sarebbero dovuti iniziare i colloqui per la soluzione del conflitto armato in Siria non è stata accolta da tutte le parti in causa favorevolmente.
Ci sarebbe dovuta essere una tregua, infatti, patrocinata dalla Nazioni Unite e, negli intenti, prodromica di un accordo definitivo fra gruppi lealisti e gruppi ribelli, raggiunta – non senza fatica – con l’intervento dei negoziatori turchi e russi, che parevano aver raggiunto un risultato insperato.
Il concordato cessate il fuoco, tuttavia, non è durato neanche un giorno, e nuovi combattimenti sono tornati ad insanguinare il territorio siriano, a testimonianza delle difficoltà sia di mettere d’accordo due parti in aperto conflitto tra loro, sia – ed è forse la cosa più grave – di fare rispettare gli impegni presi.
È da sottolineare che l’operazione diplomatica era stata salutata con enorme soddisfazione dal ministro degli Esteri turco, Mevlüt Çavuşoğlu, anche se, dall’altra parte, Vladimir Putin si era dimostrato molto più scettico sulla buona riuscita della missione, sottolineando la fragilità di questi accordi, per la cui perfetta riuscita è necessaria «una speciale attenzione e pazienza, un atteggiamento professionale verso tali questioni ed un costante contatto con i nostri partner».
Non è semplice immaginare cosa possa essere andato storto, e forse è persino inutile chiederselo, dal momento che l’odio, a quelle latitudini, sembra farla indiscutibilmente da padrone.
L’inventore del detto secondo cui in amore e guerra tutto è lecito, se ancora fra noi, si starà compiacendo soddisfatto, perché evidentemente è questa la strategia delle parti in conflitto, che si accusano vicendevolmente delle violazioni della tregua per giustificare le loro azioni.
Ormai non è forse più importante chi ha ragione, quanto piuttosto il destino e le vite dei civili, che hanno concluso l’anno sotto le bombe e che da giorni sono senz’acqua potabile.
Tornando ai fatti, la situazione permane in stallo, mai come adesso le prossime ore saranno cruciali per provare a far rientrare l’emergenza.
Carlo Rombolà