Raffaele Abbate nasce in una cittadina di provincia (Benevento). Riceve una educazione libera, compie gli studi superiori presso il Liceo Classico della provincia di Napoli e frequenta l’università a metà degli anni ‘60. Dopo essersi laureato e entra a far parte dell’amministrazione pubblica e dopo aver susseguito una brillante carriera presso l’Inps decide, da Maggio 2003 di tornare ad essere libero dedicandosi alla scrittura.
Prodotti Difettosi mostra le caratteristiche di una società mondana a tratti divertente, a tratti malinconica e disumana. Attraverso quest’opera si compie un viaggio ove gli esseri umani azzerano completamente la loro umanità in favore dell’ipocrisia, della corruzione e del sistema capitalistico. Un arcangelo osservatore invia al suo superiore, colui che non può essere nominato, un messaggio per chiedere istruzioni su quale debba essere il destino dell’umanità. L’approccio grottesco, l’ironia paradossale, rende la lettura lieve e vivace pur non smussando la crudezza della narrazione.
Prodotti Difettosi: tutte le curiosità in esclusiva
Come nasce il suo interesse e la sua passione per la scrittura?
Ho sempre amato “raccontare” forse è un dono genetico tramesso da mio padre che era un grande affabulatore. Dal mese di maggio del 2003 ho lasciato il mio lavoro di dirigente presso l’INPS e mi dedicato a tempo pieno alla scrittura. Ho pubblicato tre libri da maggio 2003 a febbraio 2012.
Il mio ultimo romanzo Canapa , pubblicato da Melagrana ho avuto un buon successo sia per la critica che per le reazioni del pubblico ed ha ricevuto il II Premio Napoli in pagina nel 2013. Ora è la volta di Prodotti Difettosi.
Cosa l’ha spinta a comporre quest’opera ricca, paradossalmente, di vicende disumane?
C’è una linea rossa che accomuna i miei 3 libri precedenti: tutti raccontano una sorta di disumanità nel genere umano. Ho sempre cercato di narrare nel migliore dei modi i peggiori difetti e vizi della realtà umana.
Come mai è proprio il narratore, in primis, ad essere un soggetto non umano?
La volontà di raccontare il livello di disumanità cui è giunta l’umanità mi ha spinto ad usare una chiave di scrittura senza enfasi ed indignazione, ma con la lente dell’ironia.
Da qui la scelta di un narratore non umano: un angelo osservatore che dopo millenni di lavoro si domanda quale deve essere il destino di questa assurda umanità e chiede istruzioni al suo superiore diretto. Inizia così uno scambio di lettere tra l’angelo e Dio, con l’utilizzo della comunicazione informatica.
Come definisce il “male esistenziale” dei personaggi del racconto?
Non è mio intento affermare che tutto è sbagliato, il mio romanzo tratta delle persone della peggior specie con i loro difetti che purtroppo esistono e che molto spesso non riusciamo neanche più a distinguere perché diventati abituali. Questo libro, ad una prima lettura, farà sicuramente inorridire: in primis i cattolici perché vengono messi in risalto i loro difetti; i politici, le forze dell’ordine, i giornalisti televisivi, la magistratura, i militari, la criminalità.
Che valore ha per lei colui che definisce “Il Superiore, l’Innominabile”?
La mia formazione mi ha portato ad essere fin da sempre agnostico. Non mi interessa affermare la presenza di un Dio al di sopra di noi, ma sono fin da sempre stato affascinato dalle realtà storiche che hanno portato a sviluppare le varie religioni e soprattutto quella cristiana.Quindi ho tratteggiato il Direttore con un taglio ironico.
Nel finale si nota la particolare proposta di Gondrean al suo Superiore ove egli chiede di resettare tutta l’umanità per ricominciare da zero ed abbattere il prodotto difettoso. Se tale decisione dipendesse da Lei, in che modo ricostruirebbe la storia e il destino dell’umanità?
Nessun intervento è possibile, nasce tutto dal caso , il passato, il presente ed un possibile e probabile futuro.
Nel suo prodotto editoriale ha mostrato la quotidianità distorta che ci accingiamo a vivere giorno dopo giorno e con cui ci rapportiamo frequentemente. Oggigiorno, in che modo, a suo parere, potremmo vivere con tale fardello e con la consapevolezza di aver fallito nella nostra missione umanitaria?
La storia è stata quella che è perché l’uomo è portato tendenzialmente al male che è per lui la regola. Il bene costituisce l’eccezione. Ne dobbiamo razionalmente prendere atto. Non credo ci sia una via di uscita. L’universo è nato dal caos e tornerà al caos.
Nel finale ipotizzo una via di uscita, una luce di speranza, ma lascio il lettore nell’incertezza.
Sabrina Mautone