Cominciamo dai fatti: la Sinistra, in tutte le sue accezioni e declinazioni, è la grande sconfitta delle elezioni politiche del 4 marzo 2018. Anzi, c’è chi ritiene di dover essere ancora più netto: la Sinistra è morta, cancellata, scomparsa. Basta guardare i risultati.

Grande sconfitto è il Partito Democratico di Matteo Renzi, l’avanguardia della sinistra moderna e di governo, dei fatti e dei risultati concreti, liberale e liberista, proiettata verso il futuro, ma invece ben al di sotto delle minime aspettative elettorali, sotto il 20%, assieme a tutta la coalizione di centro-sinistra (composta anche da +Europa, Insieme, Civica Popolare). Ma grandi sconfitti sono anche i vecchi dirigenti di Liberi e Uguali, la sinistra più “tradizionale” e progressista, che con grande fatica varcano la soglia d’ingresso del Parlamento.

Praticamente non pervenute le altre formazioni della sinistra radicale/comunista. Potere al Popolo! supera a mala pena l’1% dei voti – risultato dignitoso, considerando i tempi e i modi della campagna elettorale, ma che di certo non può dirsi soddisfacente. Sotto qualsiasi livello di visibilità politica sia Partito Comunista che Per una Sinistra Rivoluzionaria.

Un quadro profondamente desolante per chiunque abbia a cuore la sorte della Sinistra, non tanto come compagine elettorale, quanto più come insostituibile contenitore di istanze sociali di uguaglianza, progresso e cambiamento. Un risultato simile, in verità, era prevedibile, o meglio, poteva essere previsto.

Sinistra e 4 marzo: una débâcle attesa

Come il recentissimo suffragio elettorale italiano ha dimostrato, davvero poco interessano gli equilibri, le divisioni, i personalismi, le ideologie, le sorti di questo o di quello schieramento. A fare la differenza sono i contenuti, i temi e le proposte, la loro chiarezza e la loro comunicazione agli elettori.

Ebbene, negli ultimi anni, tutta la Sinistra italiana ha sistematicamente ribaltato questa semplice equazione del buon senso: lacerata, litigiosa, frammentata, priva di idee, di intenti, di visione. Quando la sconfitta ha bussato alla porta, sempre puntualissima, si sono cercati e trovati i capri espiatori più vari, imputati nelle numerose, infinite e conflittuali risse interne ed esterne.

Risse spesso combattute tra opposti personalismi della classe dirigente, piuttosto che sulle idee e sulle proposte politiche. Risse sempre più alienate dalla realtà e dalla propria storia. E gli strascichi dei durissimi risultati elettorali del 4 marzo sembrano inoltre confermare nuovamente questo trend.

Il disastro elettorale del 4 marzo: una vera Sinistra può finalmente risorgere

In questo chiacchiericcio spesso incomprensibile e privo di senso politico, si sono dimenticate anche le proprie parole, la propria identità, la propria gente.

Dunque, non solo nella costante collocazione in secondo piano dei temi del lavoro, della redistribuzione della ricchezza e dei diritti sociali si annida la ragione di una sconfitta di tali proporzioni, ma anche e soprattutto nella formulazione delle diverse ricette messe in campo per risolvere le grandi questioni della nostra contemporaneità, per superare la crisi economica e sociale e difendere gli ultimi.

La Sinistra dal 4 marzo in poi: la ripartenza

È quindi doveroso fare delle chiare distinzioni di natura politica, non per consolarsi, ma soprattutto per capire da quale punto sia necessario ripartire.

Innanzitutto bisogna volgere lo sguardo al di là delle Alpi e oltre l’Atlantico: ovunque, in Europa come negli Stati Uniti, le forze social-democratiche di centro-sinistra subiscono brucianti sconfitte elettorali. Il mix leggero tra mercato e una protezione sociale sempre più esigua non ha retto all’urto delle trasformazioni e della crisi. In Italia, come altrove, la parte finora maggioritaria della Sinistra non è in grado di offrire risposte politiche ai cittadini ormai da anni.

L’unica Sinistra ad avere diritto di cittadinanza presso gli elettori è quella raccontata da Bernie Sanders, da Jeremy Corbyn e da Jean-Luc Mélenchon.

Percorsi in parte diversi, ma che moltissimo hanno in comune. Una Sinistra radicale che spaventa i mercati? Forse, ma in verità sarebbe meglio definirla semplicemente una Sinistra che non ha dimenticato se stessa e i suoi valori, che si propone con chiarezza alla cittadinanza, che si presenta sì rinnovata e moderna nei volti, nelle idee e/o nelle pratiche, ma che è nettamente anti-liberista e anti-capitalista, sociale o socialista.

Una Sinistra dovunque vicinissima alla vittoria e sempre portatrice di risultati clamorosi e di ritrovata centralità.

Ad oggi, quale aggregazione in Italia declina in modo strutturato e coerente questa “nuova ma antica” Sinistra? Per ora, nessuna. La freddezza delle urne e degli elettori di questo 4 marzo parla chiaro.

Viola Carofalo, portavoce e capo politico di Potere al Popolo, dichiara a caldo che il risultato elettorale del movimento del quale fa parte rappresenta una buona base di partenza, che valori e proposte fondamentali per ripartire sono stati finalmente riaffermati e messi al centro dell’azione politica, ma che «c’è ancora molto lavoro da fare». Non si può che essere d’accordo.

Il disastro elettorale del 4 marzo: una vera Sinistra può finalmente risorgere

Va intrapreso un lungo, faticoso e accidentato percorso per costruire la proposta per occupare le praterie lasciate libere dai progressisti in completo disfacimento – per responsabilità personali e storiche –, ed egemonizzate dal Movimento 5 Stelle al Sud e dalla Lega al Nord.

Servirà tutto l’impegno, l’intelligenza e la forza possibili per costruire un modello nuovo e partecipato, che sia presente e radicato sul territorio e che sia capace di riarticolare la complessità di tutte le pressanti domande sociali. Non sarà facile e i risultati, dopo il lungo scempio di questi anni, arriveranno a fatica.

Dunque forse non è il caso di disperarsi, ma quasi di gioire.

Il voto del 4 marzo, che ha sconquassato le fondamenta della Seconda Repubblica e allargato a dismisura il campo populista e annientato politicamente il Partito Democratico e i fuoriusciti di Liberi e Uguali, ha anche spalancato le porte a un’occasione irripetibile di profondo rinnovamento e ricostruzione della Sinistra.

E sempre il voto del 4 marzo ci racconta con chiarezza che il tempo di un vetusto ceto dirigente politico e di una proposta politica clintoniana e blairiana sembra definitivamente tramontato. Come la Fenice, la Sinistra può ancora rinascere dalle proprie ceneri, che sono naturale fertilizzante per la nascita di nuova vita dopo il mortifero crepitio delle fiamme. Staremo a vedere.

Luigi Iannone

Luigi Iannone
Classe '93, salernitano, cittadino del mondo. Laureato in "Scienze Politiche e Relazioni Internazionali" e "Comunicazione Pubblica, Sociale e Politica". Ateo, idealista e comunista convinto, da quando riesca a ricordare. Appassionato di politica e attualità, culture straniere, gastronomia, cinema, videogames, serie TV e musica. Curioso fino al midollo e quindi, naturalmente, tuttologo prestato alla scrittura.

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