– DI EMANUELE TANZILLI
emanuele.tanzilli@liberopensiero.eu
Buona domenica, cari lettori. Secondo un recente sondaggio condotto attraverso rigorosi metodi scientifici (mi sono messo ad origliare tutti i discorsi di casa e di strada), il 100% degli italiani odia la politica, odia i politici e se l’omicidio fosse legale sterminerebbe anche metà della razza umana. Questo studio approfondito è stato condotto dal sottoscritto attraverso ventisette lunghi anni di faticosa esperienza ed ha un margine di errore pressoché nullo. In pratica, se qualcuno di voi si trova in disaccordo con questi risultati, o non esiste o mente a se stesso e quindi ha bisogno di supporto psichiatrico.
Insomma, come popolo siamo una bella accozzaglia di misantropi repressi, ma d’altro canto sembra che nessuno si dia particolare premura di contraddirci: anzi, gli esempi di schizofrenia in politica si sprecano ed ogni giorno si attende il nuovo siparietto da gustare al TG. Purtroppo, come ho sempre sostenuto e ribadito, la classe dirigente altro non è che una proiezione speculare del popolo che rappresenta, e le conseguenze sono limpide in un modo terrificante. L’ultima – ma solo in ordine cronologico – è di Debora Billi, resposabile web del Movimento 5 Stelle. “È morto Giorgio, quello sbagliato”, ha scritto riferendosi alla scomparsa dello scrittore Giorgio Faletti e al Presidente Napolitano. Ora, va bene la sincerità, va bene il rinnovamento, va bene anche la polemica, ma da qui ad augurarsi la morte della prima carica dello Stato ce ne passa un bel po’. E a dirla tutta, senza voler caricare di significato un singolo episodio, il problema è che di scene simili se ne sono viste fin troppe negli ultimi tempi, tanto da rendere il senso delle istituzioni niente più che una macchietta carnevalesca, una parodia grottesca per cui in altri momenti magari ci avrebbero punito in maniera peggiore (leggasi: esplosione dello spread).
Purtroppo, le morti sbagliate sono quelle che si consumano ancora ogni giorno fra i cittadini stremati ed umiliati, che si tolgono la vita dopo aver perso il lavoro o l’azienda. Ecco, di quelle morti sbagliate nessuno sembra ricordarsi più, e il cordoglio è diventato un rimedio rapido per lavarsi la coscienza, magari attraverso i 140 caratteri di un tweet.
Ma adesso c’è Renzi e l’Italia è diversa. O almeno ci prova – con scarsa fortuna, a mio avviso.
Il discorso d’insediamento alla presidenza del semestre europeo è stato accolto dalla stampa internazionale con un plebiscito osannante e i paragoni con l’Italia di Berlusconi sono stati celeri, netti e spietati. L’impressione che si ha di noi adesso è quella di un Paese serio, con le idee chiare, gli attributi per farsi rispettare e le capacità di alzare la testa. Tutt’altra storia rispetto all’epoca del Rubygate e degli spettacoli di burlesque nelle lunghe notti di Arcore. Una buona notizia, non c’è che dire, ed è forse la prima volta che parlo bene di Renzi, ma abbiate pazienza, non ho ancora esaurito il concetto.
È che, alla fin fine, siam sempre là: a basare tutto sull’apparenza e sulle promesse che creano un perenne clima da campagna elettorale. Degli infiniti proclami e tappi di champagne pronti a saltar via non ci è rimasto che il retrogusto sulla lingua, amaro di stanchezza e rauco di rassegnazione. A cambiare sono magari i personaggi e i costumi, mai la conclusione, che è sempre invariabilmente la stessa: dopo un po’, i pagliacci non fanno più ridere. E tra una dichiarazione fuori luogo e le chiacchiere da bar di cui si riempiono le strade di ogni città, al mattino fra le tazze di caffè, fuori dai Municipi sulle panchine col giornale, non ci è rimasto più niente di serio; neanche quest’articolo.
Avviamo una petizione per avere il Brainch di Tanzilli al posto del Buongiorno di Gramellini sulla prima della Stampa.
Grazie di cuore, Umperio, ma credo che il mio Brainch stia molto meglio qui che su la Stampa!