Alle elezioni amministrative per eleggere il nuovo sindaco di Napoli, ha stravinto Gaetano Manfredi. Il nuovo primo cittadino ha evitato infatti il ballottaggio e portato il risultato a casa al primo turno elettorale con 182.656 voti, ovvero il 63,18%. Il candidato unitario del Partito Democratico e del Movimento 5 Stelle ha perciò ottenuto un risultato sorprendente se si considera che i sondaggi lo davano al 46,1%. Se poi si tiene conto anche del fatto che il capoluogo campano ha fatto rilevare il risultato percentuale più alto tra tutte le grandi città che andavano al voto, possiamo affermare che sia stata attribuita a Manfredi una grande responsabilità per i prossimi cinque anni di governo della città.
Il nuovo primo cittadino è il 25esimo sindaco della storia del capoluogo partenopeo. Nato nel 1964 a Ottaviano e residente a Nola, Gaetano Manfredi si è laureato in ingegneria. Nel 2014 è diventato rettore dell’Università Federico II e sotto la sua guida l’Ateneo ha registrato una grande fase di sviluppo, con la nascita del polo universitario di San Giovanni a Teduccio, dell’Academy Apple, e della Scuola Superiore Meridionale, sul modello della Normale di Pisa. Nel 2015 diventa presidente della Conferenza dei rettori italiani (Crui), riconfermato nel 2018. Infine diviene Ministro dell’Università e della Ricerca durante il Governo Conte II.
Le prime parole di Gaetano Manfredi riguardano la reputazione della città e la sua percezione agli occhi del mondo: «Il successo avuto oggi, il voto che ha premiato la mia candidatura e la coalizione, è un risultato straordinario. Napoli torna protagonista in Italia e Europa. Non siamo più quelli che si lamentano, non siamo più quelli della rivoluzione. Napoli ha chiaramente detto vogliamo voltare pagina. Non siamo solo pizza e mandolino, quelli che ballano e fanno festa, siamo una città di grande competenza e grandi professionalità. Siamo all’altezza dell’Italia, dell’Europa e del mondo».
Il dato politico che va sottolineato è che a Napoli si è tenuta, più concretamente che altrove, la prova di unità del centrosinistra. Se il Governatore della Regione Campania, Vincenzo De Luca, è stato uno dei principali sponsor del Partito Democratico per la candidatura di Manfredi a sindaco di Napoli, la vittoria porta anche la firma dei 5 Stelle, dato che il neo-eletto sindaco ha svolto la sua campagna elettorale con i principali esponenti del Movimento, riempiendo le piazze della città fino a pochi giorni prima delle elezioni. Napoli può essere vista così come laboratorio sperimentale di questa nuova coalizione e può essere presa dal centrosinistra come esempio positivo per le sfide future.
Tuttavia, l’esito della vittoria di Manfredi si può spiegare anche osservando la mappa dell’astensionismo. Al netto dell’andamento storico, c’è stato un progressivo distacco tra chi governa e chi è governato in quest’ultima competizione amministrativa, dato che l’affluenza è stata del 47,19%. Essa cresce di 1 punto se paragonata ai dati del referendum dello scorso anno, ma ne perde 4 se rapportata alle scorse comunali del 2016. I quartieri del Vomero e dell’Arenella sono le zone in cui ci si è recati di più alle urne. Al contrario, l’affluenza più bassa è stata registra nelle municipalità più periferiche: la quarta Municipalità (Poggioreale, Zona industriale), la sesta (Ponticelli, Barra, San Giovanni a Teduccio), la settima (Miano, Secondigliano, San Pietro a Patierno) e la nona (Soccavo, Pianura). Molti di questi quartieri avevano spinto, nel 2016 e ancor prima nel 2011, la volata del sindaco uscente Luigi De Magistris.
Lo sciopero del voto riguarda da vicino un po’ tutti i partiti, quindi anche il vincente centrosinistra. A disertare le urne sono stati i quartieri marginali, serbatoi di consenso – soprattutto negli ultimi anni – del Movimento 5 Stelle, e luoghi a marcato disagio socio-economico. In questo contesto, è possibile osservare quanto il Partito Democratico sia diventato sempre più una forza politica che fa gli interessi della borghesia napoletana, mentre il MoVimento sembra avere smarrito le proprie origini, non riuscendo più a parlare alle masse popolari partenopee e al malcontento. Pertanto, il centrosinistra può festeggiare la vittoria di Manfredi, ma fino ad un certo punto.
Gabriele Caruso