Il rischio della promulgazione di una nuova legge sui media in Polonia preoccupa gli osservatori internazionali.
Mercoledì 30 dicembre scorso la Camera Bassa del Parlamento ha approvato un provvedimento promosso dal governo conservatore, guidato da Jarosław Kaczyński, leader del partito “Legge e Giustizia” – PiS, che consentirà al Ministro del Tesoro di nominare i nuovi vertici dell’emittente televisiva di Stato; la legge prevede inoltre che il mandato dei vecchi quadri dirigenziali termini automaticamente all’entrata in vigore della legge. Nonostante manchino ancora l’approvazione della Camera Alta e la promulgazione da parte del Presidente della Repubblica, non sembrano esserci dubbi sul fatto che il PiS porterà a compimento l’iter legislativo: il partito di governo infatti controlla la maggioranza assoluta del Parlamento e lo stesso Capo dello Stato, Andrzej Duda, è un ex membro di “Legge e Giustizia”. L’opposizione non sembra perciò avere alcuna possibilità di contrastare l’iniziativa del PiS: questo ha concepito la riforma allo scopo di ricostruire dalle fondamenta l’emittente di Stato, indicata come colpevole di aver fallito il compito di «unire ed educare la Nazione», supportando invece i partiti precedentemente al governo e ora l’opposizione, in funzione anti PiS. La nuova legge si propone così l’obiettivo di portare finalmente a compimento la “missione pubblica” della TV di Stato, con un cospicuo incremento della sua “funzione culturale”; si tratta comunque solo del primo passo in questa direzione, poiché altre riforme sono state annunciate tra marzo e aprile.
Il senso dell’operazione del PiS è ancora più chiaro se si osservano i numeri dell’audience dell’emittente pubblica: lo share è tra i più alti dell’intera Unione Europea, coprendo svariati canali generalisti e tematici, nonché alcuni canali radio. Si capisce, così, che chi controlla i media pubblici, in Polonia, ha accesso a più del 50% per cento dell’opinione pubblica.
Forti preoccupazioni per la svolta autoritaria del governo Kaczyński sono state espresse da più parti, sia prima che dopo l’approvazione della legge. Si sono rivelati inutili gli appelli immediatamente precedenti al via libera al provvedimento da parte del Parlamento polacco rivolti dall’Associazione Europea dei Giornalisti, da Reporters Senza Frontiere e dall’European Broadcasting Union – EBU, l’organismo che riunisce i vertici rappresentativi delle TV nazionali dell’area UE: allo stesso modo, è stata ignorata la richiesta della Commissione Europea di fare maggiore chiarezza sul progetto di legge, inserita in una lettera inviata al governo polacco, in cui si ribadiva la centralità dei principi di libertà dei media. Dopo l’approvazione, l’EBU ha persino rivolto un appello al Presidente Duda, affinché non promulghi una legge approvata con fretta eccessiva dal Parlamento e senza verificare, con un necessario dibattito democratico, la condivisione del progetto del governo da parte dei cittadini.
In realtà, non sembra che le maggiori speranze di un cambio di rotta possano essere riposte proprio in Duda: questi ha già firmato un provvedimento che impone gravi limitazioni al controllo di costituzionalità delle leggi da parte della Corte Costituzionale, stabilendo che la maggioranza indispensabile per bocciare la legittimità di un provvedimento legislativo sia di due terzi dei membri del collegio (praticamente irraggiungibile, soprattutto visto che il PiS ha piazzato già 5 giudici di fiducia nella Consulta). Il modello seguito per attuare queste riforme è, per stessa ammissione del Primo Ministro, l’Ungheria di Orbán, ormai noto per la svolta autoritaria imposta a Budapest. L’opposizione politica viene perciò isolata e bistrattata, tanto che lo stesso Kaczyński ha affermato che i cittadini in piazza per protestare contro la riforma della Consulta avevano «il cervello non ben funzionante».
Proprio per evitare un altro “caso Ungheria” l’UE si sta muovendo con forza contro le recenti politiche polacche: contando sulla stima che i cittadini hanno nei confronti dell’Europa (l’86% dichiara di essere europeista) la Commissione ha intensificato il pressing su Varsavia, minacciandola di applicare le procedure recentemente approvate in materia di protezione dello Stato di Diritto (il cosiddetto Rule-of-Law Mechanism, istituito nel 2014), che prevede anche la possibilità che un Paese che metta in pericolo i valori europei fondamentali possa perdere il diritto di voto nel Consiglio dell’Unione. Questi avvertimenti rappresentano l’estremo tentativo di forzare la mano almeno a Duda, che si dice pronto a firmare la legge sui media entro la fine di questa settimana.
Ludovico Maremonti